mercoledì, Gennaio 1, 2025

43 anni fa la tragedia nel Golfo di Guascogna: il mare si prese il “Marina d’Equa” e i suoi 30 membri dell’equipaggio

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Leo Pugliese | Era il 29 dicembre 1981, una data che si sarebbe tinta di nero nella memoria della marineria italiana e procidana. Il “Marina d’Equa”, una nave da carico battente bandiera italiana, scomparve nel cuore del Golfo di Guascogna, spirando il suo ultimo respiro nelle profondità di un mare furioso. Trenta uomini, trenta vite, furono inghiottiti dalle onde, lasciando dietro di loro un silenzio che ancora oggi rimbomba nei cuori delle loro famiglie e delle comunità marittime della Campania.

Il Golfo di Guascogna, quel tratto di oceano che separa la Francia settentrionale dalla Spagna, si era trasformato in un’arena di furia e caos. Il mare, spesso poetico e generoso, quella notte decise di mostrare il suo lato più oscuro e selvaggio. Onde gigantesche, alte come palazzi, si abbattevano con violenza sulla nave, mentre il vento urlava come un predatore in caccia.
Il “Marina d’Equa”, come un cavaliere armato solo della sua forza d’acciaio, resistette finché poté. Ma le onde, con la pazienza di chi conosce il proprio inevitabile trionfo, lo fiaccarono lentamente, finché il gigante si spezzò e scivolò nel buio degli abissi. Trenta uomini, marinai esperti e padri di famiglia, lottarono con tutte le loro forze, ma il mare non volle restituirli alla vita, custodendo per sempre i loro corpi come un tragico tributo al suo potere.

Non ci fu tempo per un addio. L’ultimo segnale radio del “Marina d’Equa” fu un debole sussurro intrappolato nel fragore della tempesta. Nessun SOS pienamente compreso, nessuna chiamata di aiuto che potesse mobilitare i soccorsi in tempo utile. Quella nave e quei trenta uomini svanirono all’improvviso, come una candela spenta da un colpo di vento.
Per giorni le famiglie in attesa si aggrapparono a una speranza fragile, come naufraghi a un relitto, ma il mare non lasciò dubbi: il “Marina d’Equa” non sarebbe più tornato.
Dietro le fredde statistiche – trenta morti, un naufragio, una burrasca – ci sono storie, volti, nomi. Uomini che avevano lasciato le loro case in Campania, promettendo ai figli che sarebbero tornati presto. Uomini che conoscevano il mare come un vecchio compagno di vita, capace di nutrire ma anche di tradire. Quelle facce, immortalate in fotografie sbiadite, oggi sembrano guardarci attraverso il tempo, chiedendoci di non dimenticare.

Il dolore delle loro famiglie si riversò come una marea sulle coste di Procida, di Piano di Sorrento, Meta, Vico Equense, luoghi che hanno dato i natali a molti di quei marinai. Il mare non si prese solo vite, ma spezzò sogni, legami e promesse. Quella notte, il dolore non risparmiò nessuno.
Il Golfo di Guascogna non è un tratto di mare qualunque: è un’arena di battaglia per naviganti, un luogo dove il cielo e l’acqua spesso si uniscono in un abbraccio furioso. È qui che il “Marina d’Equa” affrontò il suo destino. Forse un danno strutturale, forse un errore umano, forse solo la furia incontrastabile della natura: le cause esatte dell’affondamento non sono mai state del tutto chiarite. Ma ciò che rimane è la consapevolezza che il mare, pur affascinante e generoso, può diventare un giudice spietato e implacabile.

Ogni anno, il 29 dicembre, le comunità marittime della Campania si fermano per ricordare i loro figli perduti. Accadrà anche quest’anno con una partecipazione anche procidana. È un giorno di dolore, ma anche di riflessione. Le campane delle chiese suonano lente, come un eco lontano di quelle vite spezzate. Le famiglie, ormai invecchiate, stringono tra le mani vecchie fotografie e guardano al mare con occhi pieni di lacrime.
Il “Marina d’Equa” e i suoi uomini sono diventati un simbolo, un monito. Le loro storie ci ricordano che il mare, pur essendo la culla delle nostre speranze, può anche essere un implacabile predatore. E ci insegnano che dietro ogni tragedia ci sono volti, nomi, vite. Perché il mare può prendersi i corpi, ma non potrà mai cancellare i ricordi.
“A voi, marinai del Marina d’Equa, che avete affrontato l’abisso con coraggio: il mare vi ha portati via, ma non potrà mai spegnere la luce delle vostre vite, che brilla ancora nei cuori di chi vi ama.”

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