Finisce il primo grado del processo che vedeva imputato Francesco Marrazzo accusato di rapina aggravata e lesioni nei confronti della signora Angela Maria Arcamone di Barano. Le accuse mosse all’uomo tenevano contro delle aggravanti riferite all’età della vittima e dall’uso di sostanza drogante (l’uso dei narcotici). La decisione è riportata nella sentenza emessa dalla dr.ssa Fiore della 28a sezione GIP del Tribunale di Napoli ieri pomeriggio dopo la requisitoria del pubblico ministero che aveva chiesto per Marrazzo una condanna a 8 anni di reclusione tenendo conto anche di altri tre episodi di tentata rapina e lesioni
In attesa di leggere le motivazioni che saranno rese note nei prossimi 15 giorni, ripercorriamo la vicenda con il racconto che Melania Di Meglio, la figlia della donna parte offesa nel processo ma non parte civile e assistita dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, fece nello scorso mese di giugno 2024.
“Quello che è successo a mia madre – scriveva Melania – è peggio di quanto visto nella peggiore serie di criminalità proiettata sui nostri schermi. Ho riflettuto a lungo prima di affidare ai social quanto accaduto. Ma penso che sia doveroso raccontarlo e condividerlo affinché la gente sappia a cosa si può andare incontro quando si prende un “taxi abusivo”. Premetto dicendo che mia madre non è più giovanissima ma è una donna di grande energia che spesso raggiunge i miei fratelli fuori Ischia.
E’ una donna lucida, intelligente e capace. È una donna che tutte le mattine percorre a piedi lunghi tratti perché il suo motto è “mens sana in corpore sano”. Si recava a Napoli per prendere il treno che l’avrebbe portata a Milano da mio fratello. L’avrei potuta accompagnare, lo so, ma chi conosce mia madre sa che la sua indipendenza è direttamente proporzionale alla sua risolutezza e impossibilità di discutere oltre. Scesa dall’aliscafo è stata avvicinata da un uomo sulla mezza età che le chiedeva se avesse bisogno di un taxi. “Ho il taxi abusivo Signò perché anche noi amma faticà!!” E lei su quel “anche noi amma faticà” si è fatta fare fessa. È salita sul taxi. Il tizio è stato cordiale, ha instaurato con lei un rapporto di simpatia e fiducia tanto da poi invitarla a bere un caffè prima di arrivare alla stazione. Al diniego di mia madre è sceso a prendere un caffè per lui e lo ha portato anche a lei in macchina. “Il caffè era lungo e dal sapore strano” dirà poi mia madre. Inutile dire che non avrebbe dovuto prendere il taxi abusivo, bere il caffè ecc. Lei lo ha bevuto. Da quel momento non ha più memoria di cosa le sia successo”.
Poi il racconto continua: “Glielo spiegheranno i Carabinieri allertati da una signora che l’aveva rinvenuta letteralmente “gettata come un sacco di patate” in una campagna nei pressi di Poggioreale, precisamente a Via Nuova Poggioreale. Frastornata. Derubata di tutto (effetti personali, soldi, trolley). Tranne del telefono col quale ci chiameranno i carabinieri. Neanche più in grado di alzare con facilità i piedi da terra. Quando mi sono recata in caserma l’ho trovata ancora che farfugliava, si addormentava, non riusciva ad alzare i piedi da terra. Che per chi conosce mia madre e sa che va tutti i giorni da barano ai Maronti, appare strano. Ad alcuni Carabinieri non tanto vista l’età di mia madre. Tralascio il tentativo di ricostruzione dell’accaduto. Il buco dalle 10.16 (orario di uno scontrino) alle 11.44 quando la signora chiama i Carabinieri. Sorvolo sullo schifo, la disperazione, il dolore, provato quando ho appreso che mia madre ERA STATA SEQUESTRATA, STORDITA, DERUBATA E ABBANDONATA COME UN OGGETTO IN MEZZO A UNA CAMPAGNA, la paura che potessero averla picchiata e non lo ricordava”.