[intro]4WARD di Davide Conte[/intro]
Un processo c’è, l’altro no – E’ cominciato il processo a Giosi Ferrandino ed il primo cittadino ha chiesto tempi rapidi per giungere ad una definizione che, a suo avviso, lo riconoscerà non colpevole. Gli rivolgo personalmente il mio “in bocca al lupo” e non solo per mera presunzione d’innocenza. Tuttavia, sono convinto che il vero processo che dovrebbe condannare Giosi in via definitiva, il più importante, non sia ancora cominciato. Parlo di quello ad opera della gente di Ischia, che anziché appellarsi a Metanopoli e ad un arresto con carcerazione che potrebbe presto rivelarsi sovradimensionato rispetto alle accuse, dovrebbe aver finalmente sviluppato in ben otto anni e mezzo il pieno convincimento e la consapevolezza dello sfacelo creato dall’attuale sindaco e dai suoi sodali anche nel Comune di Ischia, con l’aggravante della reiterazione, se si tiene conto di quanto analogamente compiuto in quel di Casamicciola. Ecco, vedete, è troppo facile pensare che Giosi sia stato un pessimo sindaco solo per la vicenda che lo riguarda da febbraio. Lo è anche per quello e per il suo arrivismo sfrenato, ma sicuramente non solo. Lo gridano a gran voce il bilancio comunale, quello delle partecipate, lo stato pietoso delle nostre pinete, i tributi locali aumentati alle aliquote massime, il rischio del ritorno ai doppi turni al liceo, la manutenzione pietosa del Paese, la totale assenza di programmazione, la cultura latitante, il disordine –fisico e mentale- di chi ha la presunzione di rappresentare il Paese (magari indossando la fascia tricolore) con un abbigliamento a dir poco indecoroso, i camion della NU che girano il territorio comunale in pieno giorno, la piscina comunale che chiude e… basta così altrimenti mi occorre un giornale intero. Non può essere delegata alla Giustizia la funzione di sancire l’inadeguatezza di un sindaco, bensì dovrebbe restare un munus della sua gente bocciarlo, pubblicamente e per sempre. Questo, dalle nostre parti, non è ancora avvenuto. Quindi, ora e più di sempre, chi è stato eletto rappresenta lo specchio fedele del popolo che lo ha votato. Come dire, similia similibus!
Crastulella a quattro ruote – Nessuna intenzione di speculare sui guai altrui e men che meno sull’atavica rivalità tra Italia e Germania. Ciò chiarito, mi piace rispolverare i contenuti di un mio post diffuso sui social pochi giorni fa. Se anche la proverbiale perfezione tedesca (oggettivamente riconosciuta in particolare nel settore automobilistico in cui Audi, Mercedes e la stessa Volkswagen hanno sempre rappresentato eccellenze mondiali del settore) comincia a cedere il passo al’arte di arrangiarsi o, se preferite, alle “crastulelle” di bassa lega, è segno che i livelli di scadimento della qualità nel vecchio continente cominciano ad attaccare (e talvolta distruggere) anche le fortezze storicamente inespugnabili. Ciò che è accaduto nella casa automobilistica di Wolfsburg non è altro che lo specchio fedele di un’Europa che non riesce a ritrovare in alcun modo il bandolo della matassa, che crea le sue regole virtuose per poi violarle impunemente, che constata i problemi veri ma di fatto non si sforza, al di là dei soliti proclami, ad adottare una soluzione degna di essere definita tale per risolverli. Il caso VW diventa emblematico non solo per il clamore degli undici milioni di auto vendute negli Stati Uniti ed alterate nei dispositivi anti-inquinamento da parte del primo marchio automobilistico europeo, non solo per i quasi 64 milioni di euro pronti per dire definitivamente ciao al CEO dimissionario Winterkorn, non solo per il calo del titolo in borsa di ben il 22%, non solo per il rischio multa di 18 miliardi di dollari da parte del Governo USA, non solo (e chiudo) perché il fenomeno si sta mettendo a nudo anche in Europa con una stima di oltre 500.000 auto “truccate” solo in Spagna ed il probabile coinvolgimento di altri quattro brand del settore. Quello che non fila, è l’assurdità di quanto il controllore coincida con il controllato; perché se anche in questo caso fosse ritenuto sostenibile il teorema “Non poteva non sapere” di manipulite-memoria, proprio non si capisce come la figura di Angela Merkel, nostra graditissima ospite abituale in quel di Sant’Angelo, ancora non sia stata ampiamente ridimensionata in termini di credibilità nel panorama politico che conta. A poco serve l’annuncio “tolleranza zero” preannunciato dall’Unione Europea dopo la “scoperta” dell’ICCT: ormai la frittata è fatta e la gallina non sforna più uova, né d’oro né commestibili. E considerato che per molto meno, anche la nostra Italia è stata messa reiteratamente alla berlina dalle superpotenze amiche (o presunte tali), mi aspetto che di qui a breve tutti –a partire da Hollande ed il suo innato nazionalismo tipicamente francese- si facciano sentire senza timori reverenziali verso la teutonica compagna di merende. Perché l’Europa non diventi ancor di più una “bagattella”.
La serie A non per tutti? – E’ possibile giocare in serie A con sei difensori in linea ed altri quattro giocatori “a stantuffo”, pronti a creare una vera e propria muraglia dinanzi alla propria area di rigore? E’ lo spettacolo calcisticamente indecoroso che, a mio modestissimo giudizio, ha offerto il Carpi l’altroieri sera contro il Napoli, pur di conquistare almeno un punto. Il catenaccio del compianto Nereo Rocco, al suo cospetto, potrebbe senz’altro rientrare nel novero del cosiddetto calcio-champagne. Una squadra tutt’altro che spumeggiante, però, quella vista al Braglia, senza dubbio con una buona preparazione atletica, ma con un’espressione di gioco assolutamente deludente e indegna della massima divisione italiana. Molto più indegna del “passo indietro” compiuto dagli azzurri di Sarri rispetto alle due ottime prestazioni contro la Lazio e il Brugge, tornando alla lentezza e all’indecisione in fase d’impostazione (a parte poche sporadiche frazioni di gara) che già nell’esperienza Benitez abbiamo lamentato e che ci hanno portato a soffrire sistematicamente contro le cosiddette “provinciali”. Ecco, quindi, che dopo quel deludente zero a zero, mi riecheggiarono in mente le espressioni di Claudio Lotito, presidente della Lazio, registrate nel corso della telefonata con l’ex dirigente dell’Ischia, Pino Iodice, quando definì inaccettabile la presenza di Carpi e Frosinone in serie A. E’ vero che la genesi di quel commento era totalmente diversa dal contesto che stiamo analizzando qui, ma senza dubbio una riflessione va fatta. Oggi come oggi, è decisamente complicato mantenere in vita una società calcistica professionistica e noi ischitani, pur vantando solo una squadra in LegaPro, lo sappiamo bene. Lungi da me, quindi, condannare l’austerità di una provinciale che assurge con merito alla massima serie; ma consentitemi almeno di ritenere che dovrebbe essere rispettata una sorta di dignità tattica e non solo l’occasionale merito da cinque colonne di aver fermato il Napoli o di aver recuperato in extremis un gol di svantaggio contro la Juventus, come nel caso dei ciociari di Stellone. Esasperare il proprio atteggiamento difensivistico solo per compensare un divario tecnico-tattico contro più dotati e blasonati avversari non è certo lodevole. Non saprei quale potrebbe essere una soluzione, ma una cosa è certa: Il calcio giocato, al di là della filosofia di parte e non, ha canoni inequivocabili. E se in Italia il livello delle nostre squadre (e quindi del campionato e, di conseguenza, della competitività in Europa) cala sempre di più, forse sarebbe il caso di cominciare ad interrogarci al riguardo.