Paolo Mosè | Il tribunale lo ha dichiarato colpevole del reato di furto aggravato ed ha condannato Alessandro Frola a nove mesi di reclusione con la sospensione condizionale. Per essersi impossessato di un cellulare modello iPhone 4 all’interno di un’autovettura parcheggiata a Piazza Marina a Casamicciola. Proprio adiacente ad un esercizio commerciale di proprietà della stessa vittima. Grazie alle immagini delle telecamere di sicurezza poste all’esterno, si intravide la figura di colui che con destrezza aprì l’autovettura lasciata senza che il proprietario ne azionasse la sicura, facilitando così l’opera del mariuolo. Ad attirare l’attenzione era l’iPhone, un telefonino di ultima generazione, assai appetibile per coloro che sono amanti di tecnologie avanzate e che hanno un mercato nella ricettazione più elevato rispetto agli altri cellulari. Per il giudice quelle immagini sono risultate più che sufficienti per ritenere comprovata la penale responsabilità del Frola. Ma la sentenza è stata molto contrastata in dibattimento. Da una parte il pubblico ministero a difendere le ragioni del suo ufficio, con la richiesta di citazione diretta a giudizio. Con il deposito del cd in cui erano riprodotte le immagini che comprovavano la presenza dell’imputato che di fatto è stato riconosciuto principalmente per gli abiti che indossava e di cui ne sono state trovate tracce presso l’abitazione. Chiedendo la condanna ad anni uno di reclusione non essendoci stata una vera e propria effrazione dell’autovettura, che non era stata neanche danneggiata per la “grave” dimenticanza del proprietario per aver lasciato le portiere aperte.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’avv. Antonio Iacono, che oltre a chiedere la condanna, il risarcimento del danno per il “trauma” subito da chi si era visto sparire da sotto al naso il prezioso telefonino e per quello che ne era seguito.
Il difensore del Frola, avv. Onofrio Castaldi, ha posto l’accento sulla carenza dei gravi indizi, o meglio sull’assenza di quella prova al di là di ogni ragionevole dubbio, che è essenziale per arrivare ad una dichiarazione di colpevolezza. Tutto si basa su supposizioni, su interpretazioni delle immagini, che per la difesa sono le uniche “responsabili” di una chiamata in causa del proprio assistito. Nessuno, ha spiegato nella discussione, ha visto materialmente il Frola entrare nell’autovettura per impossessarsi dell’iPhone, come nessuno lo ha visto presente nei paraggi. Riaffermando che solo quelle immagini non bastavano per chiedere una condanna. Tra l’altro sfocate, tant’è che il viso non è stato mai ripreso dall’occhio vigile della telecamera. E quando lo è stato, non si notavano chiaramente i tratti somatici. La sola cosa che indossava non è elemento sostanziale per accomunare il Frola al furto.
L’assoluzione è stata l’unica formula richiesta dalla difesa, senza alcuna subordinata.
Il giudice nella sua massima indipendenza, e dopo aver visto e rivisto più volte quel famoso filmato, ha concluso con una dichiarazione di responsabilità, infliggendo nove mesi di reclusione e una somma abbastanza contenuta di risarcimento. Ma tale da soddisfare la costituita parte civile. La difesa dell’imputato è in attesa delle motivazioni per presentare ricorso alla Corte di Appello, in quanto vi sono tutte le condizioni per ribaltare il giudizio di primo grado. Per ottenere un’assoluzione la più ampia possibile o in via del tutto subordinata con la vecchia formula dubitativa di cui al secondo comma dell’art. 530 codice procedura penale.
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