“Tre sull’altalena” conquista il teatro Trastevere di Roma
E’ l’evoluzione della specie. Positiva, s’intende. Gli ischitani, del resto, sono un popolo di poeti, santi (pochi) e navigatori. Ma quanto ad attori, non abbiamo mai difettato. Accade ora che dalla campana di vetro chiamata isola si esca, però, con maggiore frequenza. Merito di compagnie teatrali che sperimentano e s’appassionano, giocano e coinvolgono. Crescono, soprattutto.
Al teatro Trastevere di Roma, struttura piccola che traspira storia, Artù si è presentata – per esempio – senza timori reverenziali di sorta. E il 2 e 3 ottobre scorsi è stato un successo. Sala piena, applausi per quel testo, “Tre sull’altalena”, e per quei tre (Cenzino Di Meglio, Aaron Insenga e Giuseppe Iacono, attore e regista) che sul palcoscenico si sono esibiti anche davanti a uno come Renato Scarpa. C’era lui, perché le vie di Roma sono infinite, e c’era anche qualche emissario di Luigi Lunari, l’autore del testo. Un testo fortunato e pluritradotto: in russo e in giapponese, anche.
Del resto, la compagnia teatrale Artù era reduce da un’estate maiuscola con quella trovata, “I Fantasmi del Castello”, che ha consentito a millecinquecento spettatori spalmati su tredici sere di scoprire il maschio aragonese in un modo originalmente nuovo. Con una visita teatralizzata, raccontato da personaggi in carne e ossa tra le pieghe di un edificio che, nella sua veste serale, emoziona e, a tratti, inquieta.
Talento e coraggio, ché la fortuna aiuta proverbialmente gli audaci. E vivaddio se Ischia ha bisogno di anticonformismo e soluzioni innovative.
Con Artù (che ora sarà al piccolo Teatro San Pio di Ostia, il 16 e 17 ottobre, prima di nuove date nel Lazio), il privilegio di esibirsi su e giù per lo Stivale era stato appannaggio di Salvatore Ronga e delle sue band liceali pluripremiate e degli Strani Tipici (i cui match di improvvisazione teatrale hanno toccato più punti del Bel Paese) ma anche degli Uomini di Mondo di Corrado Visone, uno che ha avuto – peraltro – un altro merito, quello di aprire – con il Premio Aenaria – l’isola alle compagnie della terraferma abolendo quell’anacronistico protezionismo teatrale che ci induceva a cantarcela e suonarcela da soli. Bene così, dunque. “Altroché. – conferma Pietro Di Meglio, in arte Cenzino – Arrivare a Roma da signori nessuno e toccare con mano l’interesse sincero verso il nostro spettacolo è stata una gran bella soddisfazione”. Prima dell’estate, “Tre sull’altalena” aveva racimolato applausi nella vicinissima Procida e al Bolivar, ora Artù pare aver fatto un altro passo in avanti. Crescere è una delle parole chiave, in questo mondo – il teatro – che ti fa correre il rischio si sederti pigramente, e aspettare. “E’ merito anche della direzione della produzione, affidata a Maria Lucia Iaccarino, che ha contatti con i teatri”. Dopo il Lazio, lo spettacolo aprirà l’Ischia Teatro Festival (11, 12 e 13 dicembre 2015) e tornerà a girare, da febbraio, a cominciare da Salerno e Nocera.
Il messaggio è antropologicamente chiaro: Ischia non deve bastare a se stessa. Deve confrontarsi. Crescere. Migliorare. Misurarsi.
C’è anche qualche critica, per esempio. “Ci è stato rimproverato, anche attraverso una recensione, di non aver adattato il testo ai giorni nostri. Ma è stata una nostra precisa scelta” spiega Cenzino.
In scena, con i tre attori, anche Rosa Inserra, la cameriera alla quale è legato un colpo di scena. Perché poi c’è la trama, naturalmente. E non è un dettaglio.
Tre persone dal background differente – un piccolo industriale, un capitano, un professore – si ritrovano tutte insieme in una anticamera, una sala d’attesa. Il tutto, per via di una esercitazione antinquinamento Hanno appuntamenti differenti, ma accadrà di tutto. “Strani episodi – anticipano a chi non l’ha visto, e potrà presto rimediare, gli attori – scatenano dialoghi di grande efficacia comica, basati sul ritmo e le contrapposizioni di tre mondi a confronto, in cui i tre diversissimi personaggi affrontano le grandi tematiche della vita e della morte a un livello, per così dire, da bar dello sport”.
La storia è ambientata nei primi anni Novanta: pare passata una vita. In quella sala d’attesa, le visioni del mondo dei tre personaggi si riflettono in tic ed emozioni. Binari paralleli che non si incontrano. Il resto è teatro vivo: va visto.
E la novità, allora, è che l’isola da esportazione non bada (più) soltanto a limoncello e prodotti per la bellezza, limoni paesani e coniglio da fossa. No, alle volte portiamo a spasso per l’Italia anche un po’ di talento e di coraggio. Basta osare.
pasrai