Il confronto con i magistrati si è svolto in un clima disteso per ricostruire i fatti legati alla “Casa bianca”
Paolo Mosè | E’ stato un interrogatorio chiarificatore e durato all’incirca un’ora e tre quarti, quello dell’avv. Maria Di Scala. Mentre si è risolta con pochissime battute l’escussione dell’altro indagato, Raffaele Piro, che deteneva il possesso dell’hotel “Casa bianca” sito ai Maronti. Quest’ultimo è stato un confronto assai disteso e a parlare è stato perlopiù il suo difensore di fiducia avv. Giuseppe Di Meglio. I giudici non hanno posto particolari domande all’imprenditore, avendo ricevuto delucidazioni dall’interrogatorio che è classificato il più importante, quello dell’ex consigliere comunale di opposizione di Barano.
Da un lato il giudice per le indagini preliminari Pasqualina Paola Laviano, che fin da subito ha accolto le parti con disponibilità, attenzione ad ascoltare e ponendo le domande in modo chiaro, senza quella verve che a volte viene utilizzata in interrogatori più articolati per i capi d’imputazione che vengono contestati e per coloro che sono stati colpiti da misura coercitiva. Il pubblico ministero all’inizio è sembrato più sulle sue, cercando di avere un atteggiamento distaccato e di tanto in tanto ponendo domande a chiarimenti. Ma con il passare dei minuti il clima si è ulteriormente disteso ed il magistrato inquirente è apparso non solo più attento alle risposte, ma ha fatto capire che la sua presenza era dettata da un motivo ben preciso: capire, approfondire questo aspetto della vicenda che interessa alcune situazioni baranesi. Maria Di Scala si è presentata determinata, pronta a seguire una scaletta per raccontare come si sono svolti i fatti, senza tralasciare alcun aspetto. E delle volte, a quanto pare, è stata anche determinata nelle risposte e nei toni per riaffermare la propria innocenza, di avere soltanto svolto il ruolo di avvocato. E a quanto pare i difensori che l’hanno assistita, gli avvocati Luigi Tuccillo e Amedeo Bucci De Santis, avrebbero consegnato nelle mani del giudice la cosiddetta prova “regina”, e cioè che di questo famoso certificato che gli inquirenti ritengono falso l’indagata non ne era a conoscenza. Sarebbe stato, viceversa, un suicidio non solo professionale, ma anche sotto l’aspetto penale muoversi nella consapevolezza di acquisire quell’atto sapendolo falso per consegnarlo ai giudici della Corte di Appello di Napoli. Nessun avvocato rischierebbe così tanto per il proprio assistito, quantomeno si svincolerebbe subito demandando ad altri un compito gravoso e che può compromettere la professione di legale. Una ricostruzione da cui i magistrati che ascoltavano, che hanno voluto leggere la corposa documentazione presentata, hanno capito che qualcosa andava approfondito, che c’erano state delle leggerezze da parte di chi ha svolto delle indagini su questo famoso bene posto quasi a ridosso della spiaggia dei Maronti. Un immobile tra l’altro soggetto a una serie di provvedimenti della polizia giudiziaria che ha eseguito dei controlli sui lavori svolti e per gli ampliamenti compiuti. Ebbene, nelle mani dei magistrati è arrivata una documentazione che attesta che parte dell’immobile risulta illegittimo e che sulla questione si sono alternati ben tre capi dell’Ufficio tecnico che non si sono sognati di adottare provvedimenti con ordinanza di demolizione come prescrive la legge. E solo in alcuni casi specifici e più eclatanti c’è stata attivazione, ma dopo numerose pressioni da parte di chi chiedeva che venisse seguita la legge in ogni sua parte. Quella che regola l’intervento urbanistico sul territorio. E soprattutto quella paesistica e nelle zone vincolate.
E’ trapelato inoltre che l’ex consigliere comunale è stata a lunga attiva nel fare le pulci all’Amministrazione comunale, alla maggioranza che sosteneva la Giunta. Con una serie di iniziative politiche, amministrative e chiedendo finanche l’intervento dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine. Ma non trovando mai alcuna corrispondenza nei fatti sulle denunce presentate. Consegnando anche in questo caso una documentazione atta a dimostrare che non vi era alcuna colleganza con soggetti che di fatto erano vicini alla maggioranza che governa il comune di Barano.
Tutto questo forse per dire che il ruolo tenuto dallo Stanziola non era assimilabile e capace di collegarlo vicino alle posizioni della minoranza. In tutti i ruoli ricoperti nell’ambito comunale, la scelta era di esclusiva competenza del sindaco e degli assessori. Tutti i punti che hanno riguardato Maria Grazia Di Scala nell’ordinanza che la pone all’obbligo di dimora nel comune di Barano sono stati affrontati. Minuziosamente, senza tralasciare alcun aspetto. Ed è stata la stessa indagata ad aprire senza che le venisse posta una domanda specifica, perché desiderosa di fare chiarezza e di allontanare da sé ogni responsabilità, anche la più minima. Per riottenere quell’immagine che si era costruita in tanti anni di attività professionale, di avvocato mai al centro di beghe, di scontri e di schieramenti ostili che pur si evidenziano nel panorama isolano.
La richiesta di revoca della misura verrà ufficialmente presentata nella giornata di oggi dai suoi difensori. Con un atto scritto dove non solo si affronta la carenza delle esigenze cautelari, ma si affronterà, alla luce di questo interrogatorio di chiarimenti, l’assenza dei gravi indizi di colpevolezza. I tempi tecnici sono quelli che sono. Dopo il deposito presso la cancelleria del giudice per le indagini preliminari Laviano la richiesta sarà trasmessa al pubblico ministero Giuseppina Loreto per il parere. Il magistrato della Procura partenopea avrà tre giorni per esprimersi sulla revoca cautelare. Gli addetti ai lavori già ritengono che sarà un parere negativo, perché difficilmente potrà rimangiarsi quello che ha sostenuto finora con una richiesta ben più gravosa rispetto a quella poi concessa dal giudice. Ottenuto il parere, il gip deciderà in piena autonomia, valuterà l’interrogatorio reso da Maria Grazia Di Scala e potrebbe anche decidere di revocare la misura attualmente in atto sulla base di una carenza di esigenze. Difficilmente andrà oltre, con un provvedimento che sancisca l’assenza dei gravi indizi di colpevolezza che di fatto metterebbe a rischio l’inchiesta per la posizione dell’avv. Di Scala. Il tutto dovrebbe quindi avvenire al massimo fra quattro-cinque giorni. E molto probabilmente la decisione del gip potrebbe arrivare dopo che il tribunale del riesame si sarà pronunciato. Ed infatti il collegio dell’VIII sezione si riunirà la mattina del 19 ottobre per ascoltare soprattutto i difensori che hanno presentato ricorso e se vorrà, il pubblico ministero interverrà. I rappresentanti della Procura si recano dinanzi ai giudici della “libertà” solo quando tengono particolarmente ad un’indagine e vogliono difendere le misure cautelari adottate nei confronti di determinati indagati. Di sicuro, comunque, per un verso o per un altro, la misura dell’obbligo di dimora dovrebbe cessare di esistere la prossima settimana. E’ inconcepibile che si applichi un provvedimento nei confronti di qualsiasi indagato che avrebbe commesso un reato penale risalente a qualche anno fa. Senza reiterarlo nel tempo, né essersi attivato per compiere altre azioni illecite. Nella legge approvata ad aprile e pubblicata nel maggio scorso il legislatore ha sancito che sia necessaria l’attualità. Tant’è vero che proprio il tribunale del riesame con l’entrata in vigore di questa legge in diverse occasioni ha annullato le ordinanze di custodia cautelare perché, ha specificato nelle motivazioni, che i fatti contestati all’arrestato risalivano nel tempo e che le indagini svolte dalla polizia giudiziaria non mostravano un comportamento delittuoso e continuativo fino a che il pubblico ministero ne aveva depositato la richiesta.
La difesa al gip potrebbe presentare nella giornata di oggi anche una subordinata per scrupolo difensivo, la modifica dell’obbligo di dimora in quello della firma dinanzi ad un’autorità di polizia. Questa è comunque una subordinata che i difensori fanno per dare una più ampia scelta al giudice che dovrà emettere il provvedimento.
Gli avvocati Tuccillo e Bucci De Santis si ritengono soddisfatti per l’interrogatorio della propria assistita, perché ogni aspetto è stato affrontato e chiarito. Nulla è stato lasciato al caso proprio per evitare che un aspetto, anche il più insignificante, potesse essere considerato come elemento di ostacolo per modificare il provvedimento attualmente in atto. Questi aspetti verranno traslati nella giornata di lunedì dinanzi a giudici diversi, che fino ad ora non conoscevano gli aspetti di questa inchiesta. Mentre uno dei tre avrà letto gli atti che sono stati trasmessi dal pubblico ministero. E relazionerà nella camera di consiglio agli altri due componenti del tribunale, i quali a loro volta avranno con altrettanta attenzione ascoltato le tesi della difesa, che si preannunciano già corpose e di diversa natura e tali da mettere il provvedimento stesso in una luce diversa da come è stato concepito.
Ritornando all’interrogatorio di Raffaele Piro, in dieci minuti è stata “chiarita” la sua posizione. In un clima disteso, tant’è che il pubblico ministero non ha ritenuto di rivolgere domande, avendo già inquadrato gli episodi collegati alla “Casa bianca” da quanto riferito dall’avv. Di Scala e da una veloce lettura dei documenti depositati dai difensori.
Si chiudono gli interrogatori di garanzia e si va avanti nella ricerca della verità. Le udienze di riesame si svolgeranno tutte nella prossima settimana, per affrontare le singole posizioni degli altri indagati. Ad iniziare da quella di Antonio Stanziola, che attualmente è detenuto nel carcere di Poggioreale e sul quale pende anche un ricorso dello stesso pubblico ministero, che non si ritiene soddisfatto per il mancato accoglimento da parte del gip della misura per gli altri episodi per i quali c’è stato rigetto. Così come verranno affrontate le posizioni di Paolino Buono, Ottavio Di Meglio, Raffaele Piro e Maria Grazia Di Scala, per le quali il pubblico ministero aveva chiesto provvedimenti sanzionatori diversi e non accolti dal gip.