Una piccola rivoluzione silenziosa prende forma tra le pieghe della Borsa Verde 3.0, una realtà virtuosa sempre più affollata che raccoglie gli ischitani col pollice verde (e non solo), incentivandoli a proporre scambi e baratti e cattiveria zero. L’ultima, geniale idea riguarda trasforma Ischia da isola del vino – Aenaria, non per nulla – a isola dell’olio. Proprio così: per la prima volta, sotto la spinta propulsiva dell’infaticabile Luciana Morgera, famiglie, bambini, amici e sconosciuti si sono organizzati con l’obiettivo dichiarato di raccogliere le olive per fare l’olio. E sono partiti, grazie all’invito di Filomena Pesce, da un oliveto secolare in zona Cretaio, dove – al termine di una bellissima domenica impreziosita da pic-nic archeologici – hanno fatto un bel bottino, rimboccandosi le maniche.
L’oliveto di Filomena è un oliveto storico: i bisnonni, che fecero fortuna in America, tornavano qui ogni anno, piantando un ulivo. «Lei è una persona eccezionale – raccontano i “borsisti” – e ha persino inventato una ricetta per un gelato artigianale al thé verde e alle erbe locali».
Ma perché dalle olive si ricavasse l’olio era necessario, evidentemente, un frantoio. Eccolo, a Punta Chiarito: con uno scambio, in linea con la filosofia dell’isola verde, i gestori dell’Azienda Agricola Ruffano hanno accettato di mettere a disposizione il sistema per la spremitura, in cambio di una piccola percentuale dell’olio.
Una bella storia dall’isola contadina, come conferma Luciana: « Al frantoio – racconta – abbiamo portato circa 110 kg di olive al lordo delle 12 cassette. Abbiamo ottenuto l’eccezionale quantità di 10 litri: di solito, da un quintale di olive si ottengono dai 5 ai 14 litri. Dipende molto dalla qualità delle olive, dalla grandezza, dalla quantità di acqua etc etc Noi abbiamo raccolto molte olive mature, è preferibile invece raccoglierle verdi».
Ma il punto è un altro. Perché a Ischia, spiega Luciana, sono molti ad avere pochi alberi ma tanta voglia di fare l’olio. E moltissimi alla ricerca di un frantoio. L’appello è che tutti, d’ora in avanti, facciano come Filomena. E’ per questo che la strada intrapresa nel cuore di questo autunno bucolico appare nuova e promettente. Diciamo pure entusiasmante: «Al frantoio è stata una festa. Noi eravamo”l’aulive e l’ uogljj dde guaglion”», scherza Luciana. Che poi racconta: «Centinaia di cesti pieni di olive in attesa di essere ridotte ad un filo d’olio. Il frantoio che borbotta e si blocca ogni due.
Un improvviso temporale e giù a correre sotto la pioggia per recuperare le cassette ( la mia temperatura credo fosse intorno ai 38). Un magnifico arcobaleno e un brindisi con pane e olio son stati il premio della giornata. Nicola, il proprietario del frantoio è una persona eccezionale. Ama il suo lavoro e riesce ancora ad entusiasmarsi. ” Questa è una festa” ha detto, in mezzo a tremila “cristiani” che urlavano, il frantoio che si bloccava e la pioggia che ci “fracicava”». Storie dell’isola contadina. Storie di terra. Di passato, ma anche di presente. E, si spera, di futuro.
«Le olive – racconta orgogliosa Luciana – vengono prima lavate, poi attraverso la tracima, una sorta di ascensorino finiscono nel frantoio. Qui in una prima vasca vengono frantumate in maniera grossolana, passano poi alla seconda fase, nella seconda vasca dove avviene una macinazione più accurata.
Di qui una parte liquida, l’olio, finisce nelle taniche, mentre il materiale di scarto, la sansa, dall’orribile aspetto, finisce dentro una carriola. L’industria cosmetica e alimentare la riutilizzerebbe. Qui finisce per diventare concime. Io ne porterò a casa una parte. Voglio fare i fanghi di sansa. Chi vuole sperimentare assieme a me?». Un vulcano di idee, la bionda dea ex machina della Borsa Verde 3.0, che ha avuto il merito di favorire una riconversione dell’ischitano medio al baratto, alla valorizzazione dei prodotti dell’orto, alla ricerca del bio. Non male, in tempi in cui dall’OMS arrivano allarmi d’ogni tipo.
Merito, dunque, dell’ultima – in ordine di tempo – iniziativa di quel gruppo sempre più nutrito, che ormai da tempo propone, secondo un claim divenuto già celebre, «scambi e baratti a cattiveria zero».
Semplice, il funzionamento. Divertente, il modo scelto per raccontarlo:«Se coltivate un piccolo orto o un giardino, se allevate galline, papere e tacchinelle, se siete “i Masti” della lievitazione, della fermentazione e della germogliazione; se per voi, preparare yogurt, lievito madre, germogli, pane speciale, torte e marmellate è un piacere; siete pronti a barattarli con altri prodotti ?». E il popolo ischitano ha risposto con un “sì” corale, a quanto pare. Postando sin dai primi mesi foto di ciò che si intende barattare, indicando cosa si vorrebbe in cambio e fissando tempo e luogo di incontro. In barba alla crisi e in ossequio all’intelligenza.
pasrai