Milioni e milioni di euro di fondi pubblici sperperati in decenni di continua ed inconcludente ristrutturazione. Un assurdo tutto italiano che non sembra poter avere fine. Ora anche la chirurgia è fuori uso, causa lavori. La camera operatoria si rifà il look. Gravi disagi per pazienti ed operatori
IDA TROFA | Problemi a monte, quando fu stravolta la progettazione Rizzoli: camera mortuaria all’esterno, reparti sfalsati… Un excursus lungo anni attraverso cantieri aperti, scheletri di cemento mai portati a termine, miliardi andati in fumo. Ma di fronte ad un ospedale continuamente ricostruito, l’Isola può vantare la prossima realizzazione di tre sale operatorie in una struttura da 60 posti. I problemi nascono a monte, quando circa 20 anni fa si decise di distruggere l’originario progetto Rizzoli. Un ospedale certo datato, ma organico e funzionale, dove tutto aveva un senso ed era collegato e razionale. Ora è solo un caos, un errore progettuale che si tenta continuamente di correggere investendo, gettando milioni e milioni di euro di fondi pubblici.
Per decenni Ischia, come l’Italia, ha potuto assistere in modo diretto a come si sarebbe potuto fare assistenza sanitaria ed ospedaliera ed invece non è stato fatto. Miliardi in fumo, metri cubi e metri cubi di cemento impastati e reimpastati e mai usati fruttuosamente, scheletri di calcestruzzo mai terminati, cantieri aperti ad oltranza. L’esempio: l’ospedale Anna Rizzoli di Lacco Ameno. Lavori, iniziati agli albori degli anni 2000, che non sono mai terminati. Più di quindici per avere una struttura completa e funzionante che a quanto pare non avremo mai. In compenso l’ospedale ha un architetto, non ha medici, infermieri e personale OSA, ma ha un architetto a tempo pieno.
Un vero e proprio “scandalo” che “in termini di sperpero di risorse pubbliche supera di parecchio ogni più pessimistica previsione“, ma che tuttavia “sembra essere quasi relegato al ruolo di leggenda metropolitana raccontata solo tra gli addetti ai lavori isolani“.
La situazione dell’ospedale lacchese a questo punto dovrebbe uscire dalla sua dimensione locale, ponendolo addirittura al di sopra dell’inchieste sulla sanità che turbano il sonno di molti amministratori pubblici.
Come è possibile che dopo quindici anni o poco meno il Rizzoli sia un cantiere sempre aperto ma continuamente sfasciato? Mura bucate, parapetti crollati, infiltrazioni d’acqua dai tetti e dagli infissi e camere dove piove sui letti dei pazienti? Perchè in questi lavori i soldi pubblici vengono continuamente sperperati? Da chi? Per chi? Perchè non si controlla?
Siamo reduci dall’ennesimo viaggio nel nosocomio lacchesi, dove oltre a visionare con i nostri occhi la situazione della struttura – inaugurata appena pochi mesi fa la nuova ginecologia – ci chiediamo come ed in che direzione muovono i costi di gestione.
La Radiologia è ridotta ad un colabrodo, dai pavimenti al soffitto! E le installazioni nuove sono pericolose, tanto da dovere essere evidenziate con mezzi di fortuna. Ad esempio il nastro adesivo sul vetro del Pronto Soccorso…
La dottoressa Maria Valentina Grossi ci aveva parlato della volontà di rendere il Rizzoli all’avanguardia, un super ospedale. Questo annunciando i nuovi lavori alla camera operatoria.
Eppure non si possono sottacere i disagi e le tante ombre che aleggiano su questo eterno piano di rifacimento.
Quando sarà chiuso il cantiere? Quando il Rizzoli sarà davvero completato?
Non bastano le croniche carenze di personale, i problemi di turno, di trasporto e continuità territoriale, i gravi disservizi e le disfunzioni collegati alla continua ripresa dei lavori presso la struttura ospedaliera lacchese sono un dato di fatto. Lavori che alla fine non portano a niente visti gli esiti ed i risultati delle attività di cantiere: Un muro rifatto sei mesi fa è crollato in meno di qualche settimana!
Una ridistribuzione degli spazi mascherata da ampliamento che sta creando solo caos e malumori. Interventi provvisori, palliativi che fanno da preludio a quel che verrà. Non è detto, infatti, che questa ridistribuzione degli spazi sia quella definitiva.
Al Rizzoli, però, la faccenda appare un po’ più complicata e meno comprensibile in termini di funzionalità, necessità e, sopratutto, opportunità delle attività edilizie previste, se si analizzano i lavori edili che riguarderanno l’attuale Sala Operatoria.
A sollevare il problema sono proprio gli addetti ai lavori, stanchi di questa precarietà e di dover lavorare come in un ospedale da campo. Una vera e propria “fabbrica di San Pietro”: l’ampliamento ultradecennale del Rizzoli. Per di più un ampliamento che doveva essere già finito!
La scorsa estate è stata rimpicciolita l’Ostetricia, ora il cantiere passa in Chirurgia per rifare completamente la camera operatoria. Ma in questi quindici anni il cantiere a cosa serviva? A creare forse una camera mortuaria dove piangere i propri defunti, per di più esposti alle intemperie, al freddo, al gelo ed alla pioggia ed in estate alla calura? Considerazioni sulla dislocazione degli spazi a parte. Piangere un morto è forse l’ultimo dei problemi.
La scelta e la tempistica sull’inizio delle attività appare alquanto infelice. Appare incomprensibile il perché sia così urgente creare prima una terza sala operatoria e poi radere al suolo quella vecchia, utile e funzionale. Quando ad esempio il Rizzoli non ha un Triage, una stanza d’accettazione per i pazienti del pronto soccorso che eviti il caos, e le aggressioni estive ai medici e sanitari, costretti anche ad accogliere i pazienti e non solo a capire come curarli.
Ancora più assurdo è tentare di comprendere quale sia il senso di ulteriori spese ed investimenti economici, pagati dalla comunità, su di un ospedale recentemente rifatto che ha già due sale operatorie e che piuttosto necessita di ben altro. Necessita di pavimenti, infissi, nuovi impianti di condizionamento dopo lo scandalo ed il flop dell’ultimo restyling.
Pensate che questi lavori dovranno durare, se tutto va bene, tre mesi! Mentre altri sei sono passati a rifare la ginecologia.
Il cantiere, probabilmente, favorirà l’ampliamento della Chirurgia che così avrà sale e stanze dedicate esclusivamente al reparto, ma questo sulla carta! Perché, se avrà gli stessi effetti dei lavori appena conclusi, allora è il caso di preoccuparsi in quanto il Rizzoli potrebbe cadere a pezzi.
Senza contare gli effetti che avranno sulla salubrità degli ambienti per i pazienti e la popolazione ospedaliera, che in piena estate dovrà convivere con polveri e sporcizia edilizia. Indubbi ed inevitabili i problemi igienici e sanitari collegati, ma anche di vivibilità ed operatività presso i reparti che dovranno sorbirsi gran parte dei problemi logistici.
Impiantare un nuovo cantiere per un intervento non urgente, con tutto ciò che ne deriva, significa voler creare disagi inutili e mostrare scarsa lungimiranza e rispetto per i pazienti.
Comunque si tratta di opere che potrebbero avere un senso in vista del potenziamento del reparto di Chirurgia, ma che, comunque, andrebbero predisposte e programmate con cautela ed oculatezza, sopratutto prevedendo organici e funzionali spostamenti degli spazi e dei reparti interessati.
Tutto questo costruire spazi operatori rischia di mettere in ginocchio i medici, che ormai lavorano in una costante situazione di precarietà da anni. Un perdurare eccessivo dei cantieri che stanno minando seriamente lo stato della struttura ma sopratutto di chi vi opera in condizioni inaccettabili ormai da troppo tempo.
L’esigenza primaria di una persona quando si ammala è di essere curata, di avere a disposizione strutture, operatori, mezzi diagnostici e terapeutici appropriati, non certo sottoporsi ad ulteriori rischi e problemi.
Il Rizzoli ora ha tre camere operatorie! Quella al primo piano è fuori uso per lavori, cosi le urgenze si trattano nel cantiere aperto, con i medici costretti ad operare tra calcinacci, attrezzi da lavoro e materiali edili. Nei casi più delicati i chirurghi operano in ginecologia nella mini camera ricavata di recente in un angolo dell’ultimo piano.
In una situazione del genere sarebbe auspicabile, invece del solito scambio di poltrone tra manager super pagati, la ricerca di personalità che mettano un punto fermo all’eterna ristrutturazione pagata con i soldi dei contribuenti.