E’ lei la perfetta religiosa dell’ultimo romanzo dello scrittore Fabio Calabrese. Dalla realtà alla finzione. Letteraria. Ischitana doc, madre abbadessa al Monastero delle Trentatré. Convento di Santa Maria in Gerusalemme, nel cuore di Napoli. Qui, Rosa Lupoli da via Casciaro vive da venticinque anni. Millenovecentonovanta, nacque tutto un po’ per caso: accompagnava una sua amica che iniziava il periodo di postulato in monastero e iniziò – lei – a farsi domande. La risposta la trovò di lì a poco. E non era né nell’isola che ama, né nella laurea in lettere moderne (con una tesi sui terremoti di Ischia, per intenderci). No, la risposta era nella clausura. E oggi che il significato di questa parola – clausura – è stato adeguato ai tempi e persino alla tecnologia (le clarisse sono finite su Facebook, condividono i momenti della vita monastica con una marea di amici e seguaci), la nostra Rosa è un orgoglio da condividere con il mondo.
Da Ischia vanno in molti a trovarla,in quel Monastero che è un luogo dell’anima, incastonato nel cuore di Napoli, a un tiro di schioppo dall’intenso brulicare della città pervasa dall’atmosfera di Natale.
E’ qui che oggi, alle 17:30, presso l’ex refettorio cinquecentesco del Monastero, in via Pisanelli (l’ingresso al refettorio è sul lato di Via Luciano Armanni) va in scena la presentazione del libro “La perfetta religiosa dai racconti del maresciallo Damiani. Un giallo nel mondo dell’arte di Fabio Calabrese”, pubblicato per i tipi della Gangemi editore. Con l’autore ci saranno Pier Luigi Razzano, giornalista di “Repubblica”, che ha dedicato a suor Rosa uno splendido reportage,il critico d’arte Massimo Rossi Ruben e soprattutto lei, Rosa Lupoli, che a cinquant’anni scopre di essere diventata un’icona.
Volto riconoscibile di quel monastero fondato dalla Venerabile Lorenza Longo nel 1535 (già istitutrice dell’ospedale degli Incurabili), ascolta attraverso la ruota del monastero e il telefono le gioie e le speranze, le tristezze e gli affanni delle famiglie. In tanti arrivano qui a cercare consigli. A sfogarsi. O, semplicemente, a raccontarsi. E’ per questo che Rosa è un’orgogliosa eroina dei giorni nostri, e le Clarisse Cappuccine hanno saputo affiancare la meritoria opera d’ascolto al silenzio, alla solitudine e alla clausura, che continuano a favorire” l’intima unione col Signore nella preghiera e nella contemplazione”. Senza estraniarsi alla vita del mondo.
Una storia, la loro, raccontata da giornali e televisioni di tutta Italia. Divenuta deflagrante dopo il caso del botta e risposta mediatico con Luciana Littizzetto, che aveva ironizzato sull’assalto affettuoso delle clarisse a Papa Francesco. Ironica e intelligente la replica di suo Rosa, attraverso Facebook. Quella presenza, sui social, è diventato un tratto distintivo, un’apertura all’esterno. Tanti gli ischitani che commentano le foto, riconoscendo quella promettente pallavolista che ha scelto una strada diversa. La strada del Signore.
«Per circa 10 anni – aveva raccontato a Famiglia Cristiana – la pallavolo aveva impegnato i miei giorni e i miei fine settimana. Con la squadra di Ischia eravamo arrivati in serie B fino a un passo dai play off per salire in A2. Nel frattempo ho frequentato il liceo classico e mi sono laureata in lettere all’Orientale di Napoli. A causa della rottura del menisco mi sono dovuta fermare e ho avuto il tempo di capire in che direzione orientare la mia vita. Così, ho iniziato a frequentare la parrocchia mi sono iscritta alla facoltà di teologia di Napoli per capirci qualcosa in più. E dopo aver accompagnato la mia amica, sono tornata qui spinta da una curiosità irrefrenabile a conoscere meglio le monache. Il Signore mi ha avvolto con il suo amore all’improvviso. Non ho potuto resistere. Il 5 maggio sono entrata come postulante. E da allora non mi sono mai voltata indietro».
Quanto al libro, “la perfetta religiosa – scrive il critico Claudio Strinati – è un lavoro di qualità e di livello che colpisce per finezza, arguzia ed eleganza della scrittura, in uno scrittore – sostanzialmente esordiente – già così sicuro di sé, dei suoi mezzi e della struttura generale dell’opera, perfettamente dominata e coerente dall’inizio alla fine. Nella trama, invero avvincente ed efficace, eccellente appare la definizione dei “caratteri”, fatto essenziale in un tipo di narrazione come quella del giallo che deve certamente attrarre l’attenzione del lettore con una tensione continua ma far bene comprendere anche quali siano gli orientamenti, le meditazioni e le riflessioni dell’autore, talvolta inseriti in maniera implicita, talaltra più espliciti. Cosa che puntualmente accade in quest’opera prima di Fabio Calabrese. Il libro è poi divertente, nel senso più nobile della parola, e possiede il dono della sintesi, che rende la lettura sempre piacevole, senza stancare ma anzi procurando autentico diletto e desiderio di proseguire.”
E ancora: “La perfetta religiosa – spiega Massimo Rossi Ruben – è un giallo dall’architettura inappuntabile, ma è anche un romanzo colto. Ed è persino un esercizio di stile sull’emotività razionale, dove l’amore è sempre tra parentesi, appena percepito sullo sfondo, con il suo gioco di attrazioni asimmetriche e con il suo ciclico rimando ai sentimenti e al tormento dei protagonisti. C’è poi l’arte e quella disincantata ossessione per le investigazioni, di cui Calabrese – inconsapevole doppelgänger del maresciallo Damiani – è animato, tra vertigini e colpi di scena ineludibili, che fanno della storia un lavoro esemplare, di ordine ed equilibrio; una gemma dal taglio perfetto.”
Chissà se lei, suor Rosa, si rivedrà in quelle pagine. L’ultimo omaggio a una donna incredibile. Orgogliosamente ischitana.