Il giudice dell’udienza preliminare Miranda ha compiuto una sostanziosa scrematura della richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla procura della Repubblica per una presunta bancarotta fraudolenta compiuta dagli imputati nella gestione della società “Pegaso” di Forio. Prima di tutto ha assolto per non aver commesso il fatto l’ex presidente della società ed attuale responsabile provinciale dell’Ascom Confcommercio Pietro Russo. Infine ha prosciolto con la medesima formula Enzo Ferrandino, Oscar Rumolo, Antonio Siciliano, Michele Migliaccio e Domenico Miragliuolo. Ha invece ritenuto indispensabile procedere al processo nei confronti dell’ex sindaco ed ex presidente della “Pegaso” Francesco Paolo Monti e del suo predecessore nel governo della società, Salvatore Serpico. Per loro si prospetta un processo soprattutto per bancarotta fraudolenta e i loro difensori hanno fatto di tutto per smontare questo castello accusatorio. Ma molto probabilmente saranno state due le cause che avrebbero convinto il gup a disporre il rinvio a giudizio. Per Monti per avere, nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione, portato la “Pegaso” alla cessione del ramo d’azienda in favore dell’allora costituita società “Torre Saracena”. Per il Serpico di aver sottoscritto un concordato con il Comune di Forio a fronte dei crediti vantati per aver svolto servizi di varia utilità. Il danno sarebbe stato causato dall’aver accettato di ottenere somme diverse da quelle effettivamente vantate. Queste due ipotesi hanno bisogno del vaglio dibattimentale e per questi motivi il giudice ha scelto che per loro non vi erano le condizioni per il proscioglimento come per tutti gli altri imputati.
La giornata conclusiva di questa udienza preliminare ha portato all’intervento dei due difensori del Rumolo, a spiegare il perché non vi è stata alcuna partecipazione e responsabilità penale in ordine al ruolo ricoperto nell’ambito dei revisori dei conti. Particolarmente interessante la discussione dell’avv. Lumeno Dell’Orfano, il quale oltre a produrre una poderosa e sostanziosa memoria, ha posto l’accento sul ruolo dei revisori in questo frangente, i quali si sono dovuti occupare principalmente della verifica contabile nell’approntare il bilancio e per dare il via libera alla sua approvazione. Ha ricordato che il Comune di fatto era inadempiente, non rispettava i patti sottoscritti. Un Ente-socio indebitato con la sua stessa società, ma che non si curava troppo delle conseguenze. Il Rumolo e l’intero collegio dei revisori dei conti ne ha fatto più volte cenno nelle relazioni, rimaste inascoltate da parte della politica. L’altro difensore, Genny Tortora, ha chiesto al giudice una serena valutazione dei fatti e di soffermarsi sul ruolo avuto dal Rumolo quale componente dei revisori, immune da qualsiasi responsabilità. Scelte aziendali fatte dalla “Pegaso” che possono avere una valenza critica sotto l’aspetto politico, ma non in quello penale. Dove non emerge alcuna volontà di commettere un reato e che anzi l’attività è stata sempre lineare. Richiamando le osservazioni del prof. Bocchino, curatore fallimentare, che più volte si sarebbe soffermato sulla “Pegaso” criticando le scelte fatte dagli amministratori, ma senza evidenziare una responsabilità penale in quelle scelte gestionali dove il collegio dei revisori nulla poteva fare ,ed in particolare nella cessione del ramo d’azienda. Da qui sono nate delle contestazioni contraddittorie da parte dell’accusa, che non reggono affatto ad un’attenta e lucida verifica degli elementi raccolti nella fase delle indagini e posti all’attenzione del giudice.
Un compito arduo, quello demandato all’avv. Ilaria Zarrelli, difensore del Monti, che è stato presidente della “Pegaso” dal 2005 al 2007 e quest’ultimo bilancio è stato approvato da altro presidente. Una puntualizzazione della difesa per smarcare da ogni responsabilità l’ex sindaco di Forio. Ed aggiungendo che il pubblico ministero nelle sue indagini e nelle sue richieste non ha mai fatto cenno o circoscritto l’elemento del dolo, che è indispensabile per la contestazione di bancarotta fraudolenta. E senza aggiungere quale sia stato il danno arrecato dal Monti alla società e quale beneficio ne abbia tratto. Dimenticando – ha aggiunto la difesa – che i debiti riportati in bilancio si riferiscono agli anni pregressi e che il Monti si era ritrovato a gestire. Anzi, durante il suo lavoro Monti è riuscito a portare alla società una serie di benefici e vantaggi riuscendo a recuperare crediti vantati negli anni, svolgendo servizi extra-contratti per conto del Comune senza avere alcun rimborso e ottenendo impegni per la società. Il fallimento è avvenuto a diversi anni di distanza dalla sua sostituzione. E spiegando sulla cessione del ramo d’azienda alla “Torre Saracena” che si è perfezionata allo scadere del contratto tra la “Pegaso” e il Comune di Forio. E’ stato quest’ultimo ad imporre questa scelta anche come socio di maggioranza ed in quell’ambito è stato giusto cedere anche i mezzi, le attrezzature ottenendo in cambio risorse finanziarie servite per pagare i debiti della “Pegaso”. Senza mai mettere da parte gli interessi della stessa società, allorquando il Monti nel prendere atto della decisione del Comune scrisse una lettera in cui lamentava la procedura adottata nella cessione del ramo d’azienda, del tutto inconsueta e penalizzante. Ed è stato forse per questa sua presa di posizione che era stato rimosso dall’incarico dal socio di maggioranza. Concludendo con una richiesta di assoluzione con la formula perché non è più previsto dalla legge come reato.
Stesso discorso approntato dai difensori del Siciliano, altro membro dei revisori dei conti. Escludendo a priori la sussistenza del dolo eventuale, necessario per la configurazione del reato. Durante la permanenza del Siciliano la società “Pegaso” ha vissuto il momento più florido e questo lo si deve anche al lavoro svolto dai “controllori”.
Ha chiuso gli interventi il difensore del presidente dell’Ascom provinciale Pietro Russo, che ha scelto il rito abbreviato. In considerazione della sua certezza di essere totalmente immune da responsabilità in ordine alla cattiva gestione della “Pegaso” e di aver gestito sotto la sua presidenza quella struttura in modo prettamente manageriale e cercando di darle efficienza e una corretta amministrazione. Come più volte sottolineato dal suo difensore nella discussione, che ha preso atto della richiesta di assoluzione di quel pubblico ministero che si era occupato anche delle indagini. Definendola corretta, per aver fatto anche la Procura un passo indietro rispetto al passato. Spiegando che nella fase calda delle indagini tutto è stato incanalato in un metodo induttivo sulla genesi della “Pegaso”, che avrebbe risucchiato indiscriminatamente tutti coloro che avevano avuto un ruolo al suo interno. Trovandosi ad adottare scelte dovendo quotidianamente subire delle imposizioni dell’Amministrazione comunale. E tra l’altro in un momento di grave crisi per la famosa emergenza rifiuti che attanagliava l’intera regione Campania. Russo è intervenuto come un imprenditore – ha aggiunto il difensore – cercando di dare una struttura efficiente, tipica di un’azienda sana e produttiva. Uno sforzo che non è riuscito a concludere e dopo un anno e mezzo di presidenza della “Pegaso” si è fatto da parte perché quella struttura era diventata un vero e proprio carrozzone politico. Conclusosi con il fallimento del 2011 e a tanti anni di distanza si chiama in causa per sottoporlo alle proprie responsabilità per una gestione risalente a diversi anni prima. Di contro gli amministratori comunali applicarono una tassa politica per favorirsi le benemerenze dei cittadini, per pagare il servizio alla “Pegaso” per una cifra di molto inferiore a quanto incassava. Costringendo la “Pegaso” ad accumulare debiti sempre maggiori senza curarsi troppo delle conseguenze e ritardando, il Comune di Forio, di pagare il dovuto per servizi di primaria importanza. Ha concluso con un aspetto prettamente tecnico, numerico per confermare che il Russo ha a quel tempo realizzato un bilancio a dir poco virtuoso, come dovrebbe fare un bravo imprenditore che opera sul mercato. Nei confronti del Russo manca un po’ tutto, si è costruita un’inchiesta senza che vi sia un riscontro capace di indicare l’ex presidente della “Pegaso” quale responsabile del decadimento prima e del fallimento poi della società.
Finirà tutto in prescrizione come al solito.