venerdì, Novembre 22, 2024

Sequestro al Parcheggio Siena, inquinamento ambientale e mancanza di autorizzazioni demaniali

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Lavori al Parcheggio Siena ad Ischia Ponte.La Capitaneria procede al sequestro preventivo.Aree e manufatti sottoposti alla rigida prescrizione dell’ex art.321 del Codice di Procedura Penale. Si tratta di circa 6mila mq sottoposti ai lavori per la realizzazione anche di una sala Polifunzionale a vocazione culturale.Il sequestro è stato eseguito dagli uomini del Circondario marittimo di Ischia agli ordini del TV Alessio De Angelis che ha dato esecuzione ad un provvedimento emesso direttamente dal Giudice per le indagini preliminari adito. Contestati possibili reati di inquinamento ambientale e l’assenza di autorizzazioni demaniali.
In assenza sull’isola dei destinatari del provvedimento, il sequestro è stato notificato agli operai della MEC presenti in loco

Lavori pubblici nel mirino della Polizia Giudiziaria ad Ischia.
Le opere che nel bene e nel male stanno catalizzando, da anni ormai, l’attenzione e le risorse all’ombra del Castello sono state oggetto di intensa attività operativa nella giornata di ieri al culmine di un intenso periodo di indagini . Interventi preventivi eseguiti dalle autorità impegnate nel controllo e nella tutela delle risorse ambientali e pubbliche che hanno fatto emergere un abusivismo sottile e latente nella conduzione delle opere cofinanziate dall’Unione Europea.
Aree e manufatti sottoposti a sequestro preventivo ex art.321 del Codice di Procedura Penale quali il Parcheggio pluripiano della Siena.Sito interessato dai lavori per la realizzazione anche di una sala Polifunzionale a vocazione culturale, progettati e diretti dalla AD Progetti dell’Architetto Pino Mattera .Si parla di circa 6mila metri quadri.
Il sequestro è stato eseguito dalla Capitaneria di Porto del Circondario marittimo di Ischia agli ordini del TV Alessio De Angelis che ha dato esecuzione, ad un provvedimento emesso direttamente dal Giudice per le indagini preliminari adito.

Si tratta di una attività conclusasi con il blocco giudiziario ed i sigilli di queste ore, ma afferente una capillare e metodica azione di monitoraggio già avviata nei mesi scorsi .

Sull’inchiesta vige il massimo riserbo degli inquirenti.

In ogni caso dette aree sono state cantierizzate su proposta del Committente Villa Miramare SPA ed oggetto di opere particolari da parte della Impresa costruttrice la MEC in assenza delle necessarie autorizzazioni e sopratutto costituendo un potenziale pericolo per l’ambiente e per l’uso in assenza di idoneo titolo di aree afferenti il demanio marittimo.

È in tal senso che si è dato corso alla misura cautelare disposta dall’autorità giudiziaria napoletana e notificata al personale della ditta operante e presente sul posto.Nessuno dei destinatari del provvedimento è presente sull’isola.

Un sequestro necessario, stante le attività ancora cantierate tese ad ancora impedire ipotesi di protrazione dello stesso reato.

Il sigilli, apposti ieri in prossimità dei siti violati, atteso il pericolo che la libera disponibilità di tali siti oggetto del reato,al momento solo contestato, possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati. Alla richiesta avanzata al pubblico ministero di pronunciarsi nel merito, il giudice per le indagini preliminari competente, di fatto per prassi, ne dispone il sequestro con decreto motivato.
Ciò prima dell’esercizio dell’azione penale.

IL VULNUS DEL PROCEDIMENTO

La chiusura del cantiere ad impedire pertanto la possibile ipotesi di protrazione dello stesso reato. Il vulnus del procedimento sarebbe infatti da individuarsi nella mancanza delle autorizzazioni sia sotto il profilo ambientale per lo svernamento in Mare delle acque del sottosuolo frammiste ai residui delle lavorazioni di cantiere , sia per quanto riguarda la mancanza delle autorizzazioni sotto il profilo demaniale, essendo l’opera realizzata a ridosso dell’area marina ove, per competenze e territorialità sulle aree demaniali, agisce la Capitaneria.

Nel corso dei lavori, stando alle prime indiscrezioni trapelate sulle motivazioni che hanno mosso l’intervento, gli operai, infatti, si sono imbattuti in una polla d’acqua sorgiva che, dall’analisi microbatteriologica e qualitativa, è stata classificata come acqua di falda,tipo sorgente.Una falda freatica, insomma, venuta alla luce sbancando. Il liquido tracimava da un punto d’escavo realizzato sotto il livello della falda.
Si scavava tra gli 8 e i 12 metri nel sottosuolo con la vena d’acqua a, più o meno, 7 metri di profondità.

La ditta esecutrice, ritenendo, arbitrariamente, potesse trattarsi di un intervento lecito, ha occluso la zona di deflusso con opere e manufatti che bloccassero il passaggio dell’acqua e la conseguente inondazione dell’area di cantiere. Nonostante questo, una consistente quantità d’acqua frammista ai materiali di lavorazione del cantiere veniva riversata in mare costituendo dopo il passaggio nell’area di cantiere un potenziale inquinante marino ed ambientale.

In sintesi si eliminava l’acqua dal cantiere per continuare a lavorare gettandola, poi, in mare. Ciò scaricando con essa ogni tipo di residuo della lavorazione edilizia, compresi i carburanti dei mezzi meccanici all’opera, senza prevedere ad un idoneo trattamento preventivo o di depurazione del prodotto contaminato.

Dunque una leggerezza evidente di chi ha in mano le sorti dell’opera e i fondi provenienti in parte dal POR Campania 2007-2013. Politici, governanti,prestanome, ma anche dei tecnici responsabili del cantiere che, nonostante il faraonico appalto e il massiccio impegno di uomini e mezzi, non han trovato il tempo e la via istituzionale per definire la necessaria richiesta e lavorare nel rispetto delle norme e sopratutto in sicurezza.

Una opera pubblica che ha letteralmente messo a ferro ed a fuoco il paese trovando proprio nei siti demaniali la sua collocazione naturale ed, allo stato, il blocco dell’intero impianto a causa di attività abusive.
Saranno ora le istituzioni preposte, con i necessari e successivi passaggi burocratici, a chiarire il da farsi ed il futuro dell’ambizioso lavoro con tutte le possibili ricadute e le conseguenze connesse.
Nuovi blocchi nuovo rischi per il finanziamento ed il paese che si ritroverà questo scempio ancora per molto.
IDA TROFA
Dal il dispari in edicola il 24 febbraio

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