Non sarà facile mettersi alle spalle l’ennesima cocente delusione della stagione. Mercoledì pomeriggio, dalle parti di Fondobosso, è passato l’ultimo treno per la salvezza diretta, sul quale Armeno e compagni non sono riusciti a salire. Con una Paganese ormai salva, era lecito attendersi ben altra risposta dall’Ischia Isolaverde. Piangere sul latte versato, però, non serve. I gialloblu dovranno quanto prima raccogliere i cocci, mettendo assieme quello che resta di un campionato partito sotto auspici molto diversi. Le positive prestazioni giocate al “Massimino” di Catania o davanti al pubblico amico nella parte iniziale della stagione risalgono appena a qualche mese fa. Eppure sembrano distanti anni luce, anche solo guardando alle statistiche: in undici giornate nel girone di ritorno i gialloblu hanno messo insieme 7 punti, 9 in meno rispetto al girone d’andata. Numeri che non lasciano adito a dubbi.
Ormai da settimane gli isolani non riescono a mettere in campo quel furore agonistico che sarebbe lecito attendersi da una squadra in lotta per la sopravvivenza. E’ questo il rammarico principale. Senza fame e grinta, due valori che in alcune circostanze sono ancor più importanti della tecnica e della tattica, non si va da nessuna parte. A Foggia l’Ischia era riuscita anche a mostrare qualcosa di buono, non perdendo il lume della ragione quando si era ritrovata sotto di due reti. Con la Paganese, invece, è riemersa prepotente l’apatia alla quale siamo ormai abituati da settimane. Da una squadra bisognosa dei tre punti, ci si sarebbe aspettato ben altro che qualche conclusione dalla lunga distanza. Difficile attendersi nel finale di campionato quella reazione e quella determinazione che da troppi mesi manca nel mondo gialloblu. In caso di successo mercoledì, si sarebbero potuti riaprire spiragli che forse neanche il più ottimista dei tifosi potrebbe prevedere adesso. Adesso, invece, bisognerà evitare almeno in penultimo posto, impresa certamente non impossibile, ma l’ultima Ischia non lascia certamente dormire sonni tranquilli. Certo la responsabilità non sarà esclusiva dei calciatori, i quali avranno senza alcun dubbio risentito dei numerosi cambi di allenatori così come della confusione societaria venutasi a creare spesso nelle scorse settimane. Ma chi spera in una salvezza difficile, complessa, non può non restare perplesso davanti alle ultime uscite degli isolani. Se perdere è divenuta una costante, ad amareggiare di più è vedere in campo una squadra che non mette il cuore. Il nostro, insieme al fegato, è partito già da un pezzo.