Mi censuro per due motivi. Il primo perché Francesco, il gigolò di questa storia, me lo ha chiesto. Il secondo, perché, sapere chi è il prete in questione non è importante. Se alla chiesa di Ischia, quella che si è impegnata tanto per ricostruire i faldoni contro Don Giovanni e Don Nello interessa essere equa, contatti Francesco e si faccia dire il nome.
Qualcuno potrebbe obiettare che è compito di chi fa informazione non celare nessuna delle verità di cui è venuto a conoscenza, ed è vero. Ma è anche compito nostro capire quale sia la verità da raccontare. E in questo caso, sono convinto che la verità che merita di essere resa pubblica sia la circostanza dell’esistenza di un accusatore. Di una persona che non ha problemi a rivelare le sue verità agli organi competenti e che non ha interesse nel voler screditare nessuno. Tra screditare e accusare c’è una grande differenza. Le cronache di questi mesi sono bastate ad appagare la voglia di quelli che amano screditare. Di quelli che godono con il ditino sullo smartphone e di quelli che emettono sentenze fin troppo facili.
Il racconto di Francesco, raccolto dalla collega Letizia Tassinari, era molto più ricco di particolari. Li abbiamo eliminati perché non vogliamo che riconosciate di chi stiamo parlando.
Oggi, la Diocesi di Ischia ha tutti gli strumenti per procedere. Ovviamente ho eliminato anche i riferimenti diretti per contattare Francesco. Preferisco non esporvi alla tentazione. Ma sono disposto a comunicarli in maniera ufficiale e diretta.