mercoledì, Gennaio 15, 2025

Trasformato fabbricato di pregio, in sette a giudizio

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Modifiche autorizzate dal Comune di Lacco Ameno. Il processo è iniziato con le richieste del pubblico ministero e delle difese. Sono diverse le contestazioni che necessitano di un dibattimento approfondito e lungo. Le ipotesi di reato sono di abuso d’ufficio, falso ideologico, certificati non corrispondenti al vero. E soprattutto abuso edilizio e violazione per essere intervenuti su un’area di interesse pubblico e distruzione delle bellezze naturali

 

Paolo Mosè | Dinanzi allo stesso collegio che deve giudicare Ferrandino e Arcamone, è in attesa di trattazione un processo per fatti accaduti a Lacco Ameno. E riguarda sette imputati per reati di abuso d’ufficio, violazione delle norme urbanistiche e paesistiche ed una serie di falsi legati ad alcuni interventi realizzati su un fabbricato che si trova nel cuore del centro storico di Lacco Ameno. Per la Procura queste autorizzazioni, quella documentazione prodotta non corrisponderebbe allo stato dei luoghi, ma una forzatura tendente a consentire al beneficiario di ottenere un vantaggio patrimoniale. Un processo che era in attesa di apertura da un bel po’ di tempo, fino a quando non si è giunti alle richieste delle parti, che sono essenziali al fine di consentire di tracciare un solco dove poter percorrere il dibattimento.
Il pubblico ministero che ha chiesto il processo nei confronti di Mariarosaria Telese, Crescenzo Ungaro, Domenico Morgera, Vincenzo D’Alessandro, Pietro Monti, Benito Trani e Giovanni Spataro, ha presentato una corposa lista testi perché intende dimostrare che le opere di restauro e risanamento di questo fabbricato non erano conformi alla legge. Anzi, ha aggiunto che con il Piano regolatore del comune di Lacco Ameno non era possibile un intervento di tale natura, in quanto rientrante nell’area del centro storico e tra l’altro fabbricato di particolare pregio. Non era possibile modificare la struttura, né eseguire interventi che ne modificassero sostanzialmente le aree interne. Creando delle volumetrie in cemento armato e realizzando finanche un ingresso carrabile tale da stravolgere il preesistente.
Nella fase delle indagini preliminari il pubblico ministero ne ha contestato il reato di abuso edilizio (violazione urbanistica), di cui dovranno difendersi la beneficiaria delle autorizzazioni e i due tecnici incaricati della progettazione e dell’esecuzione dei lavori: «Perché nelle predette qualità, in cooperazione colposa tra loro, la Telese nella qualità di proprietaria – committente, in assenza del permesso di costruire (tale non potendo ritenersi il permesso a costruire n 6259 rilasciato in data 28.4.2009 – afferente la realizzazione di opere di restauro e risanamento conservativo mediante ricostruzione fisiologica dell’originario edificio con adeguamento funzionale igienico-sanitario di un fabbricato sito alla via Mezzania, consistendo il predetto intervento viceversa in una nuova edificazione che, per l’ubicazione del sito e per la normativa vigente non poteva essere rilasciato poiché per il Prg in zona A “centro storico ed aree circostanti di particolare pregio” non sono consentite nuove costruzioni, né alterazioni del suolo) e per le motivazioni indicate al capo sub 1) ed in difformità dello stesso realizzava in zona R.U.A. un nuovo fabbricato di pianta irregolare di un piano fuori terra, con struttura portante in muratura con travi di fondazione di pianta irregolare, di un piano fuori terra con struttura portante in muratura con travi di fondazione e solai in cemento armato per una superficie totale di ca 140 mq e volumetria di ca 500 mc con ingresso carrabile coperto e 3 grossi ambienti; in difformità del medesimo P.d.C realizzavano, poi, cordoli di fondazione e i solai di copertura in cemento armato e non in muratura come da progetto e da P.d.C. Inoltre, in difformità della successiva DIA prot. 15959 del 10.11.2009 (illegittima anche’essa per le motivazioni esplicitate) realizzavano un muro (posto a confine con proprietà Bonocore) in cemento armato, anziché in pietra locale come da Dia».
Gli stessi sono a giudizio per aver omesso di trasmettere al Genio Civile i calcoli in ordine al cemento armato utilizzato; di aver eseguito l’intervento su un’area di interesse pubblico; distruzione delle bellezze naturali.
Il reato che trasferisce la competenza al tribunale in conformazione collegiale è l’abuso d’ufficio. Per aver svolto un ruolo in questa vicenda colui che all’epoca era il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale e i componenti della commissione che avevano rilasciato il relativo parere favorevole all’intervento: «Perché, in concorso tra loro – con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso – nelle indicate qualità la Telese quale determinatore/istigatore – nella seduta della commissione per il paesaggio – tenutasi in data 5.12.2008 approvavano la richiesta per il conseguimento del PdC del 28.8.2008 presentata dalla Telese in violazione di legge e di regolamento (per i motivi meglio indicati al capo sub l) procurando in tal modo un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Telese proprietaria della realizzanda opera. Intenzionalità desumibile dalla grossolanità e pluralità delle violazione di legge e di regolamento nonché dalla conoscenza della reale ed illegittimità delle opere realizzare rispetto alle quali il PdC si poneva come mero espediente per recuperare un’apparente legittimità del manufatto».
Diversi sono i falsi che vengono elencati nel decreto che dispone il giudizio ed in particolare per una certificazione di cui rispondono la beneficiaria e il tecnico che di fatto ha seguito la pratica nel suo iter in ambito comunale: «Poiché in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nelle indicate qualità, la Telese quale determinatore/istigatore – falsamente attestavano nella relazione tecnica posta a corredo del progetto depositato presso il comune di Lacco Ameno in data 28.8.08 che “l’intervento di restauro e risanamento conservativo… è perfettamente conforme alla normativa urbanistica e paesistica vigente, in particolare all’art 7 delle norme di attuazione del vigente PRG, all’art 11 del vigente regolamento edilizio ed agli artt 9 e 13 del vigente PTP”, attestazioni – queste – palesemente false per i motivi meglio precisati al capo sub l)».
Una seconda ipotesi di reato della stessa specie riguarda quanto sarebbe stato attestato dalla parte privata sulla compatibilità delle opere sotto l’aspetto paesistico: «Poiché in concorso tra loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nelle indicate qualità la Telese quale determinatore/istigatore – falsamente attestavano nella relazione paesaggistica posta a corredo del progetto e depositata presso il comune di Lacco Ameno in data 28.8.2008 che l’opera “garantiva quegli obiettivi di riqualificazione ambientale e di compatibilità e coerenza di valorizzazione paesaggistica del sito”, attestazioni – queste – palesemente false per i motivi meglio precisati al capo sub l)».
Ultimo della serie è un reato di falso, questa volta ideologico, per la beneficiaria del fabbricato ed il tecnico comunale: «Poiché, in concorso tra loro -con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso – nelle indicate qualità, la Telese quale determinatore/istigatore nonché beneficiaria del titolo edilizio e Ungaro quale autore materiale del PdC n, 6259 del 28 aprile 2009 e degli atti prodromici e consequenziali adottavano il predetto PdC palesemente illegittimo essendo la particella ubicata in area “dove non sono consentite nuove costruzioni” poiché la consistenza dell’originale manufatto, al momento del rilascio del PdC era quella di un rudere non rientrando l’opera nel concetto di manutenzione straordinaria o restauro e risanamento conservativo ai sensi dell’art 3 DPR 380/2001 più precisamente: 1) poiché si consentiva un’attività di restauro e risanamento conservativo di un fabbricato inesistente; 2) poiché l’opera ricadeva in zona A “centro storico ed aree circostanti di particolare pregio ambientale ove non sono consentite nuove costruzioni né alterazioni del suolo” consentendo, in tal modo, una nuova edificazione; 3) poiché l’opera non era assentibile essendo ubicata in zona RUA sulla quale è vietato ogni intervento che comporti incremento dei volumi esistenti; 4) In zona sottoposta a vincolo paesaggistico L 1497/1939 ai sensi del DM 21.4.1958 nonché vincolo paesaggistico ai sensi del PTP approvato con DM 8.2.1999 e vincolo sismico e idrogeologico; 5) poiché rilasciato in assenza di qualsivoglia provvedimento della sovrintendenza BB.NN. di Napoli, procurando in tal modo un ingiusto vantaggio patrimoniale al proprietario dell’immobile; intenzionalità desumibile dalla grossolanità e pluralità delle violazioni di legge e di regolamento nonché dalla conoscenza della reale destinazione ed illegittimità delle opere realizzate rispetto alle quali il PdC si poneva come mero espediente per recuperare un’apparente legittimità del manufatto».

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