mercoledì, Gennaio 15, 2025

Il gip rigetta la revoca della misura a Vincenzo Rando

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La Procura ha detto no ritenendo che sussiste il pericolo della reiterazione

PAOLO MOSE’ | Per il giudice per le indagini preliminari Gallo sussistono tuttora le esigenze cautelari. Che impediscono che la misura adottata da altro gip, nella fase delle indagini preliminari, possa ritenersi conclusa. Su questi motivi il giudice ha detto no alla richiesta avanzata dal difensore di Vincenzo Rando alla decadenza della misura dell’obbligo di presentazione tre volte a settimana alla polizia giudiziaria. Indagato nell’ambito di un’attività legata prevalentemente alla gestione dell’appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani nel comune di Forio che ha provocato un vero e proprio terremoto in ambito politico e nelle alte sfere dei comuni di Forio e Lacco Ameno. Ipotizzando reati di una certa gravità, corruzione e turbativa d’asta.

Il giudice in questa fase si è ritenuto pienamente d’accordo con il parere espresso dai sostituti procuratori Graziella Arlomede e Maria Sepe che conducono le indagini. Hanno detto no all’accoglimento dell’istanza del dirigente comunale, che prima della misura cautelare era stato sollevato dalla responsabilità di reggere l’ufficio economico-finanziario di Forio, per essere trasferito in quello più tranquillo e meno turbolento del personale. Proprio su questo il suo difensore di fiducia, avv. Cristiano Rossetti, si era più volte battuto dicendo senza tanti giri di parole che non sussistevano più quelle esigenze che originariamente ne avevano provocato la misura coercitiva. Seppur più blanda rispetto a quella richiesta dalla procura della Repubblica, degli arresti domiciliari. Provvedimento, quest’ultimo, che era stato soltanto applicato dal gip Picciotti per coloro che erano indagati anche del reato di associazione per delinquere, vale a dire Vittorio Ciummo, Domenico De Siano, Oscar Rumolo, fatta eccezione per Salvatore Antifono che ottenne l’obbligo di firma, poi cassato dal tribunale del riesame. Quell’associazione che poi è naufragata sotto la lente d’ingrandimento dei giudici della “libertà”. Rando comunque si è sempre dichiarato estraneo alle contestazioni e tramite il suo difensore ha specificato che non c’è stata alcuna dazione, che lui nell’aggiudicazione dell’appalto non ci ha messo becco, tant’è vero che ad aggiudicarsi il servizio era stato il consorzio “Cite”. Così deciso dalla commissione aggiudicatrice. Risultato poi sostanzialmente modificato dal giudice amministrativo che aveva dichiarato che l’unica ad essersi aggiudicata l’appalto non era la “Cite”, bensì la “Ego Eco” di Vittorio Ciummo.

Sulle esigenze cautelari la difesa ha sostenuto nell’istanza al gip Gallo che si è realizzata nel frattempo una modifica sostanziale nel ruolo ricoperto dal Rando, che non è più il responsabile dell’ufficio economico-finanziario, ma di un altro settore. Senza avere più la competenza nella gestione materiale dell’Ente comunale, non ha più quel potere di controllare le entrate e le uscite del Comune di Forio, né di poter indirizzare in qualche modo la vita politica dell’Ente, non ha alcun potere per intervenire in modo particolare sugli appalti da poi aggiudicare.

Il ragionamento che hanno sostenuto i pubblici ministeri e che il gip ha fatto proprio, è che comunque il Rando resta un dirigente comunale, di quello stesso Ente dove si sarebbe consumata una condotta non propriamente lecita. E che quindi avrebbe quella facoltà e padronanza di poter incidere indirettamente sulle scelte future e prossime. Un concetto che tra l’altro ne aveva sostenuto la fondatezza anche il tribunale del riesame, che aveva rigettato la revoca. E nel frattempo la difesa non è stata alla finestra ad attendere gli eventi e a tambur battente ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione per modificare il giudizio del riesame di Napoli. I giudici della legittimità hanno già fissato l’udienza per la comparizione delle parti. E prossimamente, tra qualche settimana, lo stesso giudice Gallo ha convocato dinanzi a sé gli imputati, i difensori e il pubblico ministero. Per affrontare l’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio per tutti coloro che sono ritenuti corresponsabili per la Procura in ordine agli appalti, alla gestione dei rifiuti solidi urbani nei comuni di Lacco Ameno, Forio e Monte di Procida. La Procura in questo caso specifico ha mantenuto ferma la propria posizione ribadendo che per il proprio ufficio sussiste l’ipotesi di reato di associazione per delinquere, tesi sconfessata dal riesame. Il gip, in un provvedimento che riguarda prettamente la revoca degli arresti domiciliari a Ciummo e a Rumolo, si sofferma su questa ipotesi di reato, tanto cara ai sostituti Arlomede e Sepe. Ebbene, il giudice in questo provvedimento che di fatto ha revocato gli arresti domiciliari, modificando tale provvedimento in obbligo di dimora nei comuni di residenza, fa un accenno molto preciso che prelude di certo una sentenza di non luogo a procedere in ordine all’associazione per delinquere. Facendo proprie le conclusioni del riesame e non ritenendo fondata la tesi dell’accusa.

Nell’analizzare queste due posizioni specifiche, il gip in questo provvedimento è andato a valutare quali erano state le richieste della pubblica accusa e quelle della difesa. Nel primo caso si richiedeva l’obbligo della dimora nel comune di residenza e di non potersi allontanare dalle proprie abitazioni dalle ore 19.00 alle 8.00 del mattino. Una sorta di arresti domiciliari parziali. Mentre la difesa la decadenza della misura senza applicarsene una meno afflittiva. Sul punto il giudice è stato abbastanza chiaro, scrivendo: «La richiesta di revoca della misura per il reato contestato all’associazione per delinquere e la declaratoria di inefficacia.

Preliminarmente va rilevato che, con riguardo all’associazione per delinquere, la misura è stata applicata al Ciummo per la ritenuta partecipazione all’associazione per delinquere contestata nella veste di promotore ed organizzatore, mentre al Rumolo nella veste di mero partecipe.

E’, quindi, evidente che il termine di fase di cui all’art. 303, co. 1, c.p.p., stante la diversa cornice edittale esistente tra i due reati, è di mesi sei per il Ciummo e di mesi tre per il Rumolo.

Per tutti gli altri reati, il termine di fase è di mesi tre perché puniti, tenuto conto della norma vigente al momento del fatto e prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 190/2012, con pena non superiore nel massimo ad anni sei di reclusione.

Essendo stata la misura eseguita il 15.1.2016, pacificamente vi è la decorrenza dei termini di custodia cautelare alla data del 14.4.2016 per tutti i reati, ad eccezione di quello contestato al Ciummo al capo A) della rubrica.

Tuttavia, per detto reato, va accolta l’istanza della difesa di Ciummo e del P.M. per Rumolo di revoca della misura per carenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Il Tribunale del Riesame di Napoli, con ordinanze rese nei confronti degli altri due soggetti ritenuti associati (De Siano Domenico e Antifono Salvatore), ha revocato la misura per carenza dei gravi indizi di colpevolezza, ritenendo che, dalle fonti di prova raccolte, emerga “esclusivamente un accordo tra i quattro imputati (De Siano, Rumolo, Ciummo e Antifono) destinato alla commissione di una pluralità di reati “determinati” di corruzione e turbativa d’asta che, tuttavia, non appare inquadrarsi in un più ampio programma criminoso, destinato a protrarsi nel tempo e di carattere indefinito e tale, quindi, da configurare un vincolo associativo che prescinda alla commissione dei reati presi di mira”».

Nel prosieguo dell’ordinanza il gip si dice d’accordo su quanto prodotto e deciso dal collegio del riesame: «Orbene, condivise le argomentazioni sviluppate dal Tribunale del Riesame, la misura applicata al Ciummo e al Rumolo per l’associazione per delinquere va revocata per carenza dei gravi indizi di colpevolezza. Pertanto deve essere dichiarata l’inefficacia, previa revoca della misura per l’associazione per delinquere nei confronti del Ciummo e del Rumolo, della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di entrambi gli indagati per decorrenza del termine di fase in data odierna (ciò in applicazione della regola posta dall’art. 297, co lo, c.p.p., come interpretata dalla prevalente giurisprudenza, secondo cui, ai fini del computo dei termini di custodia cautelare, si deve calcolare il giorno di inizio della stessa, con deroga alla previsione generale, sicché il termine a mesi deve ritenersi scaduto il giorno immediatamente precedente a quello corrispondente al giorno di inizio.

Applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora. Permangono, nei confronti di Ciummo Vittorio e Rumolo Oscar, le esigenze cautelari, come ravvisate nel provvedimento applicativo della misura diventata inefficace, di guisa che appare necessario applicare la misura dell’obbligo di dimora,

richiesta dal P.M., in sostituzione della misura degli arresti domiciliari, nei due pareri pervenuti in data 13 e 14 aprile 2016.

Il tempo trascorso dai fatti non appare, tenuto conto delle gravi e numerose fattispecie criminose di corruzione e turbata libertà degli incanti contestate e dell’assenza di elementi idonei a mutare il quadro cautelare, idoneo a determinare il venir meno dell’attualità del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole».

A fronte di questi aspetti che sono stati elencati nell’ordinanza, che è molto dettagliata nell’analizzare le norme che si sono succedute nel tempo e alcune di esse non sono state del tutto approfondite dalla Suprema Corte di Cassazione, il gip Gallo ha cassato l’ordinanza cautelare dei domiciliari e disposto l’obbligo di dimora senza alcuna altra “penalità”. Rimanendo ferme quelle altre misure di obbligo di firma alla polizia giudiziaria per coloro che ne erano stati destinatari dal gip della misura.

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