venerdì, Ottobre 18, 2024

Il riesame annulla il sequestro della armi al cacciatore

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Operazione antibracconaggio. Accolto il ricorso presentato dall’avv. Luca Migliaccio. Il giovane amante della caccia era stato beccato in possesso di un fucile, delle cartucce e di due quaglie. Il tutto restituito. Grave errore del pubblico ministero nell’aver disposto il sequestro probatorio su un prestampato, senza alcuna motivazione

Nell’aprile scorso era stata eseguita una battuta antibracconaggio ad opera degli agenti del Corpo Forestale dello Stato che nel perlustrare le parti alte, dove è più fitta la vegetazione, fermarono un appassionato di caccia perché trovato in possesso di due quaglie. Dopo essere stato fermato, il sospettato veniva condotto nella locale caserma per essere denunciato in stato di libertà con l’accusa di esercizio della caccia in periodo di divieto generale e di abbattimento di fauna. Di fronte al provvedimento di sequestro che era stato convalidato dal pubblico ministero, i difensori di C.M., gli avvocati Luca Migliaccio e Catello Ruopoli, hanno presentato istanza al tribunale del riesame. Trovando pieno accoglimento dei giudici che hanno annullato il provvedimento del pubblico ministero riconsegnando all’avente diritto quanto era stato sequestrato dagli uomini appartenenti al Corpo Forestale dello Stato. Il procedimento penale comunque va avanti ed il pubblico ministero valuterà se sussistono le condizioni per poter disporre la citazione a giudizio del giovane cacciatore. Certo è che la decisione dei giudici del riesame avrà un peso determinante nella valutazione complessiva dei reati che vengono contestati. Alla luce delle motivazioni che ricalcano sostanzialmente quanto enunciato nell’istanza dall’avv. Luca Migliaccio all’atto di presentare ricorso al riesame. Ritenendo che il provvedimento restrittivo non avesse alcun fondamento, anche alla luce del sequestro probatorio per un fucile e una cartuccia che dovranno essere riconsegnati all’indagato.

La difesa ha contestato la insussistenza delle esigenze che hanno portato la polizia giudiziaria a disporre il sequestro: «Dall’analitica lettura del provvedimento coercitivo impugnato emerge come il pubblico ministero procedente si sia limitato ad adottare un modello prestampato contenente espressioni di stile (ricalcanti, sostanzialmente, il testo delle norme di rito in materia) omettendo completamente la motivazione in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti».

Di avere il pubblico ministero svolto un minimo sforzo nel motivare la sua decisione, utilizzando un prestampato che certamente non può essere applicato per l’episodio incriminato. Aggiungendo la difesa: «Non v’è chi non veda, pertanto, come il caso in esame verta in ipotesi di assoluta mancanza di motivazione del provvedimento impugnato ovvero di una sia pur sintetica e sommaria valutazione delle condizioni previste dalla legge per l’applicabilità della misura cautelare».

La decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione è stata utilizzata dalla difesa per rendere del tutto inefficace il sequestro probatorio della Procura richiamando passi che hanno convinto il riesame a dichiarare nullo il sequestro: «Hanno enunciato il principio di diritto – fondante tutte le successive pronunce in tema – per il quale “anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti… Qualora il pubblico ministero non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura, il giudice del riesame non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questi radicalmente e illegittimamente pretermesse…Nel caso di radicale mancanza di motivazione del decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come “corpo del reato” in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti”».

E aggiungendo l’avv. Migliaccio (le cui osservazioni sono state fatte proprie dai giudici del riesame) che «Da ultimo, la nullità del provvedimento impugnato ben può essere dichiarata ove il provvedimento stesso sia mancante di motivazione in senso grafico ovvero ove, pur esistendo una motivazione, essa si risolva in clausole di stile, onde non sia possibile, interpretando e valutando l’intero contesto, individuare le condizioni legittimanti la misura cautelare imposta.

Diversamente opinando – ritenendo, cioè, il sequestro del corpo del reato suscettibile di automatica ed obbligatoria applicazione in virtù della sola qualità della cosa – si finirebbe, infatti, per qualificare lo stesso quale quartum genus accanto alle tre tipiche previste dal Legislatore».

Errore di valutazione del pubblico ministero che è costato la restituzione di tutto quanto in sequestro all’ischitano indagato per caccia “abusiva” in un periodo vietato dalla legge.

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