Affari, politica e malavita. I soci che sono stati colpiti da ordinanza in carcere. Realizzando in via Fasolara nove appartamenti, quasi tutti venduti. Di questo affare ne parla il Di Guida nel suo ufficio, dove i carabinieri del Ros avevano piazzato una “cimice”. Parlando dell’affare ischitano concluso in particolare con Raffaele Cesaro
PAOLO MOSE’ | L’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari Francesca Ferri, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di Aniello e Raffaele Cesaro mostra tra le pieghe interessi imprenditoriali sull’isola d’Ischia. Ma soprattutto rapporti molto stretti con l’attuale senatore della Repubblica Domenico De Siano. Il quale viene chiamato indirettamente durante le intercettazioni ambientali che sono state fatte dagli investigatori, che si sono occupati principalmente dell’impero economico e imprenditoriale che fa capo anche al parlamentare Luigi Cesaro, che allo stato degli atti non risulterebbe indagato. Ma il suo nome viene chiamato in ballo da un collaboratore di giustizia. Il Cesaro, come tutti sanno, ha un rapporto politico molto stretto, di cordone ombelicale, con il senatore ischitano. Ma c’è un terzo personaggio che ai più non è conosciuto, ma ha avuto interessi alquanto particolari, l’imprenditore Antonio Di Guida, che avrebbe fatto una speculazione immobiliare sull’isola d’Ischia con uno dei fratelli Cesaro attualmente in carcere. Sia Antonio Di Guida che l’altro fratello sarebbero anch’essi coinvolti in rapporti alquanto turbolenti sotto l’aspetto giudiziario, perché vengono ritenuti una sorta di riciclatori di denaro facente capo al clan Polverino, e comunque a quei territori nord-occidentali di Napoli ove alcuni ambienti malavitosi gestivano i propri proventi per ripulire importanti somme di denaro.
Antonio Di Guida risponde del reato di associazione per delinquere di stampo camorristico. Ed i magistrati richiamano sulla sua persona alcune società che avrebbero compiuto una serie di interventi edilizi per la realizzazione di alcune unità immobiliari. Tant’è vero che ai due Di Guida è contestato il reato di riciclaggio con l’aggravante di aver favorito un’organizzazione camorristica. Ipotesi associativa che viene richiamata anche nei confronti dei due Cesaro, che rispondono di altri reati meno gravi. Ma comunque capaci di incidere su tutta una serie di attività ritenute illecite. Per aver, in qualche modo, apportato una partecipazione, seppure casuale, con l’associazione criminale denominato clan Polverino. Attraverso una serie di società per realizzare alcuni interventi edilizi in quel di Marano. Roccaforte del clan Polverino, il cui capo indiscusso è attualmente detenuto al carcere duro.
IL CLAN POLVERINO
La procura della Repubblica, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, descrive quali sono state le indagini svolte dal suo ufficio, individuando un complesso accordo economico-criminale tra il clan Polverino ed i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro di Sant’Antimo. Scrivendo: «Questi ultimi, infatti, attraverso le loro imprese si sono aggiudicati ed hanno eseguito l’appalto per la realizzazione del PIP, infrastruttura strategica per lo sviluppo dell’economia locale, avvalendosi delle condizioni di forza e dei vantaggi derivanti dall’essere in società con gli esponenti apicali del clan Polverino, dispiegando il potenziale potere intimidatorio in ogni fase dell’iter amministrativo-procedurale del progetto…».
Facendo alcuni passaggi per ottenere l’approvazione delle relative autorizzazioni utilizzando nel caso di specie tutta una serie di professionisti, facendo pressione sui funzionari e dirigenti comunali, che si sarebbero piegati o comunque attivati per favorire la realizzazione di un’installazione il cui costo si aggirava su diversi milioni di euro. Osservano i magistrati: «L’attività investigativa, corroborata dalle dichiarazioni di una pluralità di collaboratori di giustizia ed integrata da mirate attività istruttorie, ha consentito di accertare, inoltre, come il citato Piano di Insediamento Produttivo del Comune di Marano, realizzato dai fratelli Aniello e Raffaele Cesaro in piena sinergia con il clan camorristico Polverino, sia stato finanziato da ingenti somme di denaro frutto di traffici illeciti direttamente riferibili al capoclan Polverino Giuseppe, attualmente detenuto al regime del 41 bis, ed impiegate nelle varie fasi del progetto. In tale quadro, si è accertato, altresì, come l’imponente attività di riciclaggio sia stata condotta anche mediante investimenti speculativi in complessi immobiliari di tipo residenziale, realizzati attraverso le imprese dei cugini maranesi Di Guida Antonio e Di Guida, anche con la partecipazione dell’ing. Giannella Oliviero, che hanno di fatto garantito la fittizia intestazione degli immobili alle società costruttrici, schermando la reale titolarità degli stessi in capo agli esponenti del clan Polverino».
L’INVESTIMENTO A ISCHIA
E qui bisogna essere molto attenti per questo passaggio, perché ci riconduce nuovamente sull’isola d’Ischia, ed in particolare nel comune d’Ischia, dove Antonio Di Guida ha concluso affari tramite la società “Aragonese srl”, che in via Fasolara ha costruito un complesso immobiliare ove si è riusciti a realizzare ben nove appartamenti, molti dei quali sono stati venduti. E riuscendo, a quanto si dice, ad ottenere anche le necessarie autorizzazioni, che non sono affatto alla portata di tutti. Come vedremo tra qualche istante, Antonio Di Guida della società “Aragonese” era amministratore e come egli stesso dice in una conversazione ambientale, di aver chiuso un rapporto d’affari con uno dei fratelli Cesaro. Dividendosi al cinquanta per cento le quote societarie.
Per il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli i cugini Di Guida erano dei piccoli imprenditori. Hanno di fatto gestito delle somme di denaro per conto del clan Polverino e per loro è scattato il reato di riciclaggio con l’aggravante del favoreggiamento camorristico. Diviene a questo punto spontanea la domanda: ma nell’investimento ad Ischia alla via Fasolara, oltre al Cesaro, ci sono altri esponenti della cosiddetta malavita organizzata? Anche perché la stessa magistratura osserva: «Contestualmente è stata data esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo nei confronti degli indagati avente ad oggetto partecipazioni societarie e rapporti finanziari per un valore stimato di circa 70 milioni di euro».
Nell’elenco delle società monitorate e comunque sottoposte al sequestro, non compare la società “Aragonese srl”. E un motivo c’è, secondo quanto si apprende da ambienti investigativi. Quella operazione alla via Fasolara è stata realizzata diversi anni fa e si è conclusa con la dismissione di gran parte dei beni, che sono stati venduti. E su questa opera c’è stato anche un contenzioso alquanto aspro in sede civile con gli altri residenti della zona, provocando gli interventi anche delle forze dell’ordine. In particolare per quanto riguarda il rifornimento idrico e di energia elettrica. Contratto che si sarebbe stipulato durante la realizzazione dell’opera e quindi per dare man forte all’impresa nella realizzazione. E di questo affare il Di Guida ne parla, chiamando in causa Raffaele Cesaro. E secondo i ben informati, riuscendo ad ottenere dei percorsi più agevolati e scegliendo con oculatezza e soprattutto attenzione politica i professionisti che hanno diretto i lavori e realizzato il progetto. In modo da avere la massima “copertura”.
DI GUIDA INTERCETTATO
La Direzione distrettuale antimafia ha piazzato una serie di “cimici”. Ed il 30 giugno del 2015 viene intercettato proprio Antonio Di Guida che parla con un certo Emilio Prisco, che a quanto pare aveva degli interessi in questo mondo frastagliato e ricco di pericoli, nonché di trabocchetti che avrebbero potuto provocare grane anche giudiziarie. I due parlano a lungo, soprattutto di affari, di quelli andati in porto e quelli non ancora conclusi e soprattutto dei soci con i quali si erano impegnati in investimenti alquanto importanti. Antonio Di Guida non si accorge che nel suo ufficio c’è un microfono che consente ai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale di ascoltare tutto quanto si dicesse, anche le cose più riservate e che non si confessano neanche dopo diverse ore di interrogatorio.
«Interlocutori:
Di Guida Antonio;
Prisco Emilio.
Ore 18:47:18 inizio trascrizione integrale
Di Guida Antonio: l’altro giorno stavo con Mario Sansone… “a va bene con Raffaele Cesaro sei amico questo e quell’altro”… dissi…dissi ho fatto anche una cosa con Raffaele Cesaro… “tu hai fatto Villa dei Gerani?”… no forse non è chiaro cioè Villa dei Gerani… con Raffaele ho fatto solo un’operazione… l’ho fatta ad Ischia… società Aragonese eravamo soci io e Raffaele Cesaro al cinquanta percento… l’unica cosa che ho fatto in società… qualcun’altro dice che il PIP è mio insieme ai Cesaro…
Prisco Emilio: no questo non l’ho mai sentito
Di Guida Antonio: eh… te lo dico io… ti dico pure questo… cioè per dirti… allora la gente… è ovvio perché la gente non tiene quello che dice… dice Emilio… per niente qualcuno dice che tu sei il ragazzo mio… sei la testa di legno mia perché i condomini sono i miei quelli che ti ho dato a te… cioè tutto questo
(abbassano il tono della voce fino a bisbigliare ndr)
Di Guida Antonio: vabbuò tanto quelli lo sanno
Prisco Emilio:si Antò sanno tutte cose Antò… tutto…
Di Guida Antonio:… inc… già le ho guardate…
Prisco Emilio:… inc…
Di Guida Antonio:… non ci sta niente… me lo ha detto proprio CESA… inc…
Prisco Emilio:… il freddo addosso… guarda qua… guarda…
Di Guida Antonio: che?
Prisco Emilio: tengo il freddo addosso… a me dai…».
Antonio Di Guida viene segnalato dai magistrati per aver avuto un rapporto anche con tale Angelo Simeoli, alias “bastone”, il quale è sottoposto a un procedimento per associazione camorristica per aver fatto parte del clan Polverino. Lo stesso Di Guida sarebbe stato socio di maggioranza e comunque amministratore delle società “Ginevra srl”, “Parco Emmanuele”, “Edilsud”, “Immobiliare Flaure”, “Vasad Immobiliare”, “Miramar srl” e tante altre che si riferiscono ad anni addietro. Una costellazione di imprese che si aprivano e si chiudevano a seconda delle conclusioni delle operazioni finanziarie.
Nel servizio che pubblichiamo in queste stesse pagine, raccontiamo gli aspetti politici di questa stessa vicenda. Allorquando chiamato il De Siano per alcune questioni legate ai rapporti con gli stessi Cesaro o con esponenti politici locali che si dimostravano poco attenti alla disciplina di partito. O come venivano rastrellati i voti per consentire di ottenere quelle preferenze necessarie per sconfiggere l’avversario politico. E di questo ne parla ampiamente un importante collaboratore di giustizia.