«La concomitanza di un ordine di demolizione del giudice penale non attenua l’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale»
Gaetano Di Meglio | L’iniziativa regionale, quella che abbiamo illustrato nella pagina affianco, si va a posizionare in linea con quella che è una delle più recenti sentenze del TAR Campania che, con una pronuncia della Seconda Sezione accogliendo le tesi difensive dell’avvocato Bruno Molinaro su una demolizione in un comune del napoletano, chiarisce un aspetto importante.
Secondo i giudici amministrativi, infatti, “la concomitanza nella specie di un ordine di demolizione del giudice penale non attenua l’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale sui criteri di assegnazione degli immobili acquisiti”.
Ma leggiamo insieme, tra l’altro, cosa scrivono i giudici accogliendo le tesi di Molinaro e condannando il comune di Giugliano al pagamento delle spese e del contributo unificato.
«Invero – si legge nella sentenza dello scorso 4 luglio -, come ha avuto modo di precisare la più avveduta giurisprudenza con orientamento condiviso dal Collegio, “va osservato che il più volte menzionato comma 65 (dell’art. 1 della legge regionale n. 5/2013, ndr.) – riportato per completezza (“Per favorire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 7 della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19, gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’ assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare. In tal caso il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in euro per metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’ acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi” ) – prevede quindi da un lato che gli immobili acquisiti al patrimonio comunale possono (non necessariamente debbono, ma possono, inteso come facoltà discrezionale) essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale etc; dall’altro lato, prevede che i Comuni stabiliscano (debbono quindi stabilire in ogni caso, nel senso che ne sussiste il dovere), entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi. Conseguentemente, se è vero che non sussiste, come rileva il Comune, nessun obbligo per il Comune di destinare effettivamente gli immobili acquisiti, sempre e comunque ad alloggi popolari, ma solo la facoltà discrezionale, da valutare di momento in momento, sussiste tuttavia, fin da subito, il dovere di adottare i criteri per l’assegnazione degli immobili in questione, entro il termine previsto dalla legge regionale, sicché il dovere del Comune di adottare tali criteri di priorità (cioè di darsi delle regole al riguardo) sussiste indipendentemente dalla eventualità o facoltà discrezionale di effettuare successivamente tali scelte, con conseguente obbligo di provvedere». E qui il tribunale è serio e tiene fuori le scelte politiche o di opportunità che potrebbero rendere la legge ad uso e costumo di tizio e di caio.
«Infatti, per giurisprudenza costante – continua il Tribunale – il silenzio può essere attivato in caso di sussistenza dell’obbligo di provvedere della pubblica amministrazione (tra varie, ex plurimis, tra varie da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2545) quando questa, compulsata dall’istanza di un privato, non concluda il procedimento amministrativo entro il termine astrattamente previsto per il procedimento e contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere e quindi, in origine, di procedere. Tale dovere sussiste certamente nei casi previsti, come quello esaminato, in modo espresso dalla legge, oltre che nelle ipotesi che discendono da principi generali e che impongono l’adozione di un provvedimento (sentenza Cons. Stato su citata).” (così Cons. Stato, VI, 15.12.2014, n. 6155)».
VOLONTA’ DELL’AMMINISTRAZIONE
«Inoltre, la concomitanza nella specie di un ordine di demolizione del giudice penale non attenua l’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale sui criteri di assegnazione degli immobili acquisiti». E’ questo il passaggio interessante che anticipavamo all’inizio. Una eventuale RESA non rende vano la scelta, in un eventuale caso ischitano, del consiglio comunale!
«Infatti, l’acquisizione gratuita del manufatto abusivo al patrimonio comunale, se non è incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale con la sentenza di condanna e con la successiva esecuzione da parte del pubblico ministero (a spese del condannato), diviene sicuramente incompatibile nel caso in cui l’ente locale stabilisca, con propria delibera, l’esistenza di interessi pubblici (tra cui anche l’housing sociale) al mantenimento delle opere abusive prevalenti rispetto all’esigenza di ripristino dell’assetto urbanistico violato (orientamento consolidato, cfr. per tutte Cass. Pen., III, 17.2.2016, n. 9864, e 7.7.2015, n. 42698).
Pertanto, è evidente che, finché l’immobile acquisito non sia stato demolito (anche in esecuzione della sentenza penale), è ben possibile che l’amministrazione comunale manifesti la volontà di conservare il bene nell’ottica del perseguimento di prevalenti interessi pubblici, con conseguente attualità dell’interesse dei privati a conoscere sin da subito i criteri di assegnazione in questione, non essendo scontato l’epilogo in senso demolitorio della vicenda abusiva (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VI, 16.3.2016, n. 1434).»