Nuova stangata della Corte dei Conti sui “rimborsi facili” dei consiglieri regionali. Con due sentenze depositate negli ultimi giorni, la magistratura contabile bacchetta i gruppi Pdl e dell’Idv, delle precedenti consiliature, per l’uso disinvolto dei fondi destinati al funzionamento dei gruppi consiliari, che andavano rendicontati rigorosamente, trattandosi di finanziamenti pubblici vincolati e non a fondo perduto o a titolo personale. Cosa, però, non sempre verificatasi, visto che in molti casi ci si accontentava dell’autocertificazione.
Da tempo, ormai, i giudici di via Piedigrotta hanno acceso i riflettori su questi capitoli del bilancio del consiglio regionale, richiamando i capigruppo ad un uso più oculato delle risorse e vincolando i rimborsi all’effettiva presentazione degli scontrini per le relative spese. Diversi i fascicoli aperti dai pm Ferruccio Capalbo, Chiara Vetro, Pierpaolo Grasso che hanno portato a sentenze di condanna per i gruppi consiliari della consiliatura 2010-2015.
Lo scorso anno erano arrivate le condanne per danno erariale per i gruppi Udeur, Libertà e Autonomia – Noi Sud. Ma nel calderone ci sono finiti anche i gruppi Pd e nelle scorse settimane l’Idv e il Pdl. I giudici hanno più volte censurato «l’assoluta mancanza di documenti giustificativi delle spese che potessero comprovare l’effettivo utilizzo delle somme per le finalità relative al funzionamento del Gruppo consiliare».
Nella sentenza depositata il 25 agosto, firmata dal presidente della Sezione Giurisdizionale, Michael Sciascia, e da Nicola Ruggiero, consigliere estensore, ad esempio, sono stati condannati per rimborsi non debitamente rendicontati gli ex consiglieri Idv Anita Sala (24.881,26 euro), Dario Barbirotti (14.212,86 euro), Nicola Marrazzo (43.284,26 euro), Eduardo Giordano (37.404,49 euro, a titolo di responsabilità principale per le somme individualmente percepite, e 22.242,16 euro, a titolo di responsabilità sussidiaria per le somme percepite dagli altri consiglieri).
Nell’ultima sentenza di condanna del gruppo Pdl del 18 settembre, invece, i magistrati contabili precisano che «le spese per bar, ristoranti, pizzerie non possono ritenersi legittimamente sostenute laddove manchi uno stretto legame con i fini istituzionali dell’ente». E ribadiscono che anche le ricevute vanno dettagliatamente circostanziate per essere valide. Secondo i giudici, che richiamano una sentenza della Corte dei Conti della Lombardia, gli incontri pubblici degli esponenti politici andrebbero tenuti in sedi istituzionali e private, non in ristorante e a carico dell’amministrazione.
Sulla questione anche la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti ha chiesto negli scorsi mesi un cambio di passo ai consiglieri.
(ilmattino.it)