domenica, Marzo 16, 2025

Crolla la facciata simbolo del terremoto, svelando il mistero

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Ida Trofa | E’ crollata a ridosso di Piazza Majo l’altra metà della facciata di Casa Carcaterra, simbolo del terremoto del 21 agosto 2017. Simbolo di un’edilizia borbonica: la baracca beneventana che tante vite ha salvato la scorsa estate, nonostante il negazionismo e gli sterili preconcetti di un certo pensiero condiviso. Tranquilli nessun rischio, la casa affaccia su una corte interna, ed il suo scheletro ligneo è ben saldo al suo posto. Le sue immagini scattate all’indomani del sisma hanno fatto il giro del mondo, simbolo di un sistema costruttivo antico che, molti ignari, hanno bollato come scadente. Quella casa resta in piedi, perde pezzi ma non molla, forte e maestosa nella sua ossatura lignea.

Le piogge e gli agenti atmosferici di queste ore non hanno lasciato scampo alle vecchie murature già compromesse dall’evento sismico. Resta forte e maestosa l’intelaiatura, a mostrare tutta la bontà e il valore di certe tecniche costruttive. Questo edifico, come molti altri a Casamicciola Terme, mettono in evidenza, in via inconfutabile, la sostenibilità delle strutture intelaiate, il grande valore della muratura baraccata “alla beneventana”.

Una tecnica introdotta dai Borbone e abolita dai Sabaudi. In particolare si tratta delle cosiddette “case baraccate”, nate nel Regno delle Due Sicilie dopo i devastanti eventi di fine ‘700 che hanno colpito Calabria e Sicilia, benché tracce di tali sistemi risalgano già al 1627. Il terremoto del 1783 provocò tra le 30 e le 50 mila vittime nelle varie province e l’allora governo Borbonico emanò le “Istruzioni Reali” (20 marzo 1784) che suggerivano la forma delle città, la regolarità della dislocazione degli edifici, la larghezza delle strade e indicavano precise regole per le strutture degli edifici. Sfortunatamente, noi, di quelle regole, abbiamo preso ed ereditato solo pochi esempi. L’efficacia di tali sistemi costruttivi sembra oggi poter essere ripresa ed implementata. Infatti recenti studi, condotti da vari gruppi di ricerca, tra cui quelli del prof. arch. Nicola Ruggieri presso l’Università della Calabria, tendono a dimostrare l’efficacia di tale sistema nell’attuale contesto ingegneristico. Attingendo alle pubblicazioni dello studioso si apprende che questa tipologia costruttiva conosciuta come “muratura alla beneventana”, presente anche in zone come il Pakistan ed in particolare “Il sistema antisismico borbonico, costituito da muratura rinforzata da una rete di elementi lignei. L’invenzione è dell’ingegnere La Vega. Il sistema borbonico si sviluppa durante la ricostruzione in varie versioni caratterizzate dalla presenza di telai di legno diversamente apparecchiati e con differenti dimensioni delle membrature componenti.” La valenza di questo sistema, risiede nel potenziale utilizzo della tecnologia del legno come sistema di retrofit per le strutture esistenti in muratura. In tale contesto potrebbe risultare difficoltoso raccordare la struttura mista legno-muratura con i principi normativi attuali. Ma una lettura rigida della normativa rischia di far trascurare la lezione del nostro antenato La Vega, che a ben vedere varrebbe la pena invece recuperare operativamente. La nostra esperienza insegna. O almeno potrebbe farlo dopo le tante umiliazioni subite e le pretestuose accuse mosseci da più parti per un patrimonio edilizio ritenuto scadente ed inappropriato. Non solo tecniche e materiali moderni. Per la messa in sicurezza antisismica si può guardare anche al passato. Ad esempio, lo ripetiamo, al regolamento antisismico europeo del 1785, adottato nel regno di Ferdinando IV di Borbone, dopo il sisma del 1783 che distrusse intere città tra Sicilia e Calabria e causò circa 50mila vittime. La ricostruzione avvenne in pochi anni, facendo ricorso a maestranze e materiali locali. Alcune città, completamente spazzate via dal sisma, vennero rilocalizzate in aree più sicure, mentre altre furono ricostruite nello stesso luogo. Si utilizzò un sistema nuovo, il nostro sistema beneventano, in grado di scongiurare il collasso strutturale in caso di sisma e di limitare i danni a persone e cose. Le “nuove” regole costruttive prevedevano sezioni stradali pari a 10-13 metri per le strade principali e 6-8 metri per quelle secondarie. Le città dovevano inoltre essere dotate di piazze maggiori per i mercati e piazze minori. Numero e dimensioni delle piazze dovevano essere calcolate in base al numero della popolazione ed essere pensate per fungere anche da rifugio in caso di emergenza.

La vera innovazione apportata dagli ingegneri dell’epoca fu l’inserimento di una struttura tridimensionale in materiale ligneo nelle murature in materiale lapideo. Nacque così la “casa baraccata”, in cui il legno rappresenta un’armatura interna in grado di resistere alle sollecitazioni sismiche. L’idea nacque studiando altri esempi di costruzioni, realizzate nell’area mediterranea, che avevano resistito ai terremoti.

Il CNR nel 2013, al convegno H.Ea.R.T, ha dimostrato che il sistema costruttivo della casa baraccata può resistere a terremoti di una certa rilevanza. Dopo una serie di test su di un modello ricostruito è stato decretato che questa tecnologia, con dettagli costruttivi moderni e fatti i dovuti approfondimenti, può essere applicata alle nuove costruzioni.

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