Secondo gli inquirenti “gli apparecchi illeciti, in sostanza, si differenziavano unicamente per accettare gettoni al posto di monete e, da una parte non venivano in alcun modo garantite le probabilità di vincita fissate esplicitamente dalle norme di settore, dall’altra non vi era alcun collegamento con la rete telematica dello Stato”.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Torino, si è concentrata sugli apparecchi sviluppati da una società con sede in provincia di Reggio Calabria e, di fatto, amministrata da una persona con precedenti penali anche in materia di gioco d’azzardo. Le video slot, essendo prive di collegamento alla rete telematica nazionale, evadevano completamente le imposte.
(ITALPRESS).
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