Bruno Molinaro | Se per fatto storico si intende l’immagine che il senso comune ha della storia quale coacervo di fatti “fondamentali” che formano la sua spina dorsale e segnano la memoria collettiva, questo è senza dubbio un fatto storico, che non ha precedenti nella giurisprudenza italiana.
Non è mai accaduto, infatti, che, prima d’oggi, un comune abbia dato corpo ad un progetto virtuoso dichiarando il pubblico interesse alla acquisizione di un immobile abusivo (ma al tempo stesso agibile e non in contrasto con “rilevanti interessi urbanistici, ambientali e di rispetto dell’assetto idrogeologico”) per trasformarlo in una scuola della infanzia.
È un fatto storico anche perché, di recente, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 140 del 2018 in materia di “social housing”, ha stabilito che “l’esito normale” della acquisizione di un immobile abusivo è la demolizione e solo in via eccezionale la sua conservazione all’interno del patrimonio dell’Ente.
Cos’altro aggiungere?
Va dato atto innanzitutto al S. Procuratore Generale Giovanni Cilenti di aver dato prova di grande “sensibilità istituzionale” nel pieno rispetto del principio di legalità e di aver, prim’ancora, esaminato con scrupolo, competenza e professionalità il nostro incidente di esecuzione e l’allegata documentazione, pervenendo evidentemente alla conclusione che, nella specie, le intenzioni erano serie e l’interesse pubblico non poteva affatto definirsi ”di facciata”, anche alla luce della circostanza che il comune di Casamicciola Terme è stato gravemente colpito dal terremoto del 21 agosto 2017 ed è ancora oggi bisognoso di interventi urgenti a sostegno dell’edilizia scolastica che – come tutti sanno – è stata messa a dura prova dalle conseguenze del sisma.
Va, inoltre, dato atto al Sindaco Castagna di aver operato con grande determinazione, facendosi in quattro, per il raggiungimento dell’obiettivo comune e alla sua macchina amministrativa di aver, in poche ore, messo in campo uno sforzo immane per effettuare sopralluoghi urgenti e raccogliere tutta la documentazione necessaria al fine di fornire tempestiva risposta ai perentori quesiti formulati dall’Ufficio di Procura.
Va dato atto, infine, all’Autorità scolastica nella persona fisica della Dirigente dell’Istituto Comprensivo Statale E. Ibsen, Prof.ssa Giovanna Battista Costigliola, di aver fornito, in un batter d’occhio, un contributo decisivo al successo della iniziativa.
Come avvocato e, soprattutto, come isolano sono, in definitiva, particolarmente soddisfatto e, comunque, fiducioso nel buon esito del ricorso, sul quale, indipendentemente dalle determinazioni assunte nell’immediato dalla Procura Generale, dovrà pur sempre pronunciarsi tra alcuni mesi la Corte di Appello quale Giudice della Esecuzione.
Voglio, infine, ricordare, per rendere bene il concetto di come talune sinergie istituzionali possano talvolta condurre a risultati di grande rilievo nel pubblico interesse, lenendo in qualche modo le sofferenze dei singoli e della comunità alla quale appartengono, una importante sentenza del Consiglio di Stato, la n. 1770 del 13 aprile 2017 della Sezione IV, la quale definisce l’acquisizione conservativa come “strumento sostanziale di redenzione della colpa”, così spiegandone le ragioni.
“L’art. 31, comma 5, a chiusura di un articolato sistema sanzionatorio suscettibile di operare a fronte di edificazioni non legittime e non altrimenti recuperabili alla legittimità a favore dei privati – offre palesemente una via di uscita (consentendo, di fatto, alla mano pubblica ciò che non è permesso alla parte privata) rispetto alla soluzione finale della demolizione dell’edificazione abusiva, permettendo che – questa volta in mano pubblica – l’edificazione non legittima resti pur sempre in situ.
La norma, perché il vantaggio (unilaterale, in quanto possibile solo alla mano pubblica) si determini effettivamente, pone dei requisiti destinati a fungere da presupposto all’evento (sussistenza di prevalenti interessi pubblici; mancanza di contrasto dell’edificazione, pur sempre abusiva, con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico).
Della ricorrenza di questi presupposti arbitro è l’ente locale (giacchè è lo stesso ad auto individuarli), ma per l’eventualità di errori od indulgenze al privato controinteressato resta in ogni caso la residua difesa di poterne dimostrare l’insussistenza.
In un ordinamento nel quale la non consumazione del territorio, specie mediante edificazioni non legittime, costituisse valore assoluto, o, quanto meno, di grado sufficientemente elevato, quella norma non avrebbe motivo di essere, posto che allora la reintegrazione del territorio – mediante eliminazione di quanto l’ha non correttamente consumato – dovrebbe da esso essere pretesa senza eccezioni per alcuno.
Non così nel nostro, all’evidenza, dove invece quella norma funge da strumento di sostanziale redenzione della colpa (costituita dall’avvenuta edificazione non legittima), con l’unica attenuante data dal fatto che il perdono (a livello sostanziale ed oggettivo) non si risolva in vantaggio del singolo, autore della colpa, bensì dell’intera collettività.
Per l’effetto, l’integrità del territorio leso non risulta comunque ricostituita.
Di contro, delle risultanze della lesione (l’edificazione non legittima) gode un’intera comunità.
La norma può essere giudicata diversamente, a seconda dei punti di vista.
Essa tuttavia è sufficientemente chiara nel suo dettato e nella sua portata, e, per di più, è frutto di un’opzione legislativa (invero, detto incidentalmente, l’art. 31 del predetto T.U. – che è un corpo normativo misto, ossia formato da disposizioni, che si dividono il campo, di rango diverso – è di natura primaria)”.
La “redenzione della colpa” può essere la svolta decisiva per porre un freno al grave disagio sociale prodotto dal dramma delle demolizioni a macchia di leopardo?
Ritengo sia giunta l’ora di affrontare il tema senza ipocrisia e al netto di deleteri ideologismi perché, dopo anni di illegalità diffusa e tolleranze ingiustificate, il tempo è ormai scaduto e la sofferenza è davvero tanta.