Ida Trofa | Con la delocalizzazione provvisoria va in scena l’ennesima meschinità, lo schiaffo al terremoto di Ischia tra incontri carbonari e finte assise pubbliche indette solo dopo essere stai colti con le mani nella marmellata. Una recita studiata per indorare la pillola.
Il 22 ottobre è emersa tutta la verità dell’ennesima porcata istituzionale. Le decisioni più sostanziose e sostanziali sono già state assunte, ma il 27 ottobre, quando i giochi sono fatti, si rivedranno tutti, al municipio, per fingere di condividere l’affare sismico del momento: la delocalizzazione temporanea.
Alla riunione dovrebbero essere invitati soltanto i titolari delle imprese esercenti, alla data del sisma, le attività produttive in edifici, detenuti a qualsiasi titolo, risultati danneggiati, inagibili o distrutti e per i quali sia stata emessa ordinanza di sgombero a seguito di verifica di agibilità tramite schede Aedes.
Come al solito, invece, erano stati proprio questi (quelli che avevano perso tutto) ad essere tenuti allo scuro del grosso.
Per il sisma e le attività produttive tra summit e bozze delle bozze di “delocalizzazione politica” emerge chiaro come la procedura Schilardi sia intempestiva e rechi danni a chi è stato costretto ad attendere tre anni. La delocalizzazione temporanea è l’ultima invenzione di chi, con il sisma, vuole fare affari. Una strategia per ripagare l’appoggio della solita “zona raccomandati”. E vi possiamo dare anche i nomi.
Paghiamo anche i comitati e le Onlus
In questo provvedimento, in questa bozza vergognosa, c’è tutto tranne quel che serve. Bisogna leggere quel che non c’è scritto per capire l’ennesimo schiaffo ai terremotati. Fondi per amici e parenti, i comitati e le Onlus, qualcosa puzza in quest’accordo preconfezionato per soliti noti e la “Zona Raccomandati” del sisma.
Fondi anche per fantomatici comitati, onlus, studi, CAF, agenzie. Intelligenti pauca…
Ma non siamo solo dinanzi ad un invito allo spopolamento e la bagna cauda per chi si è sistemato e ora vuole pagarsi le spese con i soldi dei terremotati. Siamo dinanzi alla manovra di chi vuole prendersi i soldi, sempre. Per chi si è sistemato e non disdegna di avere altri soldi eventualmente per la ricostruzione al vecchio posto. Le modifiche comunali al provvedimento, con l’articolo 1bis la dicono lunga sull’ennesima “trastola” a danno dei terremotati che hanno, davvero, perso tutto (loro sono sol merce di scambio e di prova da politica).
Il gatto nel sacco: era già tutto previsto
Lo schema d’ordinanza di Schilardi, ha ad oggetto: “Criteri e modalità per il riconoscimento dei contributi per la delocalizzazione temporanea delle attività economiche danneggiate a seguito degli eventi sismici dell’Isola di Ischia del 21 agosto 2017”. Una bozza di 6 pagine e 7 articoli in breve trasformata dai politici casamicciolesi in una variante alla bozza copia incolla dal Centro Italia di 10 pagine, 7 articoli e 3 articoli bis (1 bis-6bis) oltre a un comma bis (art 1 comma 1 bis). Ovviamente dove fa comodo, per il resto è il solito stile ipocrita locale di soggetti dediti all’abuso ed alla sperequazione. Tutte le integrazioni alla bozza, scrivono, mentendo, gli inquilini del Capricho, hanno ripreso le disposizioni emanate per il Centro Italia nella ordinanza commissariale n. 9 del 14 dicembre 2016 e nelle successive modifiche apportate. A testimonianza, ove mai ve ne fosse bisogno, che il provvedimento è tardivo, “copia“ malamente una realtà diversa dove si è agito consequenzialmente e per gradi: il terremoto c’è stato nel 2016 e hanno fatto previsioni di delocalizzazione nel 2016. Ischia, invece, ha subito il terremoto nel 2017 e questi propongono la delocalizzazione ad personam nel 2020. Amministratori del sisma da denuncia alla procura e alla corte dei conti, altro che!
La bozza per la delocalizzazione temporanea delle attività è intempestiva e reca danni a chi è stato costretto ad attendere 3 anni
Poteva essere una buona ordinanza, se partorita per tempo, con ordine è correttezza. Ora è solo intempestiva. Qualche dubbio che potrebbe essere rapidamente fugato. Come ad esempio se, con questa ordinanza e in questo spostamento temporaneo dell’attività, viene liquidato l’eventuale fitto che uno paga, tutte le altre spese sembra ci siano tutte. Se pagano anche dopo la stessa azienda (quindi finanziata due volte) per ricostruire e fare impresa dov’era.
Non è dato sapere quanti locali o immobili esistono sull’isola che siano totalmente conformi alla normativa urbanistica come recita la bozza di Schilardi e questo sembra uno dei parametri imprescindibili per chi deve trovare locali temporanei per svolgere l’attività economica. Per questo bisognerebbe capire se è fatta per far vedere che è stato fatto qualcosa nella consapevolezza che nulla si muoverà lo stesso in termini di ricostruzione, oppure se ci sono casi fattibili. Il provvedimento, in bozza o senza bozza, resta fuori tempo massimo. Tutto ciò poteva essere fatto anche subito nel 2017.
Le modifiche e le integrazioni alla bozza premia l’abusivismo
Le modifiche alla bozza Schilardi sul falso della delocalizzazione temporanea smaschera le manovre locali. I manovrini della modifica all’ordine a vogliono far passare il contributo della delocalizzazione temporanea anche su immobili oggetti di condono e non legittimi. Sembra una presa per i fondelli. A questo punto ci chiediamo perché chi vuole ricostruire per fare impresa e vivere dov’era, è costretto a portare a definizione la domanda di condono per accedere al contributo. Non è abusivo il nuovo stabile come lo era quello vecchio danneggiato dal sisma? Allora contributo per contributo, perché non finanziare chi è già in zona verde? Non favorire la ripresa del paese e dei borghi veramente colpiti? E a chi è ancora in “zona rossa “trova ancora più applicazione la diffida presentata da molti residenti avverso il commissario che ancora tiene ostaggio questi luoghi del perimetro della vergogna, quello che priva la gente di ogni diritto mentre gli altri, complici di una brutta politica, continuano a beneficiare di norme ad hoc e di favori.
La cosa più sensata sembra la lettera “n” dell’articolo 4 comma 2 per le modalità di richiesta contributi.
L’articolo 5 comma 1 alla fine riportata due volte la stessa cosa, frutto probabilmente di un refuso.Mentre l’articolo 5 comma 2 sembra riportare la classica buffonata di chi cerca di mettere le mani sui soldi a tutti i costi oltre la legittimità. Passando dal rimorso mensile per l’attività ad un contributo una tantum da calcolare attraverso un fumoso passaggio fatto di se e di ma.
Infine l’articolo 6 “rivisto”. Ecco il tipico frutto della mentalità dell’opportunismo becero del tipo: “siccome noi tenteremo di fotterti caro Commissario, ci dovrai controllare, ma siccome non lo farai, caro commissario noi ti fotteremo.”
E tutto ciò, francamente, pensiamo non possa essere accettato soprattutto perché il commissario non si andrà mai a mettere in questi controlli. Lui, normalmente fugge, ma se lo farà allora è come pensiamo. Qualora dovesse passare il concetto contributo anche per immobiliari sottoposti a condono da prendere per la delocalizzazione, questo sarebbe gravissimo testimone dell’abuso verso la “zona rossa”.
A questo punto sorgono molte domande.
A questo punto non ci dovevamo proprio arrivare, c’è gente che ha rispettato tutte le leggi, atteso una messa in sicurezza che non arriva mai e ora rischia di aver perso tre anni per niente. Tre anni in cui ha combattuto e lottato per resistere e tornare a lavorare e vivere lì. E la politica invece li punisce ancora.