Gaetano Di Meglio | Quando nella vita di un adulto, arriva la parola “Vasusuprina” allora cambia un po’ la prospettiva. La prima volta che ho fatto i conti con un parto pretermine è stato 14 anni fa. Allora la “la Giornata Mondiale dei Prematuri” non era stata ancora istituita, ma si nasceva lo stesso. Anche prima delle 36 settimane.Ma poi, col tempo, ho imparato a fare i conti con il pretermine in una sorta di corso di perfezionamento costante. Piano piano il livello è diventato sempre più elevato.Il primo è stato Domenico. 33 settimane nel 2006, ma la corsa l’avevamo iniziata alla 29esima settimana. Una corsa, forsennata per frenare il parto. Si, perché, quando è possibile l’unica cosa che puoi fare, in questo caso, è frenare.
Limitare i danni e aspettare che quel bimbo decida di nascere più avanti. Più in là. Ma non è sempre così.E così, tra una flebo di Vasosuprina e altri farmaci arrivi a 33 settimane. E allora si aprono le porte di un mondo sconosciuto ai più. Forse qualcuno, oggi, ne può avere un po’ idea guardando i servizi delle terapie intensive. Entri (al massimo per un’ora al giorno), lavi le mani, ti vesti da capo a piedi, indossi i copri scarpa e accedi in un “salotto” di incubatrici. Ti guardi attorno e, da papà, fai il conto dei grammi mentre un “tic tic” costante di suggerisce di rallentare il battito del cuore e di provare a seguirlo. E’ stata questa la mia prima esperienza con la TIN e con i prematuri. Da papà.
Passa il tempo e, allora, le difficoltà aumentano in questo meraviglioso videogioco che è la vita. Vi ricordate? Proprio come quelli di quando andavamo al Turbo Play…Appunto, passa il tempo e arriva Enzo. Piccolo piccolo, solo 1.180gr che inizia la sua carriera da “vandalo del mio cuore” a 29 settimane. Qualche difficoltà di troppo nel parto, qualche difficoltà di troppo nel rodaggio della vita. Tanta paura e preghiere a pacchi interi in confezione famiglia. Ed è questa sensazione, unica, che poi condividi con tutti quelli del club dei prematuri. Le esperienze sono uguali. E’ una questione di grammi. Di latte congelato, di peso perso e di peso recuperato. Di grammi che cambiano tutta la vita. E’ stata questa la mia seconda esperienza con la TIN e con i prematuri. Da zio.
Ma il tempo passa, la vita continua. E i prematuri diventeranno grandi e, con loro, avranno sempre quella marcia, meravigliosa, in più. Dopo il secondo livello, come tutti sappiamo, si arriva il terzo. E con questo livello, vi vorrei raccontare la storia di un piccolo, piccolo, guerriero, si chiama Andrea Maria De La Cruz.Andrea Maria nasce il 21 marzo 2020 a 24 settimane. Un parto quasi impossibile. Quando si aprono le porte della sala parto dell’ospedale Rizzoli siamo in pieno covid. Quando la paura collettiva era altissima e quando i reparti e gli ospedali erano non solo chiusi e in preda ad una crisi di panico nazionale che iniziava a diventare planetaria.
Andrea nasce al Rizzoli e prende, da solo, il volo verso l’Unità Operatoria Complessa di Terapia Intensiva Neonatale con Neonatologia dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “A. Cardarelli”.Solo, come quasi tutti i prematuri, Andrea viene accolto dalla Dr.ssa Gabriella De Luca e da tutto il suo staff. Andrea, alla nascita pesava 770 gr, dopo qualche giorno, dopo il calo fisiologico era arrivato fino a quasi 500 gr. E’ qui, a 500 grammi, che capisci quanto sia importante un grammo di vita. E capisci, anche, quanto è un grammo di vita. Perché sai che 501 è più grande 500.Ma è questa la vita dei prematuri. Così Andrea, così Enzo, così Domenico e così tutti gli altri bimbi prematuri del mondo. Secondo l’OMS 15 milioni di neonati nel pianeta. Quasi 100 bambini al giorno.Per raccontarvi la storia di Andrea Maria, però, sarò un po’ scorretto e vi racconterò le date con cui Andrea è arrivato tra le braccia di mamma Sara.Andrea nasce il 21 marzo ma mamma Sara lo riesce a vedere, dal vivo, per la prima volta, solo il 13 maggio. 53 giorni di lontananza e solitudine. 53 lunghi giorni contando i grammi e aspettando che, forse, arrivi una foto dall’ospedale.
Ma Andrea è ancora piccolo. Il primo abbraccio, mamma e figlio se lo danno il 19 giugno. 90 giorni dopo. Il 7 luglio 2020, 118 giorno, finalmente, Andrea torna a casa.E’ stata questa la mia terza esperienza con la TIN e con i prematuri. Da quasi nonno.Ma quella dei prematuri, però, sappiatelo, non è proprio una storia di bimbi fragili e delicati. Sì, noi adulti che abbiamo mani grandi e pesiamo un sacco chi chilogrammi facciamo il paragone e stiliamo le nostre classifiche mentali. La loro storia, invece, è un racconto di guerrieri che lottano con coraggio e forza. Una battaglia che viene portata avanti senza sapere niente. Al buio dei loro occhi non aperti e dei loro polmoni non formati. E’ una battaglia crudele e cruciale combattuta in una solitudine senza parole. Perché se vasosuprina è la prima parola che a certi adulti sconvolge la vita, la seconda è la marsupio terapia. Perché, i prematuri, che non sanno e non vedono, conoscono bene l’amore. A loro, i prematuri, basta poggiare il capo sul seno della mamma e tutto diventa calma. Tutto passa.
E il “tic tic” della tin si sincronizza con il battito del cuore.Vi svelo due segreti. Non potrò mai dimenticare il primo prematuro. L’ho atteso mentre dormivo tra le sedie della sala d’attesa dell’Ospedale Villa Betania. Tra un detenuto agli arresti domiciliari e un altro che chiedevano aiuto al Pronto Soccorso per un po’ d’aria. L’ho atteso dormendo in auto con mio suocero. Gli altri, invece, li ho vissuti attendendo una notifica WhatsApp ma per tutti e tre c’è una vittoria sicura. Quella che Davide racconta nel Salmo 8: “Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto una forza”.
IL GRANDE CUORE DELLO STAFF DEL CARDARELLI DI NAPOLI
Ma il miracolo di Andrea è stato reso possibile anche dall’ U.O. Struttura Complessa di terapia intensiva neonatale con neonatologia diretta dalla dottoressa Maria Gabriella De Luca che, per 90 giorni, hanno condiviso il peso, la paura e la preoccupazione di mamma Sara e papà Cristoper che per 58 non hanno visto il loro piccolo cucciolo. Oltre al cuore di medici specialisti hanno saputo dare il cuore, non oltre l’ostacolo ma di più. Superare con il cuore il vetro dell’incubatrice e avere a che fare con mezzochilo d’uomo è normale, quando il invece il cuore arriva oltre il Covid e oltre il mare e collega Napoli con Ischia, allora ti rendi conto che nel mondo dei prematuri c’è una magia in più! Con la dottoressa Maria Gabriella De Luca, eroi di questa storia, i dirigenti medici Damiano Floriana, De Angelis Filomena, Fiorino Anna Maria, Fratellanza Anna Grazia, Iervolino Claudio, Pallante Concetta, Riccitelli Marina, Sica Giovanni, Morelli Marinita, Parrella Claudia, Capalbo Daniela. La Coordinatrice Inf. Ped. Cassese Carmela e le infermiere Tin Altieri Maria, Bilancione Milva, Celentano Santa, Cercone Matilde, Cirillo Maria, Costagliola Paola, De Angelis Angela, De Leva Annamaria, Di Guida Rosanna, Di Micco Carmela, Falanga Gaia, Ferraiuolo Giuseppina, Frungillo Carmela, Gargiulo Vincenza, Giglio Caterina, Ivone Luigi, La Montagna Teresa, Legorano Annunziata, Maiolini Ida, Malinconico Cinzia, Mariniello Immacolata, Martini Anna, Mosca Paola, Orsini Irene, Pelliccia Amelia, Pennacchio Giovanna, Quagliero Addolorata, Salva to Antonia, Tarallo Maria Rosaria, Troise Roberta. E gli Operatori Sociosanitari Autore Alessia e Numa Miriam.