Gaetano Di Meglio | L’occasione è la serata di “Libri d’a mare” di ieri sera a Lacco Ameno. Un’occasione speciale per provare raccontare una delle “Regine” del nostro teatro, della nostra televisione e, perché no, della nostra cultura. Marisa Laurito non ha bisogno di presentazioni. Il volto solare, una voce riconoscibile tra mille, quella “r” un po’ sexy e tanti ricordi per quelli negli “anta”.
Marisa Laurito e Ischia. Quali sono i suoi ricordi?
“Beh,ricordi molto belli. Io non sono venuta molto spesso a Ischia, però quando vengo mi piace molto Sant’Angelo e,quindi, con il mio compagno andiamo lì. Ricordi anche di serate passate con amici, soprattutto in questo albergo che amo moltissimo io, ma anche Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo. Le serate passate col jazz… insomma, veramente avevamo un amico che purtroppo non c’è più, Gaetano Altieri… ho molti ricordi legati a Ischia anche se non è una delle mie mete non perché non la amo, ma perché lavoro molto anche d’estate ed è difficile per me mettere insieme tante cose.”
Facciamo un salto nel passato. Quel “Natale in Casa Cupiello” e quel III atto… che ricordi ci sono oggi? Immagino che rivederlo e risentirlo oggi, comprendendo che è diventato storia, sia emozionante…
“Quelle commedie di Eduardo per me valgono moltissimo, perché vale moltissimo tutto il periodo che io ho passato, in gioventù, con Eduardo. Io ho iniziato con lui la mia professione e non poteva iniziare meglio, Eduardo mi ha regalato disciplina e insegnamenti che un Maestro grande come lui sa dare a chi li sa apprendere. Entrare nel Teatro San Ferdinando all’epoca era come entrare in una chiesa, il silenzio doveva essere assoluto e l’impegno totale. Lui era esigentissimo soprattutto con se stesso e di conseguenza con gli altri. Io ho avuto un grande imprinting lavorando nella sua compagnia. Poi, naturalmente, ho fatto ruoli piccoli e ruoli un po’ più grandi, e poi da lì è decollata la mia carriera, ma gli devo moltissimo. E’ stato un insegnamento gigantesco che dava anche con il suo esempio. Lui lavorava tantissimo, poi mi ricordo al Teatro Eliseo a Roma c’era un luogo che si chiamava “le stanze dell’Eliseo” sopra dopo lo spettacolo noi attori andavamo a mangiare e qualche volta veniva anche Eduardo ed era meraviglioso passare con lui queste serate dove lui raccontava storie e continuava a recitare. Una sera spettacolare ricordo che ci recitò Totonno ‘e quagliar ella… io non ho mai visto fare un ubriaco meglio, ero incantata. Quando ero piccola, avrò avuto 8/9 anni, a me era vietato vedere le commedie di Eduardo perché ero troppo piccola, parlo delle prime commedie quelle con Luisa Conte, con la Bianchi… i miei genitori le vedevano e io mi avvolgevo in questa tenda che avevamo in salotto, davo la buonanotte a tutti e la guardavo da dietro la tenda. E’ stano che una bambina a 9 anni fosse interessata alle commedie di Eduardo, ma io già avevo deciso che volevo fare l’attrice.
Quando entrai nella compagnia di Eduardo, appunto per la disciplina che c’era, agli attori era vietato sostare in scena quando non era il proprio turno quindi bisognava scendere attraverso l’interfono due minuti prima per prepararsi ad entrare. Io, invece, di nascosto mi avvolgevo nel sipario perché io volevo vedere Eduardo tutte le sere recitare. Ho beccato due multe, solo due volte per il resto mi è andata bene.”
Proviamo a fare due salti. Come hai vissuto il Covid, con la chiusura dei teatri che si sono visti calare il sipario senza sapere quando rialzarlo?
“Io sono direttore del teatro Trianon e noi non ci siamo fermati un attimo. Grazie alla mia volontà di andare avanti, grazie ai soldi della Regione Campania, io ho prodotto in questo anno di chiusura, tre grandissime produzioni date alla RAI e 7 concerti di giovani. Io ho avvertito il Covid perché è stata una presenza mortale, ho avvertito questa aria di morte che aleggiava attorno a noi, anche perché ho perduto molte persone care, purtroppo, sia per il covid che no, ad esempio se ne è andato Gigi Proietti che era una colonna della mia esistenza, tanti altri che non si conoscono… è stato orribile e credo che sia stato orribile per tante persone. Abbiamo visto di tutto di più e spero davvero che sia tutto finito.
Per quello che riguarda il lavoro non ho avvertito quasi niente tranne che per il primo mese in cui siamo rimasti tutti chiusi in casa. Per il resto ho lavorato con tutte le difficoltà del caso, facendo fare tamponi a tutti, mettendo in sciurezza gli attori, e lavorando a porte chiuse. Questo è stato molto importante per gli attori e manovalanze perché i soldi che sono arrivati servivano proprio per far lavorare queste persone che erano a terra. Ho fatto cose molto belle e ciò mi è valso il premio del Mibact perché ci hanno riconosciuto, finalmente, come ente di produzione. Per la prima volta in 90 anni abbiamo avuto questo riconoscimento e io sono molto fiera di questo e devo ringraziare tutto lo staff che è stato accanto, i tecnici e tutti si sono resi conto che era molto importante anche per la cura dell’anima continuare a lavorare.”
Facciamo un passo nel passato. Parliamo di Bud Spencer e Terence Hill…
“Carlo Pedersoli è un mio carissimo amico con cui ho lavorato. E Carlo probabilmente mi ha anche salvatola vita. Io sono una pazza del volo, sono abbastanza squietata nella mia vita ad esempio faccio rafting e adoravo volare. Nel film “Pari e Dispari”, dovevo fare la suora irlandese a Miami. Con Carlo sono andata sempre d’accordo e quando dovevamo girare vi era un occhiolino che ci dovevamo scambiare dicendoci “ci vediamo nella roulotte di Carlo per studiare il copione” ma quello era il segnale che dovevo andare a cucinare perché Carlo nella sua roulotte aveva spaghetti, bacon, pomodori, qualunque cosa… il cestino bianco che davano faceva un po’ schifo e allora io andavo a cucinare, buttavo la pasta e mangiavamo qualunque cosa. E c’era questo profumino che si sentiva…. Quelli della troupe americana non osavano disturbarci e bussavano dopo un’ora per vedere se eravamo pronti, Sergio rispondeva che saremmo andati tra 5 minuti perché stavamo ancora ripetendo… ci siamo divertiti.
Una volta io avevo preso lezioni di deltaplano e quando sono arrivata alla città dell’Urbe per prendere lezioni mi accolse Carlo che aveva una serie di elicotteri. Mi chiese cosa stavo facendo e gli dissi che avevo preso lezioni di deltaplano da uno che lui conosceva. Mi invitò a pranzo e mangiammo tantissimo. Mentre io parlavo e mangiavamo, lui non faceva altro che illustrarmi le varie tipologie di morti che avrei potuto fare volando con il deltaplano, ma anche con dettagli… Ad esempio che potrei cadere nell’acqua o su alberi… beh, alla fine del pranzo dissi che non sarei più andata a fare lezioni.”
Torniamo al presente. Questo libro come nasce?
“Questo libro nasce da una mia amica che lavora in Rizzoli e mi chiese perché non avevo mai scritto un libro dato che la Rizzoli voleva una mia biografia. Io ho scritto racconti e ricette, ma non sapevo da che parte iniziare per una biografia. Ma lei mi disse una frase magica che per me funziona sempre “senza impegno puoi tentare”. Allora io ho cominciato a pensare come e da che parte iniziare. Insomma ho cominciato a scrivere pensando di non avere nulla da dire e nulla da raccontare e ho scritto 416pagine, tanto che quando ho mandato il libro alla Rizzoli loro mi chiamarono per l’elevato numero di pagine e io dissi di tagliare tutto (ride,ndr) invece no. E’ venuta una cosa carina. Ma in realtà io non ho scritto una biografia, ho parlato soprattutto degli altri, come sono abituata a fare sempre. Io non sono molto puntata su di me, sono puntata più sugli altri, sugli accadimenti, sulla storia che ha circondato e attraversato la mia vita, quindi degli eventi importanti anche storici, come il ’68, gli anni ’70 per me, il decadimento culturale dall’85 in poi… ho parlato delle persone importanti che hanno attraversato la mia vita e in ciò ho avuto fortuna, una fortuna che ho anche cercato. Io ho sempre seguito una regola, quella di puntare molto in alto e di avere incontri belli,importanti perché io dovevo crescere attraverso questi incontri. Anche quando produco uno spettacolo, prendo sempre chi è migliore di me, non prendo mai personaggi scadenti perché penso che la magia degli spettacoli arrivi dalla bravura del gruppo, non del singolo. Come molti invece fanno in teatro.
Io ho avuto incontri meravigliosi in teatro, nel cinema, ho lavorato con Banderas, con Arbore, Boncompagni, Gigi Proietti, Alain Delon, Gino Landi, Pippo Baudo, Celentano… non mi vengono in mente tutti ma sono nomi di grandissimi artisti che hanno sparso intorno a loro polvere d’oro magica e quindi mi piace pensare che un po’ di questa polvere è rimasta attaccata anche addosso a me perché questi incontri sono stati speciali.”
L’esperienza RAI, l’esperienza del grande pubblico?
“Quella è stata una esperienza inaspettata. Io provenivo dal teatro, ero un’attrice a tutto tondo non solo, ma gli attori in quell’epoca, negli anni ’70 quando sono nata nel teatro di Eduardo, avevano un po’ la puzza sotto al naso per quello che riguardava la televisione. Quindi io ho fatto una grande gavetta, 18 anni di gavetta, e quando sono arrivata da Arbore avevo già fatto ruoli da protagonista, come ad esempio ne “La Mazzetta”, ero protagonista al Bagaglino con Pingitore, un altro signore dello spettacolo. Quando Renzo mi chiamò per fare “Quelli della Notte” ero molto perplessa perché io dovevo fare un salto nel buio, non vi era ruolo, non si sapeva cosa fosse, era tutto improvvisato, io ero abituata ad andare a copione, era tutta una cosa strampalata mentre io avevo un ruolo importante all’interno del Bagaglino, io non so – ma veramente forse lo so perché io seguo la pancia, la passione – mi divertivo molto con Renzo, ci divertivamo molto cazzeggiavamo quotidianamente, amavo nel senso sempre amichevole Luciano e avevamo formato un gruppo che non si scioglieva, e accettai di fare quel salto nel buio tale per tutti noi. Non avremmo mai pensato che fosse un trionfo non solo per quegli anni, ma che “Quelli della notte” restasse nella storia un caposaldo nella storia della televisione. Seguendo la pancia è andata bene per tutti. Da lì è avvenuto quello che tutti sognerebbero e mi chiamavano per fare tante trasmissioni, come Marisa La Nuit un altro piccolo capolavoro.
Celentano, poi, mi lasciò un messaggio in segreteria a casa dicendomi: “Uè pagnottella ti voglio per il sabato sera, sono Adriano”. Io credevo fosse un imitatore e dissi a Renzo che mi aveva chiamato uno che era tale e quale a Celentano bisogna che ci conserviamo il numero perché è pazzesco, è proprio uguale…
E quindi non lo richiamai. Dopo una settimana che ero in giro in RAI un funzionario mi disse di richiamare Celentano che mi stava cercando da settimane… e così chiamai Adriano e seppi che era veramente lui e mi voleva inserire in un sabato sera folle.
Un altro mondo meraviglioso, Adriano è un artista allo stato puro e lui fa solo quello che vuole perché ha una chiarezza, determinazione e determinazione di essere sempre nel giusto. Cosa che io non ho. Io seguo di più quello di cui Luciano ha scritto anche un libro, il dubbio. Io ho sempre dubbi pazzeschi. Ho una grande ammirazione per lui che non ne ha e prosegue questa carriera straordinaria. Lui ha sicurezza anche quando le cose non vanno bene. Ad esempio dopo la prima di Fantastico su tutti i giornali uscì “tele disastro”, noi eravamo avviliti, io pensavo che la mia carriera fosse finita… lui arrivò in teatro ci guardò e ci disse “cosa sono questi musi, ho visto i giornali, hanno torto loro. Parlano tutti di noi, di che cosa ci vogliamo lamentare?” Io modificai il punto di vista e aveva ragione lui. Fantastico ebbe punte di ascolto di 18milioni di telespettatori e man mano che andava avanti acquisivamo più pubblico.”
Domanda più difficile. Cominciare a fare teatro in una società diversa…
“Il mondo è cambiato proprio come dal giorno alla notte. Quando ero giovane, la prima cosa che mi dicevo “Non dirò mai che il mondo è cambiato, non dirò mai che i miei tempi erano diversi”, purtroppo non è così, l’ho detto e lo dico anche io perché il passaggio generazionale è devastante per me.
Noi abbiamo cominciato a fare teatro con disciplina, serietà e responsabilità nei confronti del pubblico enorme, responsabilità che io ho ancora. Io non tradirei mai il pubblico con una monnezza perché ho rispetto nei confronti di chi paga un biglietto. Oggi non è più così, oggi pur di fare soldi si fa qualunque cosa, sia in tv con i reality show, sia altrove.
Il mondo è cambiato tantissimo, c’è un abbassamento della cultura esagerato. Una volta gli attori dovevano sapere la storia del teatro, dovevano conoscere quello che c’era stato prima e quindi dalla tradizione evolversi. Oggi molto spesso gli attori non sanno nemmeno chi è Clark Gable, tanto per dirne una, o chi è Jean Gabin, star internazionali.
Io quando faccio i provini faccio domande perché voglio capire …. Ma purtroppo molti non sanno nemmeno chi è il nostro Presidente della Repubblica. E’ molto triste questo, ma è così.
Questo, io sto parlando del generale, ovviamente che ci sono anche attori, cantanti che studiano che lavorano e prendono seriamente questo mestiere. Questa è una professione libera come esiste il commercialista, l’avvocato, il medico e che, soprattutto, se si ha uno studio di un padre alle spalle, come per Eduardo, portare avanti una storia del genere è molto faticoso. Se ce l’hai o se non ce l’hai devi comunque dimostrare “le palle” per andare avanti.
Ad esempio in camerino da me sono arrivati ragazzi che mi hanno chiesto cose che mi hanno fatto rabbrividire… uno mi ha chiesto se conoscevo Lele Mora per fargli cose di sesso… a me sono capitate di tutti i colori anche perché sono sempre a contatto con i giovani, cui cerco di dare spazio in teatro. Ma a quelli che meritano.”
Stiamo vivendo questi ritorni in presenza come una rivoluzione. Dopo un anno online torniamo in presenza. Cosa significa tornare in mezzo al pubblico?
“Tornare in mezzo al pubblico è una cosa meravigliosa, soprattutto in teatro dove il teatro stesso senza pubblico non esiste. Lo spettacolo spesso anzi sempre lo fa anche il pubblico, vi è una energia che va dal palco al pubblico e viceversa, lo spettacolo si fa insieme. Però, purtroppo, non è finita.
Stiamo ritornando, certo, ma non è finita per niente. Noi adesso in teatro abbiamo regolamentazioni ferree ad esempio può entrare solo chi ha Green Pass. Sai cosa vuol dire? Metti che il 60% della popolazione ha il Green Pass, di questo 60% si deve immaginare chi è appassionato di teatro… la fatica di portare gente a teatro è enorme. Ancora una volta.
Mi auguro molto, facendo bene il mio lavoro di direttore, e portando nomi di giovani e star conclamate interessanti, di portare queste persone. Il 2 agosto al Trianon c’è uno spettacolo bellissimo di Geppy Gleijeses e Terranova che ha scritto uno spettacolo su Caruso. Il 3 agosto c’è un concerto di un pianista ucraino in piazza, che ha avuto una idea meravigliosa: è stato così carino da chiamare il concerto Piano B e gira con un camion che apre e trasforma in palcoscenico. Suona gratuitamente solo con copertura delle spese.
Lo spettacolo è bellezza, è cura dell’anima, è cultura, e una nazione deve tenere ben presente che la cultura è l’immagine di questo Paese. Noi abbiamo avuto politici che hanno detto che con la cultura non si mangia… non voglio nemmeno dire cosa penso di queste persone, ma è veramente ridicolo che un Paese come l’Italia, che ha opere d’arte, bellezze geografiche, cibo meraviglioso, gente stupenda non si occupi solo ed unicamente, prima di tutto, di turismo e cultura. Questa è una cosa vergognosa.
Io ho visto passare tutti i colori e generi politici che si riempiono la bocca di tutto questo, però alla fine…”
In ultimo, invece, ti chiuderesti di nuovo nella tenda o nel sipario, per poterla vedere?
“Per qualunque artista straordinario. Ad esempio per Romanowski, Geppy Gleijeses, mi chiuderei per guardare cose meravigliose fatte dagli artisti e di artisti straordinari in Italia ne abbiamo tantissimi. Hanno solo bisogno di venire a galla. Io ho fatto 7 concerti con 7 giovani, l’ho chiamato “suoni contro i muri” perché l’ho fatto nel periodo del lockdown perché nessuno dava spazio agli artisti.”
foto eugenio blasio
Cara Marisa mi sei molto simpatica anche perché come me sei una buona forchetta e questo è importante. Mi piace il termine CHIATTONCELLA. Comunque bando alle chiacchiere volevo dirti che anche io di Ischia dico la mia isola. Solo che secondo me affermare una cosa simile vuol dire starci dentro a vita, viverci sempre. È troppo comodo dire, che bella Ischia ma poi la saluti e te ne vai nella tua città. E chi si è visto si è visto. Molti personaggi dello spettacolo che sono nati a Napoli ed hanno avuto successo l’hanno lasciata per andare a vivere lontano. Dicono solo che Napoli ce l’hanno nel cuore. Solo parole.