Un racconto noir sotto l’ombrellone. Il tempo di uno spritz nero con la penna di Andrea Esposito
La nebbia del mattino, risale da Sorgeto, dopo aver avvolto completamente Campotese e ormai è quasi del tutto svanita, quando nel bosco una bambina dai capelli neri, nuda dalla vita in giù, corre agitando le braccia. Gli automobilisti piu’ mattinieri la vedono, ma nessuno rallenta. Solo un’auto accosta e un uomo afferra la ragazzina per il braccio. Lei, terrorizzata, cerca di divincolarsi, ma lui la trascina nell’auto e poi scompare nel traffico. Nei due giorni seguenti, nessuno degli automobilisti che hanno assistito alla scena pensa che sia il caso di fare una segnalazione. Solo molto tempo dopo, uno di loro si presenta in commissariato per denunciare un rapimento dall’esito tragico. Ha appena letto sul quotidiano isolano che il giorno prima, sul ciglio della strada, è stato rinvenuto il corpo di una bambina.
ASCOLTA. Non puoi leggere il racconto? Allora puoi ascoltarlo! LaAV – Letture ad Alta Voce Circolo Isola d’Ischia, la volontaria Teresa Sasso legge SpritzNoir. La lettura ad alta voce è una pratica di civiltà e benessere
Carmen, 10 anni. Il cadavere è nudo e ricoperto di graffi. La piccola, figlia di immigrati, prima di essere strangolata a morte è stata stuprata. La sua tragica morte è solo la prima. Dopo un anno e mezzo scompare nello stesso modo Wanda Valcioni, undicenne dai capelli rossi che alle 17.10 esce di casa per fare una commissione e alle 8 di sera non è ancora rientrata. La madre disperata chiama la polizia. Passano 14 ore da incubo fino a quando un agente bussa alla porta per portare la notizia che nessun genitore vorrebbe mai sentire: il corpo di Wanda è stato scoperto in un vicolo vicino alla baia di Sorgeto. A differenza di Carmen, è completamente vestita, ma è evidente che è stata vittima anche lei di un’aggressione sessuale, morta per strangolamento. Ma un dettaglio viene rivelato durante l’autopsia: la bambina ha mangiato della crema poco prima di essere uccisa. I proprietari del negozio dove la piccola era andata a fare la spesa assicurano che Wanda non ha comprato dolci. A darle un dolcetto per convincerla a salire in auto, deve essere stato l’assassino. Il centralino della polizia è tempestato di chiamate.
Tutti pensano di aver visto qualcosa: un testimone giura che Wanda è stata trascinata in un’auto, la stessa auto del primo omicidio, sotto i suoi occhi, mentre una donna dice di aver visto addirittura il momento in cui il corpo veniva gettato dall’auto. Un’altra ancora è certa di averla vista piangere seduta in un’auto verde guidata da un uomo tatuato. Segnalazioni che non portano a nulla.
La polizia è costretta ad ammettere di aver in pugno solo mosche e sabbia, siamo al punto di partenza. Ancora una volta, una morte innocente scivola velocemente via dalle prime pagine dei giornali. Ma la bestia che agita l’assassino non si è acquietata. Dopo meno di un mese Michela detta Miki, 10 anni, scompare da Ischia Ponte, mentre sta tornando da scuola.
Il suo corpo viene ritrovato quasi subito ma è irriconoscibile a causa delle percosse che ne hanno alterato i lineamenti. La bambina è vestita, ma come Wanda, ha evidenti segni di violenza sessuale. Anche lei è stata strangolata e anche per lei l’autopsia rivela che chi l’ha uccisa prima le ha dato da mangiare. Non ci sono dubbi: la polizia sa di essere di fronte a un serial killer. I giornali ci vanno a nozze. Nelle ore che seguono il ritrovamento del corpo di Miki, una sua amica racconta di averla vista su un’auto di colore beige. Altri testimoni confermano l’accaduto, un uomo racconta di essersi imbattuto in un veicolo beige in panne, al cui interno un individuo cercava di nascondere una bambina seduta al suo fianco e che all’offerta di aiuto aveva risposto in malo modo. La targa del veicolo porta la polizia a un piccolo criminale disoccupato che vive a Casamicciola, a mezz’ora d’auto da dove è scomparsa la bambina. Il sospetto corrisponde all’uomo descritto dai testimoni dell’incidente.
Ma l’uomo, il cui nome non verrà mai svelato, per quel maledetto giorno ha un alibi. Dopo aver controllato il resoconto degli eventi e i tabulati telefonici, anche lui esce momentaneamente di scena. Intanto si fa strada l’idea che l’assassino conoscesse almeno due delle bambine: Carmen ad esempio è strangolata da dietro, di sopresa. Ma le altre due frontalmente e nello stomaco non avevano i resti di dolciumi: segno che il predatore non ha 0avuto bisogno di attirarle.
La polizia però non riesce a dimostrare nulla di tutto cio’. Alla fine il killer sembra essersi fermato, molti pensano sia quell’uomo il cui nome non è stato mai rivelato. È a questo punto che la polizia fa una scoperta sensazionale: c’è nei loro database un tizio che è nato a Panza, contrada nella quale sorge il bosco di Campotese, teatro dei due primi omicidi, quelli delle due bambine, quelli di Carmen e Wanda. Il tizio è collegato ad entrambe, è stato il compagno delle loro madri, giovani donne sole, single, bisognose di una spalla su cui poggiarsi. Lui si è trasferito poco dopo l’omicidio della piccola Miki. Deve essere lui, pensano gli inquirenti. Sono stremati, stressati dalla lunga, interminabile serie di investigazioni e dal susseguirsi di questi crimini atroci. Il pm mugugna, mette il bastone tra le ruote agli inquirenti: due su tre non basta, non c’è nessun collegamento tra il sospettato e la terza vittima, il suo Dna non corrisponde in modo soddisfacente a quello dei campioni di sperma recuperati dal corpo di una di esse, la piccola Wanda.
L’uomo si professa innocente. Il killer è ancora là fuori. Poi succede qualcosa di apparentemente scollegato, che non c’entra nulla con tutta questa storia: a Casamicciola, in pieno centro, nella accorsatissima Via Marina, lungo vialone che è tutto un susseguirsi di boutique, negozietti, prodotti tipici, bar e baretti, due gruppi di rumeni ubriachi cominciano a picchiarsi: si menano di brutto, se le danno di santa ragione, scorre il sangue, sangue a fiumi.
E negli scontri resta ucciso un italiano: si chiamo Dionisio Termini, è un pompiere volontario, uno di quelli che non è riuscito a superare i test ma ci tiene a salire sull’autopompa. Piccoli precedenti per droga, rissa, resistenza a pubblico ufficiale, Dionisio è un brutto tipo. E’ anche il compagno della mamma di Wanda, adesso. E prima è stato il fidanzato di Anna, una giovane parrucchiera separata e madre della piccola Miki, la terza vittima del killer delle bambine. Il commissario Ciro Carbone non riesce a trovare alcun collegamento con la prima vittima, Carmen. Ma riesce a fregare un bicchiere al bar, sotto il naso del giovane Termini, mezzo ubriaco, e ad avere cosi il suo DNA, anche se inutilizzabile in tribunale. Carbone non lo arresta, non ci pensa neppure. Carbone lo prende sotto al braccio e lo porta fuori da quel bar, quel bar a Via Marina sul lungomare di Casamicciola.
Carbone è il commissario della polizia locale: certe cose non le puo’ fare, non le puo’ neppure pensare. Ma altre si, invece, e le fa: uno dei rumeni che si tagliano coi cocci di bottiglia è un pusher, uno di quelli a cui Carbone ha lasciato la roba in cambio di un regalino per uso personale. Il picchiatore gli deve un favore e glie lo fa: il giovane Termini viene travolto dalla rissa, viene ripetutamente colpito al ventre e ai fianchi. Morirà dissanguato mentre arriva in ospedale. Brutta storia – scrive Carbone sul verbale – Si ma chi è stato? Il rumeno è stato, non lo sai? Brutta gente.