Paolo Mosè | E’ passato qualche anno per capire il perché della condanna di un sindaco, l’assoluzione di un altro ex primo cittadino e di due concorrenti per la nota alluvione che si consumò nel novembre del 2009. Mettendo in ginocchio Casamicciola, che venne invasa da acqua e fango, provocò la morte di una giovanissima e il ferimento di molti altri che si trovarono nella traiettoria di questo “fiume” di un po’ di tutto e molti finirono anche in mare.
Una sentenza che venne emessa dal giudice Alberto Capuano, che condannò l’allora sindaco in carica Vincenzo D’Ambrosio a quattro anni di reclusione e l’assoluzione per le medesime ipotesi dell’ex primo cittadino Giosi Ferrandino, di chi ricopriva la carica di responsabile dell’Ufficio tecnico, l’arch. Silvano Arcamone, e del tecnico Simone Verde. A causa dell’arresto del giudice, quella sentenza è rimasta “appesa” e il presidente del tribunale ha dovuto individuare altro giudice, che non avendo seguito il dibattimento ha scritto le motivazioni sulla base dei documenti che ha potuto visionare nel fascicolo.
Senza, ovviamente, farsi un convincimento proprio, in quanto la testimonianza di un tecnico, consulente od altro non si basa solo su ciò che dice, ma sull’espressione, quei movimenti che danno la certezza o lanciano un segnale per capire se sta dicendo la verità o meno. Ma in casi di estrema emergenza, il codice dice come muoversi. Ed il giudice Attena si è sostituito al collega che ha seguito passo dopo passo il dibattimento. E lo specifica all’inizio della sentenza scritta. Osservando che gli imputati erano stati a giudizio per disastro colposo e omicidio colposo. Quest’ultima contestazione poi modificata dal pm prima delle richieste, aggravando l’ipotesi di omicidio colposo “allegando” i nomi delle altre persone che avevano subito lesioni. Innalzando così il tetto della prescrizione.
IL FIUME DI ACQUA E FANGO
Scrive il giudice Attena che «dall’esame della documentazione acquisita e delle testimonianze raccolte, nonché dai dati forniti dal perito nominato dal tribunale si evince che nei giorni del 8, 9 e 10 novembre 2009, intense e localizzate precipitazioni a carattere temporalesco colpirono il comune di Casamicciola Terme.
A seguito di tali precipitazioni, a monte dell’abitato, i versanti che costituiscono le sponde di tre valloni (Cava Senigallia, Cava Fasaniello e Cava Pozzillo) ai piedi del monte Epomeo, cedevano causando frane diffuse da scivolamento traslativo e da crollo. I cumuli di frana in uno con l’acqua abbondante che scorreva negli alvei delle tre cave si trasformavano in un fenomeno di tipo alluvionale e di trasporto solido: una miscela di acqua e fango e detriti rocciosi con massi di dimensioni fino ad 1,5 mc (colata rapida), che, proveniente da monte, percorreva velocemente le tre depressioni vallive fino ad arrivare all’imbocco dei tre rispettivi canali urbani tombati posizionati alla fine delle aste torrentizie e subito prima della strada urbana (via Senigallia e via Ombrasco) di collegamento con Piazza Bagni».
Per poi passare a spiegare ulteriormente quale è stato il percorso del fiume di detriti: «Oltrepassata Piazza Bagni, la colata unica rapida continuò il suo percorso verso il mare raggiungendo il bivio di diramazione nei pressi delle antiche terme Pio Monte della Misericordia per poi incanalarsi nella via Monte della Misericordia, portando con sé la parte di detrito più fine (sabbia e argilla) in uno con resti più piccoli di alberi».
AUTO TRAVOLTA
L’aspetto più importante e che ha lasciato in quel momento la comunità ferita è stata la morte di questa giovane ragazza, che si era ritrovata a dover far fronte ad una seconda ondata di un metro che la scaraventò in mare insieme al padre, che perse quasi subito la figlia non riuscendo a tentare di salvarla.
E scrive il giudice sul punto: «In particolare De Felice Anna intorno alle ore 8 del 10 novembre 2009 si trovava all’interno della autovettura Toyota Yaris condotta dal padre, unitamente alla madre. Mentre erano fermi a causa del traffico determinato dalla pioggia incessante, sopraggiungeva alle loro spalle una colata di fango che trascinava l’autovettura con i predetti al suo interno. La madre della vittima riusciva ad uscire e mettersi in sicurezza sul marciapiede, mentre la vittima ed il padre, appena fuori dall’abitacolo, venivano travolti da una nuova ondata di fango alta circa un metro e finivano in acqua, dove continuavano ad essere sommersi dal fango. Da quel momento il padre perderà di vista la figlia, che sarebbe stata trasportata con l’autoambulanza del 118 presso il presidio ospedaliero Rizzoli dove se ne constatava il decesso per l’evento traumatico».
LA COMPETENZA SUGLI ALVEI
Il perché ciò sia avvenuto è per il tribunale la mancanza di massima attenzione rispetto all’allerta meteo che era stata diramata dalla Protezione Civile chiedendo agli Enti locali interessati di predisporre tutte quelle iniziative per impedire danni alla comunità. Di questa allerta meteo non ci sono tracce al comune di Casamicciola, seppur è al centro del dibattimento. Tant’è che in questa motivazione vengono riportati una serie di passaggi di ciò che ha accertato e scritto il perito nominato dal tribunale. Spiegando la morfologia del terreno, quali potevano essere le iniziative per bloccare eventuali fiumi di acqua per le forti piogge. Ma emerge anche un altro dato altrettanto importante. Di chi era la responsabilità per la manutenzione degli alvei e stando alle dichiarazioni testimoniali e successivamente dalla documentazione prodotta, questo era un compito non in capo al Comune di Casamicciola. Ma era una competenza esclusivamente della Provincia.
Questa notizia quantomeno avrebbe dovuto essere valutata nella fase delle indagini preliminari, per poi chiedere conto ai dirigenti preposti dell’Ente provinciale e qualcuno ne avrebbe dovuto rispondere in tribunale. Non è accaduto. Ecco cosa scrive sul punto l’estensore: «Seppure meno dettagliata, la deposizione del teste Losinno, si evince che la competenza per la manutenzione ordinaria e straordinaria del demanio idrico non era del Comune, ma formalmente della Provincia in tale settore, ha trasferito alle Province le competenze in materia di demanio idrico, attesa la mancanza di individuazione da parte della Regione delle risorse umane e strumentali da trasferire, il Genio Civile regionale continua ad intervenire per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria».
Questo fa cristallizzare l’assenza di responsabilità in ordine al disastro colposo che di fatto ha provocato un vero e proprio sconquasso ambientale. La spiegazione sta tutta nell’assenza di qualsiasi possibilità degli imputati a dover compiere una manutenzione che non spettava al Comune: «Alla luce delle considerazioni che precedono deve, dunque, essere esclusa la penale responsabilità di Arcamone Silvano e Verde Simone per i reati in contestazione, poiché l’ascrivibilita agli stessi a titolo dicolpa della frana in Casamicciola Terme del 10 novembre 2009 e della morte di De Felice Anna, cagionata per quanto detto, dall’intervento sopra descritto, nonché delle lesioni personali riportate dai soggetti indicati nel capo di imputazione, si fonda sul ruolo svolto dai predetti nel procedimento relativo alle opere di manutenzione degli alvei di Senigallia, Negroponte Fasaniello connesse alle antiche terme di Gurgitello oggetto della delibera della Giunta comunale numero 107 del 5 maggio 2004, come specificato in imputazione».
LE ASSOLUZIONI
Entrando poi nello specifico, del perché questi “benedetti” alvei dovessero essere costantemente puliti in modo da consentire il deflusso delle acque piovane: «Peraltro, su un piano più ampio e generale la pianificazione e realizzazione di interventi di bonifica e messa in sicurezza degli alvei al fine di mitigare il rischio frane non risulta essere di competenza del Comune, al quale ovvero al cui sindaco non possono essere, quindi, addebitati profili di colpa in ordine alla mancata adozione di misure di contenimento del rischio frane.
Da tali considerazione e tenuto conto delle cause accertate dell’evento e del tipo di interventi che avrebbero potuto evitarlo o, comunque, ridurne la portata, come sopra ricostruiti, non può dirsi dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dei sindaci, ossia degli imputati Ferrandino Giuseppe (sindaco del Comune di Casamicciola Terme da giugno 2002 ad aprile 2007) e D’Ambrosio Vincenzo (sindaco del Comune di Casamicciola Terme dal maggio 2007 ed ancora al momento dei fatti) per l’evento franoso-alluvionale del 10 novembre 2009. Non può dirsi, infatti, provato in termini di certezza che la frana, così come verificatasi, sia stata cagionata da condotte omissive o, comunque, negligenti o imprudenti dei predetti organi, ossia, più precisamente che interventi di programmazione ed opere di loro competenza e da essi dipendenti avrebbero potuto evitare l’evento o ridurne la portata in modo da non esporre a rischio la pubblica incolumità».
NESSUNA PRECAUZIONE
Diversa invece la valutazione in ordine alla morte di Anna De Felice. Sul punto il giudice è categorico e spiega perché il sindaco in carica è stato responsabile: «Se tali considerazioni valgono con riferimento all’evento frana e fondano, quindi, l’assoluzione di tutti gli imputati dal reato a loro ascritto al primo capo di imputazione a diversa conclusione si deve pervenire in relazione alla posizione dei sindaci in carica al momento dei fatti con riferimento al decesso di De Felice Anna e alle lesioni personali riportate dagli altri soggetti travolti dalla colata di fango.
Invero, sebbene solo il giorno 10 novembre 2009, dopo l’evento, l’avviso di allerta prevedesse attenzione massima e prescrivesse la predisposizione di un presidio territoriale per le aree a rischio e per i punti sensibili del territorio al fine di monitorarle, anche i bollettini e le avvertenze contenute negli avvisi nei giorni precedenti, che segnalavano una allerta moderata di tipo idrogeologico localizzato, considerate le caratteristiche dei fenomeni che possono realizzarsi in presenze di tale rischio di allerta e gli effetti e danni che ne possono derivare nonché congiuntamente il rischio frane e rischio idraulico da tempo noto sulle zone interessate, consentivano di prevedere fenomeni franosi e colate rapide di detriti e di fango, anche di rapida evoluzione, con pericoli per la sicurezza delle persone e possibilità di perdita di vite umane e, conseguentemente, imponevano di predisporre un presidio che vigilasse sui punti critici e sulle aree infra per rilevare un eventuale aumento della pericolosità ed avvertire in tempo utile la popolazione in modo da allontanarla dalle stesse zone critiche, così eliminando o, comunque, contenendo il rischio per l’incolumità delle persone in zona urbana. In altri termini, non solo il Comune non aveva adottato prima dell’evento nessun piano di emergenza ma non aveva neanche predisposto una minima struttura organizzativa con la funzione di presidiare e monitorare le zone a rischio maggiore, le zone critiche a monte dell’abitato e le zone urbane critiche (canali tombati urbani fino al mare) in grado di individuare le possibili aree da interdire o evacuare e di avvertire la popolazione dei pericoli in tempo utile per salvaguardarne l’incolumità».
Entrando direttamente nel merito delle funzioni e dei presunti comportamenti non tenuti e che sono stati poi la causa di morte e feriti: «Non si può, peraltro, dubitare, alla luce delle caratterizzazione del fatto storico come sopra ricostruito, ossia della tipologia ed evoluzione del fenomeno descritto e dell’evento franoso-alluvionale verificatosi, nonché delle circostanze e modalità in cui la De Felice fu trascinata in mare e gli altri soggetti lesi travolti dalla colata di fango e detriti, dell’esistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva del D’Ambrosio, all’epoca sindaco e i predetti eventi (morte e lesioni personali) potendosi, infatti, affermare che, con elevato grado di probabilità razionale, la predisposizione, anche soltanto, di un presidio delle zone critiche a fronte della situazione di allerta che si era venuta a creare a causa delle condizioni meteorologiche di un piano di emergenza, comunque, non è obbligatorio, ma certamente opportuna e doverosa secondo le regole di diligenza e prudenza in una zona con quella morfologia e quelle tipologie e gradi di rischio, avrebbero scongiurato i gravissimi danni alle persone, oltre che ad abitazioni, infrastrutture ed altro, cagionati dalla frana ed evitato la morte di De Felice Anna».