Ugo De Rosa | In vista della data ormai prossima del 21 dicembre, quando è fissata dinanzi al Tar Campania l’udienza di merito sul Puc sospeso di Forio, su Del Deo piovono altre mazzate con i ricorsi per motivi aggiunti. In particolare, a contestazione della “furbata” del Comune, che su consiglio del proprio legale di fiducia avv. Valerio Barone, a settembre aveva deciso di adeguare le Norme tecniche di attuazione (Nta) al Piano Paesistico Territoriale in esecuzione della ordinanza di sospensione del Tar. Una mossa “disperata” cercando di anticipare il giudizio del Tribunale, ma palesemente aggirando quanto previsto dalla normativa vigente.
Dunque adesso arriva l’ennesimo ricorso per motivi aggiunti e questa volta è l’avv. Bruno Molinaro ad “affondare” il lavoro di Barone e dell’Amministrazione Del Deo. Chiedendo appunto l’annullamento della delibera di Consiglio comunale del 17 settembre scorso di adeguamento delle Nta.
A contestare ancora una volta l’operato del Comune è Concetta Mazzella, legale rappresentante della società “Hotel Providence s.n.c. di Monte Andrea & C.”. Che da quella delibera ha ricevuto il danno e… la beffa, come vedremo.
Nel ricorso infatti si evidenzia che il Puc approvato a dicembre 2020 stabilisce tra l’altro che la stradina privata di proprietà della ricorrente «è inserita nella rete stradale da potenziare e/o riqualificare, con finalità di collegamento con via Chiena».
LE OSSERVAZIONI RIMASTE LETTERA MORTA
Il contenzioso era iniziato, quando ancora il Puc non era stato definitivamente approvato, dal marito della Mazzella, Andrea Monte, poi deceduto. Il quale già ad aprile 2019 si era attivato presentando tempestivamente le proprie “osservazioni”. Evidenziando in particolare: «Come ben noto alla civica amministrazione, la famiglia Monte è proprietaria di un esteso appezzamento di terreno ubicato in Forio alla via G. Mazzella, lungo la litoranea Forio-Citara, interessato dalla presenza di: ben tre insediamenti alberghieri (Hotel Providence – Hotel Il Gattopardo – Hotel Ideal); fabbricati a destinazione residenziale; stradina interna privata, munita di cancelli, a servizio esclusivo degli insediamenti predetti. L’attuale stradina presenta larghezza variabile con un valore minimo di appena 2 metri circa, in corrispondenza di due fabbricati posti ai lati della stessa, senza pertanto possibilità di allargamento». Ebbene, in quel progetto di Piano la stradina privata veniva inserita nella “rete stradale da potenziare e/o riqualificare”. Al che Monte faceva notare: «Poiché nel tratto compreso tra fabbricati la predetta stradina non può essere allargata oltre gli attuali 2 metri circa, viene inserita nel progetto di piano anche una diramazione, allo stato inesistente, indicata falsamente come rete stradale da potenziare e/o riqualificare. Trattasi – lo si ripete – di nuova diramazione allo stato inesistente e, comunque, contrastante con le previsioni del vigente P.T.P.».
Nella osservazione si sottolineava dunque «che la prevista trasformazione della stradina interna in proprietà Monte, se realizzata, determinerà danni incalcolabili alla proprietà stessa e, segnatamente, agli insediamenti alberghieri ivi insistenti. Tali insediamenti, con le relative pertinenze esclusive, godono, attualmente, di condizioni ambientali di amenità e riservatezza di particolare pregio. Tali condizioni saranno completamente stravolte e gli insediamenti in questione si troveranno immersi al centro di un caotico transito veicolare, con inquinamento acustico e dell’aria oltre che con perdita totale di amenità e riservatezza; condizioni che non potranno che portare alla chiusura dei tre insediamenti alberghieri predetti». Una scelta pianificatoria, che oltretutto risultava anche «viziata da eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe presenti sull’intero territorio comunale». Ma soprattutto in contrasto con il PTP.
IL RICORSO PRINCIPALE
Le osservazioni di Monte, come riportato ora nel ricorso, «vennero ritenute dal funzionario responsabile astrattamente accoglibili, tenuto conto, altresì, di quanto già positivamente deliberato in ordine ad altre osservazioni presentate dal controinteressato Scoppa Alessio».
Invece, come se nulla fosse, il Puc approvato «stabilì sorprendentemente che la stradina privata interna innanzi descritta fosse inserita nella rete stradale da potenziare e/o riqualificare, con un’unica modifica rispetto alle originarie previsioni, consistita nella eliminazione della nuova diramazione, mai esistita prima, e nell’inserimento, in sostituzione della stessa e con finalità di collegamento con via Chiena, del vialetto interno di proprietà Monte, posizionato tra vecchissimi fabbricati e con larghezza massima di appena 2 metri, peraltro impossibile da allargare proprio per la presenza dei fabbricati posti sui due lati del vialetto detto».
Un “aborto” che arrecava danni gravissimi alla proprietà privata e anche all’interesse pubblico, «non essendovi alcuna possibilità di adeguamento del vialetto ai requisiti minimi per la costruzione di strade pubbliche». Di qui il ricorso principale, ancora pendente. A cui si era aggiunto, come è noto, anche quello di Pellegrino e Guido che poi portò alla ordinanza di sospensione da parte del Tar.
MANCA IL PARERE REGIONALE
E si arriva alla “manovra” suggerita dall’avv. Barone, ovvero di riformulare, in esecuzione dell’ordinanza del Tar e anche in via di autotutela, gli articoli delle Nta che risultavano difformi dalle disposizioni del PTP. La tesi dell’avv. Barone, poi riportata nella delibera consiliare approvata a settembre, è che nonostante le nuove norme tecniche di attuazione, non fosse necessario procedere alla riapertura della fase istruttoria e di riadozione del Puc con relativa ripubblicazione.
Una delibera che Molinaro ritiene senza mezzi termini illegittima, come lo era la precedente approvazione del Piano in quanto mancanti dei prescritti pareri. Infatti «E’ evidente, pertanto, che, sia prima dell’approvazione del P.U.C. nella sua originaria versione sia prima dell’adozione della delibera consiliare n. 22/2021, qui impugnata, il comune di Forio avrebbe dovuto richiedere (e non lo ha fatto) il parere della Regione Campania, al fine di verificare la conformità o l’assenza di contrasto tra la nuova strumentazione urbanistica e le disposizioni del vigente P.T.P. dell’isola d’Ischia».
Ma non è finita: «La delibera consiliare impugnata – scrive l’avv. Molinaro -, con la quale il comune di Forio afferma di aver adeguato le Norme di Attuazione del P.U.C. alle previsioni del P.T.P. dell’isola d’Ischia, non si sottrae a censura anche perchè adottata senza tener conto dei principi e delle regole trasfusi nelle previsioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio». E qui cita una recente pronuncia del Consiglio di Stato: «La pianificazione urbanistica ha la finalità di disciplinare, in coerenza con i valori paesaggistici ed ambientali alla base dello strumento di pianificazione territoriale, la diversa destinazione urbanistica delle zone del territorio comunale secondo principi di gestione complessiva ed armonica dello stesso, mentre quella paesaggistica tende a conformare le diverse aree, salvaguardando i valori di tutela ambientale; ne deriva, pertanto, che, qualora lo strumento urbanistico generale contrasti con i limiti posti dal piano territoriale paesaggistico, quest’ultimo prevarrà, essendo “prevalenti” non tanto le sue prescrizioni quanto gli interessi di tutela dallo stesso garantiti».
E dunque «Tale essendo la cornice di riferimento, non vi è dubbio che, nella specie, anche la nuova delibera consiliare sia illegittima, essendosi il comune di Forio adoperato per adeguare il P.U.C. alle disposizioni del P.T.P. dell’isola d’Ischia senza, tuttavia, nemmeno avviare un procedimento di preventiva collaborazione con l’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico che, nella specie, come si è visto, è la Regione Campania».
RIPUBBLICAZIONE NECESSARIA
Le “bacchettate” alla tesi del collega Barone poi proseguono senza pietà: «Per costante enunciato giurisprudenziale, la ripubblicazione del piano è necessaria, previo l’apporto partecipativo dei diretti interessati, laddove, in qualunque momento della procedura finalizzata alla sua approvazione, si sia determinata una rielaborazione complessiva del piano stesso, per tale intendendosi, peraltro, un mutamento delle caratteristiche essenziali dello strumento di pianificazione e dei criteri che alla sua impostazione presiedono».
E il “rimaneggiamento” delle norme di attuazione con la soppressione di un articolo ha comportato che la «conseguente caducazione della possibilità per le strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere di realizzare interventi di “nuova costruzione” per la creazione di attrezzature di servizio e/o attrezzature sportive nel limite del 15% del volume esistente, sia pregiudizievole anche per gli interessi della struttura turistico-ricettiva di proprietà della ricorrente, comportando, peraltro, una significativa alterazione delle previsioni, delle caratteristiche e dei criteri fondamentali del piano stesso». Dunque «Di qui la necessità della sua ripubblicazione, e tanto anche perché, mediante la eliminazione della suddetta previsione, la civica amministrazione ha finito per vanificare del tutto uno dei principi ispiratori del P.U.C., ovvero quello della programmazione dello “sviluppo turistico” attraverso l’incremento del sistema infrastrutturale e dei servizi delle imprese turistiche». Un doppio danno.
Peraltro, proprio in Campania le disposizioni vigenti prevedono la ripubblicazione e l’apporto partecipativo di tutti i soggetti pubblici e privati anche per le ipotesi di “varianti”. Al che Molinaro evidenzia: «Come si evince da tale ultima disposizione, l’approvazione delle varianti al P.U.C. non può, dunque, prescindere dall’apporto partecipativo dei cittadini e di tutti i soggetti pubblici interessati indipendentemente dalla circostanza che la variante approvata, come sottolineato nel proprio parere dall’avv. Barone, abbia comportato o meno “un sostanziale cambiamento nei suoi criteri ispiratori e nel suo assetto essenziale”: ciò perché, al di là del dato giurisprudenziale, è la legge stessa ad imporre un tale onere di interlocuzione, in alcun modo assolto, nella specie, dalla civica amministrazione».
CRITICITA’ E ANOMALIE IGNORATE
Ma c’è ancora un ennesimo “errore” nella interpretazione che si è voluta dare alla ordinanza di sospensiva del Tar: «Nel motivare la favorevole delibazione della istanza cautelare, il G.A. ha dato atto del “non contestato contrasto (…) con il Piano Territoriale Paesistico e dei conseguenti riflessi di carattere procedimentale”, evidenziando, inoltre, “la necessità di acquisire nuova e riscontrata dichiarazione di coerenza da parte della Città Metropolitana di Napoli”. Tale statuizione si spiega con il fatto che, nel caso in esame, presa visione del P.U.C., la Città Metropolitana di Napoli, con determina n. 6508 del 12 settembre 2019, aveva rilevato significative criticità ed anomalie, alla cui eliminazione aveva, poi, subordinato il proprio parere favorevole».
Ebbene, «Sta di fatto che la Città Metropolitana non ha ancora, a tutt’oggi, reso alcuna dichiarazione di coerenza del P.U.C. del comune di Forio e della variante da ultimo approvata “alle strategie a scala sovra comunale individuate dall’amministrazione provinciale anche in riferimento al proprio piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) vigente”. Né il Comune di Forio, con la nuova delibera consiliare, ha inteso ovviare alle “criticità” ed “osservazioni” segnalate dalla Città Metropolitana di Napoli, in conformità anche a quanto stabilito da codesto T.A.R. nella predetta ordinanza cautelare». E il ricorso per motivi aggiunti conclude: «Di qui anche la violazione del giudicato cautelare ed ovviamente l’illegittimità dell’impugnata delibera anche per tale ulteriore motivo». In parole povere, Barone e Del Deo hanno sbagliato tutto. Di sicuro il 21 dicembre ci sarà da divertirsi…