Ugo De Rosa | La guerra “fratricida” in corso tra Russia (la Confederazione più estesa del mondo) ed Ucraina coinvolge ormai, in forma aperta o mediata, tutto il pianeta, tanto che le organizzazioni umanitarie parlano di uno scontro ideologico Est-Ovest.
Destrutturate o semplificare i termini di un conflitto così ampio – riguardante, direttamente, 43 milioni di persone – da un innocuo, sperduto microcosmo come Ischia, potrebbe sembrare pretenzioso, oltre che puerile, irrazionale, fuorviante.
Lasciamo pertanto ai tuttologi, ai Capi di Stato, ai diplomatici, agli esperti, agli storici, agli elzeviristi, ai generali, ai politologi, alla grande stampa internazionale, l’analisi compiuta sui prodromi, le interconnessioni e conseguenze della crisi.
Ciò che, dal nostro “orticello”, ci interessa capir meglio ed esaminare, sono le correlazioni socio-economiche-ambientali tra l’isola verde (ove lavorano centinaia di extra-comunitari, provenienti soprattutto dell’Europa Orientale) e l’ex principato di Perejaslav, enucleate da un ischitano: una persona comune, che conosce la situazione locale ed ucraina e lo facciamo con Rino Romano, esponente della “P.A.S. Pronatura”, insegnante di discipline giuridico/economiche, membro di svariate consulte regionali – oggi dipendente della Soprintendenza alle belle arti e paesaggio di Napoli – oltre ad essere un abituale frequentatore, per questioni di lavoro, di metropoli come Kiev, Dnipro, Lviv, Odessa e che intrattiene solidi legami affettivi con i territori martoriati dal fuoco (l’attuale compagna del naturalista viveva a Leopoli; la madre della figlia, sedicenne, del corifeo, palesa origini slave-bulgare).
Rino vanti molti amici in Russia e nell’antica Sarmazia. Ti sei fatto un’idea, perché sia scoppiata la guerra dei “cosacchi”. Si poteva evitare il bagno di sangue a ridosso dell’Europa? Come ti sei avvicinato alla realtà ucraina?
Ho visitato Kiev, la prima volta, nel 2012 (conosco bene, inoltre, Varsavia, Budapest, Praga, Bratislava, Sofia, Varna, Antalya, Istanbul, Alanya) per una missione di sensibilizzazione zoofila. Associazioni protezioniste consorelle (Uanimals, O.C.U., Unique Placet) mi segnalavano una temuta strage, da parte delle autorità del posto, di cani e gatti randagi, “per ripulire le strade”, in occasione dei campionati europei di calcio, svoltisi in Polonia/Ucraina. Nel merito della domanda, non mi addentrerò nei massimi sistemi o sulla genesi di un conflitto di così vaste proporzioni, risalente alla notte dei tempi. Ci sono responsabilità oggettive – non soltanto per l’interruzione delle trattative diplomatiche – da tutte le parti. Forse, pure puntellare di ordigni della Nato, nel 2004, i confini di Estonia, Lituania, Lettonia, fu un clamoroso errore. Condivido la proposta di neutralizzare “sine die” l’ex Repubblica dell’URSS, sorta nel 1991. A fornire, al Cremlino, i soldi per finanziare le tremende ostilità, deflagrate il 24 febbraio scorso, sono stati i paesi europei – tra cui purtroppo l’Italia – acquistando petrolio, gas, carbone, metalli, dalla Russia. Non vorrei scadere nella retorica, offrire argomenti a coloro che speculano sulla propaganda, odiano gli americani o evocano la brigata Azov, filo-naziskin, dispiegata nel Donbass (ma sono quattro idioti!). Mi limito ad una breve riflessione su questa che viene definita la “guerra dei vigliacchi” e sulla catastrofe umanitaria, ovvero sui possibili danni ai monumenti, alle opere d’arte, al patrimonio faunistico. Invero, i legionari russi (pur arruolati nel secondo esercito più poderoso del globo) si sono sistematicamente sottratti, per viltà, ai combattimenti a terra “corpo a corpo” – senza parlare degli “infiltrati” – preferendo le incursioni aeree ed i missili a lunga gittata, ovvero le bombe a grappolo o termobariche, vietate dai trattati bellici. Quando, per un dissennato disegno imperialista, si arriva a colpire le fattorie, le aiuole, gli asili, gli ospedali, le chiese, le sedi consolari, le stazioni radio-tv, i corridoi umanitari, i luoghi sacri (Babyn Yar) o persino le centrali nucleari (15 quelle attive in Ucraina) si deve parlare di genocidio o “war crimes”. Per la cronaca, a dimostrazione di come risultò efficace l’esile iniziativa animalista del 2012, adesso il Governo Zelensky applica la sterilizzazione, per contenere il randagismo canino e molti degli odierni profughi, come testimoniano le immagini televisive, sono scappati con cani e gatti al seguito”.
Cosa pensi della polemica dei pacifisti nostrani, i quali adombrano la guerra atomica ed hanno censurato l’invio di armi dall’Italia all’Ucraina?
La faccenda va vista da diverse prospettive. Le sanzioni economiche (malgrado oggi il rublo – ad un passo dal “default” – vale la metà, rispetto agli inizi di febbraio) la “moral suasion”, l’esclusione dalle competizioni sportive o dalle manifestazioni canore, l’emarginazione degli artisti russi, non bastano, sebbene stigmatizzo la caccia alle streghe avverso ogni scibile russofono. Innanzitutto, le armi – che rappresentano vieppiù un deterrente – sono state fornite, oltre ad altri aiuti, per scopi difensivi. Non per indurre i discendenti dei Cimmeri ad invadere, a loro volta, la Federazione Russa, la Cecenia, la Bielorussia. Di sicuro, non si può negare che più aumentano gli armamenti in campo, più s’intensificano i combattimenti e quindi i rischi di vittime. Ma come dovevano proteggersi i civili dallo strapotere degli invasori? Coi sassi e le fionde? Mi risulta che l’esercito del “soviet” esiti al dispiegamento in massa della fanteria, proprio perché intimorito dai moderni mitragliatori e missili anti-carro europei, consegnati ai militi del “granaio d’europa”. Cosa poteva succedere se gli ucraini, sic et simpliciter, si fossero arresi, in due giorni, come auspicava “Putler”? Il despota (senza rassegnarsi ad una “vittoria di Pirro” in Ukraine) con una semplice passeggiata, avrebbe presto pianificato persino l’occupazione della Moldavia o delle Repubbliche Baltiche? Secondo alcuni giornalisti francesi, se Leopoli appare finora esente dai bombardamenti a raffica, dipende dal fatto che la Nato protegge segretamente la città, vicinissima alla Polonia”.
Credi davvero che Vladimir Putin non si accontenti di Donbass, Crimea, Area costiera del Mar Nero e punti, sottobanco, al ripristino dell’URSS, del Patto di Varsavia? Quali sono le implicazioni per le isole partenopee?
Temo di si. I giovani del 2022, a qualsiasi latitudine, passano le giornate su Facebook, Twitter, Instagram, TikTok, Youtube, Whatsapp. La mia compagna, da 2000 km di distanza, attraverso il web, segue puntualmente l’edizione “on line” de “Il Dispari”. Solo la follia di un uomo di 70 anni, lontanissimo dalla realtà che vivono i ragazzi di oggi, può avere l’ambizione di ricostituire la vecchia Unione Sovietica Socialista o riportare le lancette dell’orologio di 32 anni indietro. Nelle strade principali di Kiev, Kharkiv, Zaporizya, Mariupol, Lutsk, Poltava, Zytomyr, campeggiano gli stessi marchi (Carpisa, Zara, Intimissimi, Calzedonia, ecc.) rinvenibili nelle piazze italiane. L’integrazione con l’Occidente – che è un processo irreversibile – non l’hanno compiuta i sobillatori della rivoluzione arancione, Zelensky o i suoi alleati, ma internet! I giovani ucraini (al pari delle nuove generazioni russe) non accettano più regimi anti-democratici, omofobi, sciovinisti, né sono disposti a rinunciare a qualsivoglia spazio di libertà, come ai tempi di Breznev. Sono più numerosi i dissidenti della “Terza Roma” (16.000) arrestati dalla polizia di Mosca e San Pietroburgo, anziché i “prigionieri di guerra” avversari. Dei 193 Stati che fanno parte dell’ONU, ben 141 (il 73%) hanno censurato, il 2 marzo scorso, “l’operazione militare speciale” di Putin, al cui fianco si sono schierati soltanto Bielorussia, Nord Corea, Siria, Eritrea.
Appare facile desumere come abbiano inciso i descritti eventi bellici pure ad Ischia, turbando la tranquillità domestica ed i flussi turistici. Le compagnie aeree – già flagellate da due anni di pandemia – sono state costrette a tagliare molti voli. Di giallo e blu (colori della bandiera sarmatica) è dipinto il gonfalone di “Iscla Fidelitatis Aeternae” e della locale squadra di calcio. L’isola di Vittoria Colonna è popolata da quasi 900 ucraini (i cui familiari vivono nelle città devastate dai cannoneggiamenti ruteni) e molti di più ne arriveranno nelle prossime settimane. Bisogna prepararsi ad accogliere i rifugiati. Sostenere la ricostruzione dell’Ucraina, custode di nobili valori etici (ricordo il numero tel. per le donazioni: 45525). Un ruolo strategico lo svolgeranno la Cina, l’UE, le associazioni umanitarie, i mass media: a Lugansk e Donetsk si combatteva (sebbene in contesti ben più limitati) dal 2014. Ma nessuno ne era a conoscenza in Europa, perché i giornali non ne parlavano. Così come – tuttoggi – in pochi sanno in cosa consiste la strage di Srebrenica (ex Jugoslavia) del 1995. Rimarranno indelebili, nella mente dei lettori, le foto dei piccoli Polina, Alisa, Kirill, Tanya: i cosiddetti “effetti collaterali”.
Tu che sei un modesto conoscitore del “droit des gens”, spiegaci, in poche battute, cos’è l’Alta Corte dell’Aja, che ipotizza crimini di guerra in Ucraina e cosa rischiano lo “zar” e le sue gerarchie militaresche.
Primario scopo dell’ONU è prevenire o impedire le conflagrazioni. Sin dal 1945, con la Carta delle Nazioni Unite, i paesi vincitori della seconda guerra mondiale s’impegnarono a difendere la pace, l’abeas corpus, la dignità umana, l’integrità degli Stati grandi o piccoli. Le fonti del diritto internazionale si rinvengono in patti, trattati, consuetudini. Il diritto bellico risulta disciplinato dalle Convenzioni di Ginevra del 1929, 1949, firmate anche dai “nipotini di Stalin”. Il primo teorico della supremazia dello “ius gentium”, sulle norme statuali interne, fu l’austriaco Hans Kelsen. La giurisdizione della Corte Penale Internazionale dell’Aja, fondata – al di fuori dell’ONU – nel 2002 (sulla falsariga del Tribunale di Norimberga; esso, nel 1946 comminò 10 condanne a morte, di capi nazisti, per fucilazione; pena poi commutata in impiccagione, poichè i giudicanti ritennero che i responsabili di atrocità disumane non meritassero di morire come leali soldati) afferisce perdipiù ai crimini di aggressione o contro l’umanità. Può irrogare punizioni fino all’ergastolo. I delitti commessi ai danni dei cittadini degli Stati “partes” del trattato istitutivo (non sottoscritto da Israele, Cina, USA, Russia) si perseguono altresì nei paesi “non aderenti”. Un eventuale “mandato di arresto” per l’ex colonnello del KGB, o i suoi sodali, potrebbe essere eseguito al di fuori del territorio russo o delle comunità non allineate”.
Chi è Rino Romano
Romano, nel 1989, si è laureato, col massimo dei voti, in scienze politiche, con specializzazione amministrativa, presso la “Federico II” di Napoli, conseguendo vari masters di secondo livello, corsi di perfezionamento, abilitazioni, ecc. – e si è formato sotto autentici “mostri sacri” del panorama accademico europeo: il giurista Giuseppe Santaniello; l’umanista, filosofo, prof. Riccardo Campa; l’economista post-Keynesiano e pubblicista Mariano D’Antonio; il prof. Francesco Caruso.
Rino inizia giovanissimo l’attività ambientalista, partecipando in prima linea, dall’età di 16 anni, nei mesi estivi, ai campi scout del WWF (servizio antincendio, tabellazione sentieri, pulizia dei boschi, salvaguardia dei corsi d’acqua) dal Monte Rosa all’Umbria, fino all’Etna e fondando, negli anni 80 – prima di “inventarsi”, nel 1989, il network “P.A.S. – Pan Assoverdi Salvanatura” – la storica Sede Isolana del “Fondo Mondiale per la Natura”. Il sodalizio iridato, protagonista – per circa 10 anni – di tantissime campagne ecologiche, dal bracconaggio all’abusivismo edilizio, agli scarichi abusivi (“da non confondersi – tiene a sottolineare il diretto interessato – con l’anodina “sotto-sezione WWF”, di brevissima durata, coordinata da Anna Buonocore, tra il 1997 e il febbraio 2002, la cui unica iniziativa, in 4 anni, fu la distribuzione di sacchetti, in carta riciclata, durante la Festa di Sant’Anna”). Nel 1988, l’attuale funzionario del Dicastero della Cultura fu personalmente nominato dal Pres. Naz. World Wildlife Fund, Fulco Pratesi, “guardia venatoria volontaria”, con apposito decreto prefettizio, ratificato l’8-9-88.