giovedì, Dicembre 26, 2024

#ospitedonore Lello Montuori. Papa Francesco, la Madonna e la pace.

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Mentirei, se dicessi di credere che dopo la preghiera del Papa di oggi alla Vergine, nella ricorrenza dell’Annunciazione dell’Angelo, la Russia e l’Ucraina saranno più care al cuore immacolato di Maria, di quanto non lo siano, ogni giorno, i popoli delle nazioni che soffrono e ogni uomo che, nel dolore, volge il suo sguardo alla Mamma Celeste.
Mentirei, perché credo poco alle consacrazioni, ancor meno alle apparizioni e ai segreti custoditi dai veggenti, in qualsiasi parte del mondo e in ogni secolo siano stati ‘rivelati’, nella bimillenaria storia della Chiesa.
Consacrazioni, apparizioni, segreti, veggenti, messaggi, non fanno parte della mia fede fragile, dei dubbi di uno che si sente in cammino e che spesso si ferma. Incredulo.

Ciò nondimeno, ho sempre avvertito la potenza dei segni. La forza delle immagini. E non mi sentirei mai di dire che la preghiera di Papa Francesco resterà senza effetto.
Nella nuova folle corsa agli armamenti, giustificata niente meno che dalla logica di mantenere la pace, una pace che sembra valere solo per noi occidentali, spaventati dalla minaccia di una guerra totale di fronte alla quale potrebbe soccombere l’intera civiltà umana, il Papa senza legioni, con la flebile forza dell’esortazione e la voce accorata dell’uomo che non ha perso la speranza, sembra contrapporre un orizzonte più elevato, dove non c’è spazio per le armi e gli strumenti di morte, nemmeno se assurdamente invocati in un’ottica di pace armata.

Dice Francesco.
Il grido di Francesco è, in fondo, l’invocazione di ogni uomo che si scopre Caino verso il fratello che muore. Si scopre, perché sembra difficile ammettere di esserlo, giacché si può assomigliare a Caino in tanti modi. Anche semplicemente girandosi dall’altra parte, mentre un popolo inerme viene distrutto dai missili di un altro popolo, carnefice e al tempo stesso vittima del suo stesso tiranno.
Andando indietro negli anni, non troppo lontani, delle guerre vissute attraverso i racconti dei media, ritornano in mente le immagini della prima guerra del Golfo, quando nel 1990 nel mio Liceo Classico ‘Giovanni Scotti’ di Ischia si discuteva di guerra e di pace nelle assemblee d’istituto. L’Iraq di Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait, un piccolo stato sovrano e americani e inglesi sotto l’egida dell’Onu si proposero di restaurare la sovranità del piccolo emirato dopo che questo era stato invaso e annesso dall’Iraq. Fu anche un evento mediatico che segnò uno spartiacque nella storia dei media: la prima guerra del villaggio globale.

Anche allora ci furono grandi manifestazioni per la pace e contro la guerra, voluta dagli Stati Uniti sotto l’egida dell’ONU. Ed io adolescente presi parte a quelle manifestazioni per la pace, con l’entusiasmo di ragazzo poco più che adolescente che ascoltava la voce del Papa.

Giovanni Paolo II rimase solo nell’opposizione alla guerra, contro l’Occidente e i governi arabi. I suoi richiami furono ascoltati con fastidio. Un atteggiamento lineare di «assoluta proscrizione della guerra». Giovanni Paolo II lo disse il 12 gennaio 1991 al corpo diplomatico accreditato: «Le esigenze di umanità ci chiedono di andare risolutamente verso l’assoluta proscrizione alla guerra e di coltivare la pace come bene supremo». Wojtyla cercó di scongiurare l’intervento, appoggió ogni tentativo di mediazione, denunció i guasti della guerra: una cinquantina gli interventi, che si fecero serrati dal Natale 1990: «Si persuadano i responsabili che la guerra è un’avventura senza ritorno».
Lo bollarono come «fuori dalla realtà». Invece era solo lungimirante: sapeva che la guerra non risolve mai nulla: «Ripeto la mia ferma convinzione che è molto difficile che la guerra porti un’adeguata soluzione ai problemi internazionali». Il 14 febbraio ai parroci di Roma confidó: «Questa è la nostra preoccupazione maggiore, la paura del futuro: i popoli come conseguenza di questa guerra possono diventare ancora più nemici». Il 6 marzo, a guerra finita, in Vaticano riunì un vertice sulle conseguenze del conflitto: «La guerra del Golfo ha portato morte, distruzione e ingenti danni economici e ambientali. Le incomprensioni potrebbero aumentare, se non ci sarà un pronto impegno di tutti ad affidarsi al dialogo e alla fiducia reciproca».

La guerra in Ucraina è ancora in corso. Non sappiamo quale esito avrà. Per l’Europa, per il mondo.
Di una cosa siamo certi: chi siano gli oppressi e da dove vengano gli invasori. Non sono parti che possano scambiarsi davanti al tribunale della storia. Quali che ne siano le cause, ed il loro esame. L’invasione di uno stato sovrano nel cuore dell’Europa, nel terzo millennio, è un evento talmente enorme che non può essere lasciato al punto di vista di analisti d’occasione,
nemmeno se esperti di geopolitica e di diritto internazionale.
Ora come allora, non manca chi ritiene che il ripristino del diritto internazionale violato, passi anche attraverso l’uso legittimo delle armi.
Legittimo da parte degli ucraini. Per difendere il loro sacro suolo.
Ma oggi più di ieri contano i segni.
Per questo con Papa Francesco sentiamo di dire alla Mamma Celeste:
Così sia

1 COMMENT

  1. Il papa come pure il patriarca ortodosso non sono altro che la metafora del male che vestito di bene illude, tradisce e immiserisce l’umanità. Chi realmente è interessato nello sviluppo socie e culturale nonché economico nel mondo non può che rifiutare qualsiasi religione che faccia da tramite tra vita e aldilà. Non ha assolutamente senso perdere tempo con esseri che vivono da sempre sulla miseria materiale e spirituale dell’uomo. Game over!

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