giovedì, Dicembre 26, 2024

La denuncia. A Ischia siamo costretti a “parcheggiare” i nostri figli autistici

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L’autismo è una cosa seria. Con Mamma Ilia abbiamo raccontato la storia di Gianfranco. Con Mamma “Rossella”, un nome di fantasia per evitare indici puntati, invece, vi raccontiamo cosa significa vivere l’autismo, oggi, sull’Isola.
Come vive questa battaglia la mamma di un bimbo autistico?

«La mamma di un bimbo con autismo la vive in maniera molto complicata dal punto di vista emotivo. Dopo averla metabolizzata, la si inizia a vivere a 360 gradi ed è complicato. A Ischia di più perché la nostra isola offre quasi nulla. A parte un’associazione di cui non parlo, per nostro figlio abbiamo scelto altro. A Ischia abbiamo provato il metodo ABA ma non abbiamo avuto risultati e, per un anno, abbiamo portato Daniele (nome di fantasia, ndr)) a Roma dove ci siamo trasferiti per un anno. Abbiamo frequentano un centro di eccellenza e abbiamo scoperto, ahinoi, che dopo aver svolto 2 anni di ABA non ci sono stati risultati visibili. Diventa tutto più difficile perché facciamo i conti con strutture non consone sia in orario scolastico sia extra scolastico. Diventa difficile pensare di praticare uno sport quando il livello di autismo lo permette. Si, magari ti iscrivi e ti accettano però, poi, comunque hanno bisogno sempre di un esperto che accompagni il proprio figlio e spesso non sono tutti propensi. Però ti ripeto, tutto dipende dal livello dell’autismo, perché quando il livello è lieve, allora è OK, ma già quando è un livello 2 e c’è bisogno di un educatore, è difficile».

E le associazioni?
«Ti parlo per esperienza personale, non ho trovato quasi nessuna associazione, anche per farlo andare in piscina ci sono arrivata tramite un’istruttrice che non fa la TMA perché qui anche questo manca. Quindi associazioni per esempio ludiche e sportive, purtroppo non esistono. Ischia ha proposto la terapia in acqua, però non ha avuto un gran successo perché hanno fatto poche lezioni. Poi ovviamente i costi sono quelli che sono e purtroppo anche per questo non tutti possono permetterseli, nonostante ai bambini con questo spettro potrebbe essere utile. Questo è il quadro per quanto riguarda le attività extra, cioè pomeridiane, in modo tale che anche la famiglia si possa organizzare. Questa è la mia storia a Ischia e il paragone con l’esperienza che abbiamo avuto a Roma, dove abbiamo trovato centri sportivi specializzati per bimbi speciali. Mio figlio ha 8 anni e, a breve, chiuderanno le scuole e ci accingiamo a vivere il periodo estivo. Non esistono centri estivi specializzati, a parte, ti ripeto, questa associazione e la mancanza di queste strutture rende l’autismo ancora più grave di quello che è. La speranza è che apra un centro con tanto di terapia occupazionale e che sia studiato affinché possa seguire il percorso di questi bambini con lo spettro autistico.
Sull’isola ci sono centri e professionisti dove fare psicomotricità, logopedia, ma non c’è una risposta per eseguire terapie cognitive e comportamentali. Manca proprio un percorso specialistico per l’autismo in maniera specifica e non per le disabilità in generale».

E per quanto riguarda la scuola?
«Da un punto di vista scolastico, nonostante qualche singolarità, siamo ancora senza strumenti e senza soluzioni. E, spesso, la vita quotidiana per i bambini autistici non verbali è ancora più muta. Non hanno la possibilità di comunicare e affrontano anche il problema della limitazione dell’offerta, perché manca una profonda conoscenza di strumenti e metodi. A Roma, ad esempio, molti risultati li abbiamo ottenuti con la comunicazione aumentativa alternativa. Purtroppo, per questo, ad Ischia non ci sono logopediste specializzate. Questa è una terapia che potrebbe aiutare in maniera completa un bambino autistico non verbale. La mancanza di queste figure specializzate si aggiunge a tutti gli altri problemi. Spero che tutte le scuole possano avere delle aule sensoriali come Barano e Forio perché, diciamocelo, ai nostri ragazzi le lacune iniziano anche delle strutture all’interno della scuola. Mancano strumenti didattici specialistici, libri dedicati e altri tipi di supporto. E, da mamma, ti dico che spesso le scuole non ne conoscono neanche l’esistenza. Tutto questo ci costringe a parcheggiare i nostri ragazzi senza poterli aiutare. Così nessuno riesce a raggiungere l’obiettivo minimo previsto dal piano educativo individualizzato che, poi, non viene portato a termine. Quindi la morale di tutto è che la nostra vita è complessa così come la vita quotidiana del bambino è complessa.

Passate le ore scolastiche, Ischia smette di offrire sostegno a questi ragazzi. Certo, lo ripeto, tutto dipende dal livello di autismo del singolo. Riusciamo a dare risposte, forse, solo ai ragazzi con livelli molti lievi. Se si sale, purtroppo, è tutto complicato. Abbiamo bisogno di spazi adeguati, centri organizzati ed operatori specializzati ma, soprattutto, conoscenza. Molto spesso, i disagi e la disorganizzazione sono figli della mancanza delle conoscenze sull’esistenza di questi supporti. A livello scolastico servono docenti di ruolo formati perché, quando io mamma mando mio figlio a scuola, spero che questo docente conosca e sappia affrontare la sua patologia. Nostro figlio resta a scuola al massimo 2 ore. Poi, un po’ perché la struttura non è consona, un po’ perché non resiste, lo andiamo a prendere.
Non voglio generalizzare, ti ripeto, dipende sempre dal livello dell’autismo, però credo che questo sia il problema di tutti».

Cosa prova una mamma quando la sera mette a letto un bimbo autistico?
«Sono molto sincera: penso a cosa sarà il domani. Essendo un bambino che non è autonomo in nulla, non riesco a pensare a chi baderà a lui. Poi vengono le domande: come mai? Da dove è nato il problema? Abbiamo scoperto l’autismo di figlio a quattro anni. I primi giorni dopo la diagnosi, mi dicevo, “come mai tutto questo?”. Stai male psicologicamente. Subito dopo aver saputo la diagnosi è una disperazione. Ti fai mille domande: come mai ieri scriveva? E quasi parlava? E da un momento all’altro è caduto nel baratro. Non c’è relazione sociale con nessuno, questo è il problema fondamentale, perché non c’è la relazione sociale e ti chiedi: Cosa facciamo domani? E quando si farà grande? Come gestirlo? Cosa fargli fare? Fino a quanti anni frequenterà la scuola?».

E’ stata superata quella sorta di razzismo, di isolamento nei confronti degli autistici?
«No. Purtroppo a livello a livello sociale, collettivo, scolastico si parla di inclusione dei bambini speciali, però tutto dipende poi sempre dalla classe in cui si inseriscono. Per la mia esperienza personale devo dire la verità. E’ vergognoso che ci siano docenti che non riescono ad integrarli così come è assurdo che ancora oggi, trovi chi li vede come un problema a scuola. Siamo sinceri, se vado al supermercato e mio figlio emette delle ecolalie o salta, c’è chi si gira, chi guarda. Trovo odiosi quelli che chiedono: “ma per caso ha la legge 104?” e “allora sei autistico?”. Anche queste frasi non si sono superate e questa è una cosa che comunque si dovrebbe superare, ma tutto deve partire dalla scuola. Prima dalla famiglia e poi dalla scuola».
gadme

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