Gino Finelli | Non so davvero come commentare l’affermazione del Sindaco di Procida in riferimento all’appello sottoscritto da numerosi intellettuali, apparsa su un giornale “Vogliono praticamente mandare un commissario al Sindaco di Procida?”. Una affermazione oltre che gratuita offensiva per chi ha redatto e sottoscritto l’appello per Procida Capitale. Lo è perché non si è compreso il significato culturale di quanto riportato nell’appello e lo è perché i sottoscrittori del documento sono tutti uomini di grande cultura, professori universitari, educatori e conoscitori di certo della costituzione e della democrazia.
Respingo dunque con forza e con arroganza culturale le affermazioni, ritenendole pretestuose e sgarbate.
Nessuno vuole vigilare sulle scelte di un Sindaco, ma di certo il Sindaco non può e non deve essere una sorta di podestà inattaccabile, poiché il potere pro tempore che gli è stato conferito dalla democrazia, è un potere che deve tener conto di tutte le voci, anche di quelle di dissenso del suo operato e valutare la loro correttezza. E’ questa la democrazia, non quella che oggi, molto più di ieri, si tenta di far passare. Troppo spesso questi nuovi uomini politici, si arrogano il diritto- dovere di poter fare scelte e usare comportamenti in totale difformità al concetto di democrazia partecipativa che da si il compito di governare, ma da anche il dovere di ascoltare e recepire le istanze di chi, a ragione o a torto, porta avanti iniziative e idee differenti.
E’ accaduto spesso, in questi ultimi anni, che l’orecchio è stato spento e si è proceduto su una strada priva di collegialità e certamente divisiva per la popolazione. Si sono così costituite fazioni e si proceduto, con questo modo di far politica, a dividere la popolazione venendo meno a quello che un buon amministratore deve sempre fare: unire.
Anche in questa occasione della nomina a Capitale della Cultura, che prevede attraverso un progetto di tipo culturale lo sviluppo e la crescita del territorio con la collegialità delle scelte e il coinvolgimento dell’intera collettività, contribuendo a sanare conflitti e divergenze, si è assistito invece ad una ulteriore divisione con una totale chiusura, addirittura sulla conoscenza degli eventi e delle iniziative previste e senza mai aprire un dibattito con la popolazione. E’ così venuto meno il senso stesso della nomina e la sua capacità aggregativa, determinando anzi un aumento di quella faziosità che già era ampiamente presente sul territorio.
Gli intellettuali, e tali sono, senza se e ma, che hanno firmato il documento, da uomini di cultura e di esperienza anche nel campo politico e amministrativo e quindi a conoscenza, delle regole della democrazia, non hanno inteso certamente entrare nelle scelte politiche, ma hanno offerto uno strumento consultivo che è democratico, per facilitare attraverso la cultura quella crescita sostenibile nel tempo del territorio e favorire un coinvolgimento della popolazione, mantenendo fermo il principio di salvaguardia del territorio e di protezione della sua storia e delle sue tradizioni.
Capisco che è troppo impegnativo accettare un simile contributo, poiché quando si teme il confronto sono possibili solo due strade: il silenzio o l’arroganza.