Il T.A.R. Campania, Sez. V, in accoglimento della istanza cautelare presentata dall’avvocato Bruno Molinaro, ha sospeso lo sgombero e la demolizione, già fissati per il prossimo 21 settembre, di una casa di necessità, della superficie di appena 25 mq, abitata da una famiglia con gravi difficoltà, sita nella città metropolitana di Napoli e ricadente, peraltro, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio.
L’avvocato Molinaro, a sostegno della istanza di sospensiva, dopo aver denunciato numerosi vizi nella iniziativa assunta dal comune sulla base di una RE.S.A., della quale lo stesso giudice della esecuzione penale aveva accertato l’inesistenza, si era così espresso:
“Il pregiudizio lamentato è di proporzioni incalcolabili vieppiù se si considera che nel fabbricato da sgomberare e da demolire i ricorrenti ed i propri familiari hanno stabilito da numerosi anni la propria (unica) abitazione. Il capo famiglia, che versa in situazione di grave vulnerabilità, non sa dove andare, né ha i mezzi per acquistare o affittare un alloggio nel comune dove risiede da sempre. Il comune, poi, nulla ha fatto per agevolare i ricorrenti nella ricerca di un alloggio alternativo. In fattispecie analoghe, a fronte di una ingerenza così profonda ed irreversibile, la Corte Europea non ha esitato ad adottare nei confronti dell’Italia misure cautelari del tipo di quella richiesta con il presente ricorso (v. il provvedimento reso nel luglio 2018 con riguardo al minacciato sgombero di persone di “etnia rom” presso l’insediamento di Camping River di Roma, nonché quello reso nel maggio 2019 in occasione dello smantellamento di un campo nel comune di Giugliano di Napoli). Sussistono, in definitiva, tutti i presupposti per la concessione della invocata tutela cautelare“.
Il T.A.R. ha recepito in pieno l’istanza difensiva, dopo aver dato atto che “la complessità della vicenda fattuale e giuridica, anche in considerazione della pluralità dei provvedimenti gravati adottati nel corso del tempo, richiede un approfondimento proprio nella fase di merito”, dovendosi, altresì, ritenere “sussistente un pregiudizio grave è irreparabile, insito nella perdurante efficacia dell’ordinanza di sgombero impugnata – la cui esecuzione è prevista per il prossimo 21 settembre 2022 – atteso che nel fabbricato interessato i ricorrenti e i propri familiari hanno stabilito da numerosi anni la propria unica abitazione e gli stessi appaiono, allo stato, privi di mezzi per reperire nell’immediato un alloggio alternativo”.
Questa ordinanza finisce sostanzialmente per aderire allapiù recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo formatasi in materia di inviolabilità del domicilio, condivisa dall’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia che ha affermato l’obbligo del giudice di valutare le situazioni di disagio “caso per caso”.
Ciò vuol dire che il giudice è sempre tenuto, in queste situazioni, a verificare la proporzionalità della sanzione alla luce delle gravi condizioni di vulnerabilità, anche sotto il profilo socio-economico, del ricorrente e dei suoi familiari, eventualmente delegando, come già accaduto in altra vicenda analoga, “la Guardia di Finanza territorialmente competente ad assumere tutte le informazioni utili circa il possesso di redditi, leciti o illeciti, la titolarità, diretta o mediata, di beni immobili o mobili registrati in Italia o all’estero e il generale tenore di vita della esecutata e dei suoi conviventi” ed altresì onerando “i servizi sociali del comune di relazionare, a seguito di opportuna visita domiciliare, sulle condizioni sociali ed economiche dell’esecutato, evidenziando la sussistenza di eventuali situazioni di disagio o marginalità dell’esecutato stesso e dei soggetti conviventi”.
E tanto anche alla luce di una recentissima sentenza del luglio scorso della Cassazione penale che ha ribadito che il principio di proporzionalità della sanzione di matrice europea va senz’altro attuato e valorizzato, in considerazione del fatto che il giudice, in questi casi, non deve limitarsi a prendere atto dell’abuso accertato ma deve anche verificare in concreto la possibilità per il condannato di trovare “una soluzione alle proprie esigenze abitative”, sottolineando, altresì, che, ai fini del giudizio, “sono sicuramente rilevanti le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito dell’interessato”.