GAETANO DI MEGLIO | La scelta era quella di arrivare in tempi rapidi alla sentenza. Partendo, ovviamente, dalla riduzione di un terzo per una eventuale condanna avendo scelto il rito abbreviato condizionato. Eppure, nonostante questa scelta difensiva, il tribunale non è stato tenero nei confronti di Salvatore e Giuseppe Pirro entrambi accusati per la ferita inferta al dipendente della discoteca il “Blanco” di Casamicciola.
In primo grado, il processo quindi si chiude quindi con la condanna di entrambi i Pirro, anche se solo Giuseppe, fino ad oggi è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare prima in carcere e poi ai domiciliari.
I due Pirro, Giuseppe e Salvatore, ferirono il vocalist del Blanco, Gian Maria Dell’Omo, difeso dall’Avvocato Angelo Vignola, perché si rifiutò di eseguire il saluto al padre. Una circostanza che racconta un modo di vivere e di fare che non può essere tollerato e il Tribunale ha valutato in maniera molto seria.
Il Giudice, il dott. Fabio Lombardo, infatti ha emesso la sentenza di condanna nei confronti di entrambi di Pirro alla pena di anni tre di reclusione oltre al risarcimento del danno, alle spese processuali e alle spese di detenzione.
Un processo che si svolto in maniera molto rapida e che oggi ci porta a ragionare su quelle che saranno le scelte future.
Durante la requisitoria il Pubblico Ministero aveva chiesto per gli imputati la pena di 8 anni per il reato di tentato omicidio. Un’ipotesi accusatoria che non ha retto dinanzi al tribunale.
Nel merito dell’accusa del tentato omicidio, il tribunale del riesame aveva chiarito sostanzialmente che la dinamica posta in essere dall’imputato Pirro (Salvatore) era quella di tentare di mostrare tutta la sua determinazione di essere un soggetto che non si ferma dinanzi a nessun ostacolo. E per questi motivi ha confermato in toto l’accusa di tentato omicidio. Il giudice delle indagini preliminari, però, ha ritenuto diversamente valorizzando le risultanze dei soccorsi prestati a Dell’Omo, la modalità criminale messa in pratica sdai Pirro, l’assenza del raputs dell’accoltellatore che, nella casistica, sovente ripete il gesto più volte e, soprattutto ha valutato l’agire condiviso di entrambi gli imputati.
Fino ad oggi, infatti, i riflettori si erano accesi solo su Pirro figlio. È evidente, dalla lettura del dispositivo, però, anche l’azione condivisa con il genitore, l’altro Pirro sia stato un motivo per la commutazione della pena.
NESSUN PENTIMENTO
Nella valutazione della pena, sicuramente, il Tribunale avrà tenuto anche conto delle circostanze evidenziate della difesa della parte civile rappresentante dall’avv. Angelo Vignola che ha segnalato come dai Pirro non sia giunta né una potenziale richiesta di risarcimento né una lettera di scuse o di pentimento. Circostanza che conferma il mondo dei valori degli imputati
DOPPIO APPELLO
Questa sentenza, nel frattempo, però, si presta ad un doppio appello. Leggendo gli atti è molto probabile che la sentenza emessa possa essere appellata dalla Procura della Repubblica e dal P.M. al fine di vedersi accolta l’accusa di tentato omicidio. Una circostanza possibile ma con una percentuale minore rispetto a quella che vedrà impegnata la difesa degli imputati che, sicuramente, chiederanno all’Appello di riformare quando deciso dal GUP di Napoli.
NON REGGE IL TENTATO OMICIDIO
Caduta l’accusa di tentato omicidio, la condanna ai due imputati è arrivata in seguito all’accusa di lesioni volontarie pluriaaggravate. Un reato che prevede una pena edittale massima di 3 anni.
In attesa di leggere le motivazioni che hanno portato alla sentenza, è opportuno evidenziare la scelta della difesa dell’imputato che ha scelto di percorrere il percorso dinanzi al giudice partendo con la riduzione di un terzo per il rito scelto. Ebbene, questa riduzione non c’è stata e la condanna emessa è stata emessa con il massimo della pena prevista per questa fattispecie di reato.
Il giudice non ha concesso le attenuanti generiche, ha valutato l’intero capo d’accusa e, sulla base degli atti che sono stati trasmessi dal pubblico ministero ha riconosciuto la stessa responsabilità in testa ai due imputati.
L’AGGRESSIONE
Il giudice si è soffermato e ha valutato l’accusa mossa a Pirro «Perché aggrediva dell’Omo Gian Maria, colpendolo con diversi pugni al volto, stringendogli più volte le mani al collo, nel mentre lo minacciava ripetutamente di morte come meglio specificato nel capo di cui alle minacce, inoltre, gli sferrava una coltellata al fianco con un’arma da taglio, infliggendo alla parte offesa un colpo in zona vitale (ossia in corrispondenza, di milza e colon), cagionandogli le seguenti lesioni: “ferita da taglio fianco sinistro”con prognosi di giorni 7, in tal modo, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della parte offesa, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla sua volontà (pronto intervento delle persone presenti). Con l’aggravante di aver commesso il fatto per motivo abietto o futile (ed in particolare a seguito del rifiuto della parte offesa di “salutare” come vocalist in discoteca il padre del Pirro)».
CONDANNATO ANCHE IL PADRE
L’altra circostanza al vaglio del giudice è la minaccia aggravata che sarebbe stata posta in essere sia dal giovane Pirro che in qualche modo anche dal papà, che si trovava nella stessa discoteca: «Nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo a) per tentato omicidio, minacciava di morte la parte offesa proferendo le seguenti frasi: “Tu non ti devi permettere di riprendermi perché a Ischia comando io, la tengo in mano”; “E ora il coltello te lo tieni alla gola, ora cosa vuoi fare, vuoi continuare ancora a ribellarti?”, “Io ti uccido, qua comando io”».
LA COLTELLATA AL FIANCO
Nelle motivazioni, inoltre, leggeremo anche le valutazioni del giudice circa le cause che hanno scatenato l’aggressione. Fin da subito si è parlato della volontà dei Pirro di essere salutati pubblicamente dall’addetto alle pubbliche relazioni della discoteca con un messaggio che potesse essere ascoltato da tutti i presenti. Una richiesta non immediatamente esaudita e da qui la reazione dell’imputato più giovane. Lo spiega esattamente il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza da lui depositata in cui veniva confermata la detenzione in carcere di Giuseppe Pirro: «Intorno alle ore 3.30 del 24 aprile 2022, Pirro Giuseppe partecipava ad una serata presso la discoteca “Blanco Club” nel corso della quale dell’Omo intratteneva la platea quale “vocalist”. La persona offesa riprendeva il giovane Pirro per essergli rivolto con modi sgarbati e cioè chiedendo – con fare arrogante – un “saluto” al microfono per il padre, Pirro Salvatore, soprannominato Spek. A questo punto, Pirro Giuseppe, incurante della vasta clientela presente nella discoteca, aggrediva dapprima con degli schiaffi il vocalist dell’Omo, intento all’attività di intrattenimento alla consolle del dj e, subito dopo, incurante dell’intervento di personale della sicurezza e dello scompiglio creato, lo afferrava per il collo e, dopo essersi a lui avvicinato proferiva le testuali minacce: “Tu non ti devi permettere di riprendermi perché a Ischia comando io, la tengo io in mano!”. Non pago di ciò gli sferrava una violenta coltellata al fianco sinistro procurandogli una ferita lacero contusa sanguinolenta. Ancora, senza soluzione di continuità, con una ferocia inaudita, lo afferrava nuovamente per il collo colpendolo dapprima con un violento ceffone e poi minacciandolo con il coltello pressato alla gola (la parte offesa effettivamente presentava dei lividi alla gola e alla giugulare) proferendo contestualmente le testuali minacce: “E ora il coltello lo tieni alla gola, ora cosa vuoi fare? Vuoi continuare ancora a ribellarti?”. Fatto ciò lo colpiva con altri violenti schiaffi e proferendo ripetutamente: “Io ti uccido, qua comando io!” L’accoltellatore, fortunatamente, con non poca fatica, veniva allontanato dalla consolle. Lo stesso, poi faceva perdere ogni sua traccia (dai filmati successivamente acquisiti è stato accertato che Pirro Giuseppe dopo circa 4 minuti si è allontanato con il padre Pirro Salvatore)».
LA CRONOLOGIA DEI FATTI
Nel passaggio successivo il giudice approfondisce ancor di più la cronologia dei fatti e soprattutto focalizza la sua attenzione sul comportamento dell’imputato Giuseppe Pirro: «A tal punto, la vittima, benché già attinta da una coltellata, veniva ancora aggredita da Salvatore Pirro, il quale, incurante della ferita provocatagli dal figlio, lo afferrava per il collo e con violenza lo colpiva ripetutamente al volto con pugni e schiaffi. Anch’egli, in tale circostanza, in gergo napoletano minacciava ed intimoriva la vittima con la testuale frase:”Ora te lo dico qua, ti aspetto fuori, ti devo uccidere!”.
Per tali fatti si procede separatamente. Grazie all’intervento del personali addetto alla sicurezza, anche Pirro Salvatore, soggetto di robusta corporatura, veniva allontanato dal personale addetto alla sicurezza. La parte offesa, in conseguenza della ferita da taglio sanguinolenta subita, veniva accompagnato presso il vicino ospedale “Anna Rizzoli”, dove veniva riscontrato affetto da “ferita da taglio fianco sinistro” e dimesso con la prognosi di giorni sette, allo stato. Tanto premesso la polizia giudiziaria si metteva subito alla ricerca degli autori della violenta ed immotivata aggressione, intercettando nell’immediatezza Pirro Salvatore. Al contrario Pirro Giuseppe si rendeva irreperibile per tutta la giornata, nonostante i servizi di ricerca approntati dalla polizia giudiziaria».