lunedì, Novembre 25, 2024

Franco Brienza “sono un attimo all’esordio e ho molto da capire”

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Gaetano Di Meglio | Mi emozioni, Non pensavo di giocare subito, mi metti subito alla prova” sono queste le prime parole ufficiale di Franco Brienza in maglia gialloblù. Il campione entra in sala stampa con il numero 20 sulle spalle e gli occhi di Pino Taglialatela, Mario Lubrano ed Enrico Buonocore sono pieni di soddisfazione. Una soddisfazione che si taglia con un coltello. Una sensazione di realtà e di verità che sembra di vivere in sogno.
Il portiere di Maradona, il sommo poeta della Spiaggia di San Pietro e Ciccio Brienza insieme nell’Ischia. Uno in campo, uno in panchina e l’altro in tribuna a tessere la rete di una squadra importante. Il grande vecchio, ieri assente, Franco Taratà, gode come un riccio a vedere questa generazione di fenomeni tutti in maglia gialloblù. Un pezzo di sogno che più avanti diventerà ancora più reale quando Pino, lo ha promesso, farà il suo minuto con i guantoni tra i pali del Mazzella. “Più avanti”, dice.

Franco, invece dei campi di serie A, ti vorrei riportare al vecchio caro Rispoli, a Pesarola, e quei bus EAV che da Via Michele Mazzella ti portavano a Barano. Tanti anni e tanta, tanta, tanta roba da raccontare. Eri un ragazzino che sognava un pallone e sei tornato Campione.
“Tutte cose giuste. Ecco, non ti nascondo che c’è tanta emozione. Come diceva Enrico, la mia situazione è un po’ particolare perché ho smesso di giocare tre anni fa Bari, ho fatto un anno da dirigente e poi una volta che smetti, stacchi tutto e spegni l’interruttore generale fai fatica a riprendere. Non era nemmeno in programma. Poi, però, comunque sono stato coinvolto già dall’anno scorso, inizialmente da Pino e da Mario ma facevo fatica, troppo fatica. Quest’anno, invece, c’è stata la parte in più di Enrico, di Tarata e un po’ di insistenza. Ho messo il fisico sotto sforzo e ho cercato di capire realmente fin dove potessi arrivare, perché sai, le risposte, alla fine, te le dà il fisico. Certo, ci deve essere anche la mente. E non ti nascondo che c’p ancora una parte di me che si chiede cosa abbia fatto”

Il fatto di non aver mai indossato la maglia dell’ischia ed essere andato via da Ischia all’età di 15 anni e aver disputato solo il settore giovanile nel Campagnano, era una cosa che volevo realizzare. Si è creata questa opportunità e, quest’anno, essendo la maggior parte tutti di Ischia e che questo progetto che può andare avanti, c’è la volontà di dare una mano. Su di me ho sempre avuto, nella vita mia, quando giocavo, delle aspettative molto alte perché il livello era altro, ora le aspettative sono altre. Ora, è normale e ovvio che la gente un po’ di aspettativa ce l’ha, però vorrei che si capisse che io sono qui per dare una mano. Una mano che davo anche prima di firmare. Ho dato una mano a prescindere perché nello spogliatoio ci sono ragazzi più giovani ed ero uno di loro a prescindere. Poi, ora, sono dentro, ma comunque ero uno di loro. Certo, ora sono dentro a tutti gli effetti, spero di dare una mano. Lo sapete, io evito la stampa e social perché non mi piacciono. Sono stato abituato più a fare che a dire. Preferisco sempre l’esempio visivo a quello parlato“

Questa è una squadra che tu conosci bene perché da tempo la stai seguendo e ti stai allenando con loro. Ecco, dove pensi maggiormente di poter dare il tuo contributo a anche da un punto di vista proprio strettamente tattico?
Ripeto, il contributo che dò è quotidiano e giornaliero nell’aiutare soprattutto i giovani. In questo gruppo ci sono dei giovani interessanti che devono migliorare e si può migliorare. Ci sono giocatori esperti che già hanno fatto queste categorie, le hanno vinte e io, comunque, per la categoria sono un attimo all’esordio e ho molto da capire. Però posso dire l’Ischia ha un gruppo sano, che lavora bene ed è centrata per fare quello che deve fare. Giorno dopo giorno. I risultati, poi, aiutano a far bene anche se devi lottare fino alla fine perché comunque ci sono anche altre squadre attrezzate per vincere.

Il rapporto con Enrico Buonocore? In campo e fuori dal campo, ma soprattutto in campo, come vi gestite?
E’ un bel rapporto. Lui ci ha messo tanto del suo per farmi rientrare. Non ti nascondo e ci ha messo davvero molto. Era come girare la clessidra, prima da un lato, poi dall’altro lato, poi scendevo fin quando non si svuotavano, però ci ha messo tanto. Ed è proprio questo coinvolgimento, queste persone, la loro passione, il loro amore per questa squadra che mi ha convinto e mi sono detto “lo dovevo fare per dare una mano”.

Un messaggio ai tifosi? Tutti aspettavano questo momento…
Lo so, c’erano rimasti male sul primo tentativo. Il mio problema fondamentale però, è legato allo stop durato tre anni. Tu prova a tenere una macchina ferma tre anni e prova a metterla in moto. La prima cosa che fai è cambiare la batteria. Ecco avere nuove energie e cambiare. Ora c’è la voglia di dare una mano proprio perché all’interno ci sono persone che lo meritano. I tifosi sono una parte integrante di questo aspetto e qualcosa di particolato. Io, però, non voglio che l’attenzione viene su di me perché non è bello. E’ giusto che l’entusiasmo ci sia, ma l’attenzione va sempre verso la squadra. Credo che sia giusto così perché la squadra che ad oggi è prima in classifica per merito e non sottovalutiamo la partita di domenica. Non vorrei che l’attenzione sia su di me e si sottovaluta la partita con il Montecalcio. Le partite iniziano tutte zero a zero e quando le devi giocare e queste sono le partite più difficili da preparare. Quelle dopo, magari, giochi col Pompei e l’attenzione sale da sola…”

Hai seguito sicuramente il campionato e visto le avversarie. Che ne pensi? Qual è la tua valutazione?
“Ho seguito il campionato e, fino adesso, si è capito che è un campionato che devi giocarle tutte. Un campionato dove puoi perdere punti con tutte ed è stato dimostrato. Il giudice vero è il campo. L’Ischia ha delle buone possibilità quando gioca come ha fatto la maggior parte delle partite e ha tutte le possibilità di giocarsi fino alla fine le proprie carte.”

Ci sono determinate scene che non dimentichiamo. Ci racconti le emozioni di indossare la maglia della nazionale?
“Fortissime sensazioni. Ricordo che la società non me l’ha nemmeno comunicato e l’ho letto dal Televideo. Pensa un po’ dal televideo. Un’emozione forte la convocazione, poi, quando indossi la maglia e quando canti l’inno nazionale. Cioè è un altro sport”.

Ecco, appunto, un altro sport. In questo periodo credo che tu abbia fatto una riflessione da dove vieni. Li giocavi un calcio che qua non si gioca. Diciamo un altro calcio…
“Quando accetti determinate condizioni sai cosa vai affrontare. Sai, però, alla base c’è proprio quello. Ecco, io so che non posso tornare quello che ero e questo lo so da solo, però il fatto di dare una mano e di avere lo spirito però che avevo prima ecco, quello c’è! Se hai quello spirito e quell’entusiasmo di affrontare le cose poi, dopo, ci saranno le difficoltà ma in quel momento le affronterai”

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