lunedì, Dicembre 23, 2024

Rischio idrogeologico, il Tar sospende l’ordinanza per Monte Sant’Angelo

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Era stata adottata dal sindaco Irene Iacono il 2 dicembre

Mentre su tutta l’isola il rischio idrogeologico fa paura e si dibatte sugli interventi da porre in essere, accade anche di registrare il “congelamento” di un provvedimento adottato proprio in tale materia. Si tratta della ordinanza emessa dal sindaco di Serrara Fontana Irene Iacono il 2 dicembre scorso, relativa al pericolo per rischio idrogeologico alla località Sotto La Torre di Sant’Angelo, che è stata sospesa dal Tar Campania. Il provvedimento sindacale infatti imponeva a diversi cittadini identificati quali proprietari di fabbricati e di porzioni del costone franoso Monte Sant’Angelo, di eseguire tutte gli interventi urgenti per la messa in sicurezza. Ma dieci di questi hanno appunto impugnato l’ordinanza dinanzi ai giudici amministrativi, che al momento hanno dato loro ragione accogliendo l’istanza di sospensiva. Mentre l’udienza per la trattazione del merito non è stata ancora fissata.

Perché questa ordinanza è stata “bocciata”? Per la verità, già successivamente, il primo cittadino l’aveva parzialmente revocata per quanto atteneva la posizione di due dei destinatari, Alessandro Mattera e Virginia Mattera, che avevano dimostrato di non essere comproprietari. E proprio la “difettosa” individuazione dei proprietari, oltre alla mancata urgenza e alla corresponsabilità del Comune, sono alla base della sospensione.

L’ORDINANZA SOSPESA

L’ordinanza sindacale n. 61 del 2 dicembre 2022 infatti si richiamava a una relazione tecnica del 1 ottobre «con la quale si è segnalato, in località S. Angelo – Sotto La Torre – l’avvenuto distacco dalla pendice del Monte S. Angelo di massi, detriti e fango che hanno raggiunto e invaso la parte posteriore dell’Hotel Conte con danni alla struttura alberghiera e hanno raggiunto la parte retrostante dell’immobile del Sig. Mattera Simone già adibito a coiffeur fermandosi in prossimità del centro nautico».

E nella stessa data veniva emesso un primo provvedimento con il quale, «nelle more di una più approfondita indagine geologica e strutturale per eventuali, ulteriori provvedimenti, si è inibito l’accesso e la praticabilità della struttura alberghiera all’insegna “Hotel Conte”, dell’immobile del Sig. Mattera Simone già adibito a coiffeur e, in via cautelativa, anche il cantiere nautico».

Una nuova relazione tecnica di sopralluogo datata 3 novembre, evidenziava la necessità di «rimuovere i detriti inerti e, quindi, realizzare lavori di contenimento del costone per la messa in sicurezza dello stesso». Quella stessa relazione, in riferimento alla localizzazione della sede del movimento franoso, indicava la porzione «di proprietà dei soggetti di seguito richiamati, identificati inizialmente dalla visura catastale attuale e, successivamente, attraverso informativa che ha permesso di costituire gli ambiti familiari».

Il costone Monte Sant’Angelo era anche oggetto di una perizia geologica e di una ispezione della ditta “Italocce”, con cui si confermava «uno stato di potenziale pericolo legato alla presenza di una coltre piroclastica estremamente fratturata e in precario equilibrio statico anche nei settori laterali del fronte franoso non ancora interessato da eventi e, quindi, l’esigenza di una completa messa in sicurezza della parte corticale dell’ammasso fratturato, attraverso un accurato disgaggio del materiale lapideo ancora presente e il consolidamento statico del costone, concordando con l’attuale recinzione praticata alla zona, nell’immediatezza del crollo, ai fini della sicurezza».

L’ACCELERAZIONE

Fin qui siamo ad atti risalenti a prima del 26 novembre. Mentre è stata acquisita al protocollo il 2 dicembre la nota del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco «con la quale a seguito di intervento presso i luoghi di frana hanno rappresentato la necessità di provvedere alla inibizione di fabbricati in adiacenza della parte di costone oggetto di frana».

L’ordinanza sindacale è stata emessa il 2 dicembre. Evidentemente l’evento estremo del 26 novembre, che ha provocato la tragedia di Casamicciola e causato ulteriori danni sull’intera isola, ha indotto anche Irene Iacono a una maggiore prudenza.

Ritenendo necessario, «al fine della salvaguardia della pubblica e privata incolumità, che i sottoelencati proprietari della parte di costone interessato dalla frana e in adiacenza alla stessa provvedano a far esperire urgenti e approfondite indagini al fine di predisporre le necessarie opere di contenimento del costone per la sua messa in sicurezza».

Ordinando a tutti i proprietari identificati in maniera evidentemente troppo superficiale, «di apporre, ad horas, tutte le opere provvisionali necessarie per la salvaguardia della pubblica e privata incolumità, compresa la segnaletica diurna e notturna; di eliminare ad horas tutto quanto costituisce pericolo per la pubblica e privata incolumità attraverso le necessarie opere di contenimento del costone per la sua messa in sicurezza ad esito di urgenti e approfondite indagini di tipo geotecnico/geologico».

I destinatari erano: Iacono Agnese, Iacono Angela, Iacono Antonio, Iacono Giorgio, Iacono Giovanni, Iacono Lorenzo, Iacono Rita Virginia, Mattera Giuseppe, Iacono Angela, Mattera Alessandro, Mattera Virginia, Mattera Michele, Mattera Cecilia Maria in Arturo, Mattera Marco, Mattera Paola, Venosa Anna Maria, Venosa Carmela, Venosa Monica, Venosa Claudia, Iacono Anna Maria, Iacono Viola, Mattera Maria, Iacono Angela in Ascantini, la soc. Agrituristica Milanese con sede a Napoli.

IL RICORSO

Per due di essi, come detto, era già intervenuta una revoca “riparatoria”. Sta di fatto che l’ordinanza è stata impugnata da Agnese Iacono, Rita Virginia Iacono, Angela Iacono, Michele Mattera, Giuseppe Mattera, Cecilia Maria Mattera, Paola Mattera, Marco Mattera, Lorenzo Iacono, Giorgio Iacono, con l’intervento ad adiuvandum di Anna Maria Venosa e Viola Ester Iacono.

Tirando in ballo, oltre al Comune, anche la Città Metropolitana di Napoli, la Regione Campania e il Demanio Marittimo, oltre che “Zunta srl”. Solo Comune e Città Metropolitana si sono costituiti in giudizio.

Nel ricorso si chiede l’annullamento dell’ordinanza previa sospensione. Quest’ultima è puntualmente giunta. A fondamento della richiesta è stata addotta «l’imputabilità della condizione di pericolo a pregresse scelte amministrative (realizzazione di una cava di estrazione, eliporto, area portuale) e alla preesistente condizione di oggettiva fragilità dell’area dolendosi, inoltre, della mancata indicazione di elementi che consentano di ritenere i predetti come proprietari dell’area interessata dalla condizione di pericolo».

I giudici della Quinta Sezione del Tribunale amministrativo regionale, presidente Maria Abruzzese, hanno concordato che l’identificazione dei proprietari era imprecisa. Scrivendo nella ordinanza di sospensione: «Considerato, quanto all’eccepito difetto di legittimazione passiva, che la censura non appare priva di fumus, alla luce delle risultanze della visura catastale prodotta in giudizio e della motivazione anodina addotta dal Comune che espone di aver identificato i titolari dell’area interessata (“inizialmente dalla visura catastale attuale e, successivamente, attraverso informativa che ha permesso di costituire gli ambiti familiari”».

PERICOLO PREESISTENTE

Anche le altre censure contenute nel ricorso sono state ritenute fondate, trattandosi di una situazione di dissesto idrogeologico cui non possono far fronte esclusivamente i privati con le loro risorse. E lo spiegano nell’ordinanza: «Ritenuto che si palesa prima facie illegittima l’irrogazione delle contestate misure straordinarie, in considerazione dell’ampia portata del fenomeno franoso che ha interessato la pendice del Monte Sant’Angelo, della genericità delle misure imposte ai privati e della necessità di un coordinamento pubblico e di una programmazione unitaria delle indagini di tipo geotecnico/geologico e degli interventi di contenimento del costone».

Inoltre, come detto, la condizione di dissesto di Monte Sant’Angelo era già nota da tempo. Evidentemente l’evento del 26 novembre ha impresso una “accelerazione”, ma a questo punto cadono comunque i motivi di urgenza che avrebbero legittimato l’ordinanza: «Considerato, infine, che appare dubbia la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza idonei a legittimare l’adozione di misure extra ordinem, non potendo l’eccezionale potere di ordinanza essere utilizzato per soddisfare esigenze che siano prevedibili ed ordinarie, emergendo dalla documentazione versata agli atti di causa la preesistente condizione di criticità del costone, già nota all’amministrazione che, come dedotto dagli istanti e non contestato dalle parti resistenti, vi aveva inteso rimediare con una rete paramassi sottodimensionata».

In sostanza, il Tar imputa al Comune di non essere intervenuto più concretamente in precedenza, finendo poi con lo scaricare ogni responsabilità sui privati. Di qui l’accoglimento della sospensiva e la compensazione delle spese «all’esito di una complessiva valutazione dei fatti di causa». L’ordinanza resta dunque sospesa e si dovrà attendere la trattazione nel merito. E la situazione di pericolo? Cosa deciderà a questo punto il Comune? Si attiverà per un intervento diretto in attesa della sentenza del Tar? Interrogativi le cui risposte sono demandate ai responsabili dell’Ente.

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