Francesco Ferrandino | Ischia come modello per l’Italia. Ieri mattina all’auditorium “Leonardo Carriero” dell’Hotel Regina Isabella di Lacco Ameno dopo oltre cinque anni è tornato a svolgersi il convegno “Ischia Modello di Sicurezza 2023”, iniziativa promossa dalla giornalista Ida Trofa, che coinvolge prestigiose Università ed enti di Ricerca con l’obiettivo della mitigazione del rischio, la tutela dell’ambiente, il diritto a vivere in una comunità ed un territorio sicuri: esigenze che non sono più derogabili. In sostanza, la priorità sta nel considerare la ricostruzione dei territori non come un costo, ma come un investimento di enorme valore su uno dei luoghi potenzialmente più ricchi al Mondo. Un’iniziativa trasversale aperta a tutti coloro che vogliono contribuire a varare e sostenere un modello virtuoso di rinascita dell’isola, applicabile a tutte le aree del nostro Paese.
Proprio Ida Trofa ha introdotto i lavori: «Mentre ci troviamo nella sala congressi di Lacco Ameno – ha dichiarato la giornalista – più di otto milioni di italiani rischiano di morire per cause legate al rischio idrogeologico. In questa ricerca, Ischia Modello di sicurezza ha provato a dire perché e come si può tentare di evitarlo. La popolazione a rischio frane in Italia residente nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata è risultata pari a 1.303.666 abitanti (2,2% del totale); quella a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media P2 a 6.818.375 abitanti (11,5%). Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria. L’Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha elaborato i cinque indicatori nazionali di rischio per frane e alluvioni con l’obiettivo di fornire un importante strumento conoscitivo a supporto delle politiche nazionali di mitigazione.
La furia dell’acqua e delle frane è costata all’Italia 51 miliardi di danni negli ultimi 40 anni. Il clima che cambia si abbatte sull’Italia con la forza di un sisma. I dati dell’Eea (European Environment Agency) calcolano i costi delle scosse in 30 miliardi nei 4 decenni (ma i valori variano molto di anno in anno). Come l’Italia, sempre secondo i dati Eea, non c’è nessuno in Europa per danni idrogeologici. Dopo i 51 miliardi dell’Italia la classifica passa ai 36 della Germania e ai 35 della Francia. La colpa è da un lato dell’inerzia istituzionale nella gestione del territorio. Poi c’è la nostra orografia peculiare. Rilievi che tagliano il paese. Fiumi stretti, Levi, canali ripidi, pittate che scendono dai versanti. Aria che si carica di umidità in un mare molto caldo».
Nel ringraziare l’ingegner Carriero per l’ospitalità e prima dei saluti del sindaco Giacomo Pascale, Ida Trofa ha ribadito che l’iniziativa intende proporre soluzioni pratiche, basate su considerazioni rigorosamente scientifiche, per mitigare finalmente e definitivamente gli alti rischi (in particolare sismico e idrogeologico) connessi con la natura vulcanica dell’isola, facendo di essa un modello virtuoso per tutte le aree del nostro Paese. All’evento ha aderito la struttura del Commissario Delegato Giovanni Legnini per gli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a Casamicciola il 26 novembre 2022.
Si cerca, dunque, un approccio innovativo, con il presupposto che la sicurezza e la vivibilità dei luoghi, equa e accessibile, abbia un valore sociale inestimabile ma comunque estremamente sostenibile economicamente, utilizzando buone pratiche di governance e di gestione economica.
Anche se l’isola racchiude in uno spazio limitato un campionario completo non solo delle bellezze, ma anche dei maggiori rischi da calamità naturali che caratterizzano il nostro intero Paese, proprio le sue dimensioni contenute rendono possibile un piano di mitigazione efficace con poco sforzo, rendendo Ischia un ‘modello di sicurezza’; un esempio virtuoso per iniziare finalmente a rendere l’Italia intera sicura e resiliente rispetto ai fenomeni naturali, peraltro in rapida evoluzione in funzione del cambiamento climatico. Tecnologia, ambiente, ricerca, scienza, sono stati al centro del percorso che indaga come fare di Ischia un modello esportabile nel mondo. Il passato e il futuro sono il fulcro di questo impianto. Il lavoro degli ingegneri, degli architetti, dei geologi, che aiuta lo sviluppo delle popolazioni e dei loro centri urbani: abitare non deve essere più zavorra, ma bensì valore aggiunto del territorio. La formula ideale per rimettere in piedi il paese rispondendo anche all’esigenza dell’abitare e del produrre ricchezza. In questo modo, anche un territorio segnato dalle catastrofi naturali può diventare un modello di resilienza per un Paese bellissimo ma fragile.
Dopo il saluto del primo cittadino e del Commissario Legnini, atteso a un altro appuntamento istituzionale, è stato Giuseppe De Natale, dirigente di Ricerca dell’INGV di Napoli a prendere la parola: con l’aiuto di varie slide proiettate a beneficio dei presenti (tra cui diverse classi delle scuole superiori isolane), l’esperto ha illustrato i motivi che nei secoli hanno reso Ischia soggetto a diversi terremoti: «Ischia è un’isola che racchiude in sé le origini e la Storia della nostra Civiltà; e racchiude in sé anche tutti i principali rischi legati a fenomeni naturali, per la sua natura vulcanica. In quest’isola, funestata da disastri recenti e passati per evidenti difetti di prevenzione, la mitigazione efficace dei rischi, estremamente semplice ed economica su un territorio di piccole dimensioni, può diventare un esempio virtuoso per iniziare finalmente un’operazione analoga a scala nazionale. La mitigazione del rischio sismico può essere qui facilmente raggiunta consolidando opportunamente gli edifici nell’area che sperimentò intensità sismiche maggiori o uguali all’ottavo grado Mercalli durante il terremoto del 1883, che può essere considerato come evento massimo. Il rischio idrogeologico può essere in parte gestito con opportune opere idrauliche per il ripristino degli alvei principali e la regimentazione; nelle zone soggette al rischio più alto, bisogna invece interdire l’edificazione».
Un altro dirigente dell’Ingv, Gianluca Valensise, ha provato a dare risposte circa la vulnerabilità del territorio: «Perché in Italia i terremoti fanno tanti danni e tante vittime? Perché sono molto forti, o molto frequenti, o eccezionali? O perché colpiscono in zone dove non ce li aspettavamo? Nulla di tutto questo. La comunità scientifica nazionale è solida e preparata: conosce dove e come sono avvenuti i terremoti del passato, e sa valutare dove e con quale forza avverranno quelli futuri. Ma l’Italia è eccezionalmente vulnerabile: non solo nel suo immenso patrimonio monumentale, ma anche nelle civili abitazioni. E quel che è peggio, in molte aree questa vulnerabilità aumenta con il tempo, invece di diminuire, e si sottostimano sistematicamente i rischi che lo sfruttamento del territorio comporta. Importante è dunque considerare la vulnerabilità, dell’edificato e dell’ambiente fisico, e dei danni che inevitabilmente i prossimi terremoti causeranno, calando il tema nazionale anche sulla realtà ischitana. Ma siamo sulla strada giusta per invertire la rotta?».
Antonello Fiore, Presidente della Sigea, Società italiana di geologia ambientale, da parte sua ha spiegato: «L’Italia è un Paese dove la pericolosità geo-idrologica per la conformazione geologica e per le dinamiche geomorfologiche è estremamente elevata, esplicandosi sovente soprattutto con l’accadimento di frequenti fenomeni franosi ed esondazione di corsi d’acqua. Avendo trascurato una pianificazione attenta alle evoluzioni geologica e geomorfologica del territorio si è fatto si che di pari passo con l’urbanizzazione e l’infrastrutturazione del territorio aumentasse il rischio. Abitazioni e infrastrutture quasi mai sono in grado di fronteggiare le forze sviluppate da una frana o da una colata di fango.
L’estremizzazione meteoclimatica particolarmente significativa nel bacino Mediterraneo nell’ultimo ventennio è uno dei principali effetti del cambiamento climatico in atto; esso risulta essere più evidente ed esteso relativamente all’incremento delle temperatura e da una decisa maggiore irregolarità delle precipitazioni cumulate annuali distribuite in un numero di giorni mediamente inferiore del 10% rispetto alle medie climatiche più recenti con conseguente aumento della loro intensità media e sempre più frequenti strutture temporalesche che interessano il nostro Paese. Un evento temporalesco ha interessato l’isola di Ischia innescando all’alba del 26 novembre, lungo il versante nord dell’isola, una colata rapida di fango che ha interessato 218 edifici dell’abitato di Casamicciola Terme, distruggendone 27 e causando 12 vittime, oltre feriti e disagi per i residenti delle abitazioni interessate dal rischio residuo.
Nelle aree urbanizzate ad accertata pericolosità geo-idrologica da frana e alluvioni, per mitigare gli effetti di questi eventi, risulta necessario attivare prima di tutto gli interventi non strutturali. La pianificazione territoriale deve basarsi sulla definizione degli scenari evolutivi delle potenziali frane e alluvioni tenendo in conto le quantità di materiale mobilizzato, le traiettorie, e le forze in gioco.
Risulta altrettanto necessario avviare un monitoraggio del territorio e la definizione dei meccanismi di rottura delle frane o di propagazione delle piene le soglie pluviometriche di innesco di questi fenomeni. Questi studi dovrebbero aggiornare i Piani di assetto idrogeologico in modo da rendere più attuali gli strumenti urbanistici comunali. Inoltre è necessaria una manutenzione delle opere di presidio già realizzate e l’eventuale implementazione con nuove opere strutturali se quelle esistenti non sono ritenute sufficienti a garantire una adeguata mitigazione del rischio.
Gli effetti al suolo del nubifragio del 26 novembre a Ischia, in primis la colata di blocchi rocciosi, detriti e fango, sarebbero potuti essere meno distruttivi se il territorio fosse stato nel tempo diligentemente mantenuto e correttamente presidiato. Un ruolo non secondario potevano rivestire le opere di regimentazione idrauliche che sono indispensabili per mantenere il corretto e naturale delicato equilibrio geo-idrologico e idrogeologico dell’intero versante. In queste condizioni, già al limite dell’equilibrio, l’aggravante di avere urbanizzato aree senza un’attenta pianificazione in termini di evoluzione geomorfologica dei versanti, ha incrementato fortemente il fattore di rischio. In regime di cambiamento climatico, quale il periodo attuale, risulta evidente che il completo abbandono e degrado del territorio privo di cura e di manutenzione, la mancata sistemazione idraulico forestale, e la mancata cura della vegetazione, accelerano i processi morfologici.
Dopo l’alluvione che ha interessato la stessa Casamicciola Terme nel 2009 dovevano essere realizzati diversi interventi, occorreva realizzare studi che definivano gli scenari evolutivi dei versanti e gli interventi di messa in sicurezza. Nei 13 anni trascorsi si sarebbe potuto intervenire per mitigare i rischi e utilizzare al meglio i fondi stanziati per la realizzazione degli interventi, fondi mai spesi.
Contiamo molto sulla struttura commissariale guidata da Giovanni Legnini e sulla l’esperienza da essa acquista in altri scenari di dissesto; crediamo che il caso di Ischia, che va affrontato e risolto con una visione ampia soprattutto per gli ischitani, la loro sicurezza, il loro benessere e la loro economia, possa essere di esempio per una Paese sempre più propenso a rincorre le emergenze anziché prevenirle».
Dunque, quello che è mancato finora è stato un serio studio e una conseguente azione di prevenzione, che deve da subito diventare la costante priorità per ridurre le conseguenze di una pericolosità che non è annullabile.