Il ricorso di Abramo De Siano non è contro Giosi Ferrandino, è contro Casamicciola. Una mossa cattiva, confezionata solo per spirito di vendetta personale e fatta pagare ad un’intera comunità. Una decisione, tuttavia, che pone un serio interrogativo su come e cosa sia successo al Capricho durante le operazioni che hanno portato, poi, al voto.
Ci sono almeno due riflessioni che sul ricorso promosso dall’avvocato Miriam Petrone meritano di essere analizzati. Stando a quello che abbiamo letto, beh, come abbiamo già scritto, il ricorso sarà accolto quasi sicuramente. La legge parla chiaro e la matematica non è un’opinione: le liste sono state pubblicate sull’albo pretorio dopo il termine perentorio della legge.
Questo è il primo ricorso contro le operazioni elettorali e non contro un candidato. Questo di Casamicciola non è il caso di Ischia che vide protagonista la figlia di Abramo e non è neanche il caso di Lacco Ameno. In entrambi i casi recenti, infatti, la questione era contro un altro candidato. Il motivo del contendere era relativo ai voti contati bene o male. Questa di Casamicciola, invece, sembra essere una trappola ben preparata. Anche perché, se non è una trappola, è una sciatteria immensa.
E nonostante le similitudini con il caso di Alberto Barbieri del 2001, anche ci sono interessanti differenze. 22 anni fa, il casus belli era legato all’esclusione del candidato sindaco e della sua lista. La vicenda era, in qualche modo, ad personam. I fari erano puntati sull’operato della Subcommissione Elettorale e sul suo agire.
In questo caso, i fari sono puntati sui dirigenti e sui dipendenti del Capricho di Casamicciola. Qui non c’è nessuno scontro elettorale. Non c’è nessuno dall’altro lato: qui c’è solo il gesto di mettere sotto scacco il paese e la comunità che non l’ha votato. È una vendetta contro gli amici che lo hanno tradito e contro i compagni di lista che lo tenuto a margine del dibattito politico e non gli hanno consentito l’elezione.
Stando a quello che abbiamo letto e anche al precedente proprio di Casamicciola (quasi sovrapponibili) l’amministrazione di Giosi Ferrandino ha la sua scadenza: è il primo dicembre.
L’articolo 130 del processo amministrativo, quello che regola il “Procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo”, precisa che “La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stesso termine di cui al periodo precedente è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi” e questo tutto sembra tranne che una questione complessa. E’ tutto molto chiaro.
Così come è chiaro anche un altro dettaglio che aveva colpito i più attenti. Lo stesso articolo, infatti, precisa che Il presidente, con decreto: a) fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza. Un dettaglio, questo, che esclude dai ragionamenti la richiesta di “sospensiva”. Nei ricorsi elettorali non ci sono fasi cautelari.
Possiamo iniziare a fare il nostro count-down e, contemporaneamente, anche farci qualche altra domanda.
Al netto delle norme, questo ricorso – al netto delle sue chiarissime valutazioni politiche – è contro la Prefettura di Napoli.
Il ricorso di De Siano non è contro Giosi Ferrandino o contro Giovan Battista Castagna e Peppe Silvitelli (quelli che avevano gestito il potere comunale per diversi anni!) ma è contro la Prefettura che doveva garantire alla comunità di Casamicciola la gestione dell’Ente.
Quello che deve essere chiaro è che il sindaco o il commissario prefettizio che sia firma le delibere e gli atti e, chiunque esso sia, di certo non cura la pubblicazione sull’albo pretorio.
Questa, quella che è mancata a Casamicciola, è una responsabilità gestionale. Non è un atto di indirizzo politico-amministrativo, è una semplice operazione.
E’ credibile che a Casamicicola ci sia stato qualcuno che se ne sia fregato così tanto? Beh, a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!
In conclusione, ma è credibile uno stato che regola le sue elezioni territoriali con una legge del 1960? E’ credibile uno stato che, ancora oggi, protegge e considera come un diritto del cittadino la pubblicazione delle liste elettorali sull’albo pretorio del comune?
E’ credibile uno stato che, ancora oggi, da una parte vieta la pubblicazione “Nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni e fino alla chiusura delle operazioni di voto è vietato rendere pubblici o comunque diffondere i risultati, anche parziali, di sondaggi sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori” se poi, dall’altra parte, riconosce come un diritto degli elettori conoscere gli elettori solo 8 giorni prima? Che Stato….