Jannik Sinner approda alle semifinali di Wimbledon e il tennis italiano, dopo la magra uscita di scena di Matteo Berrettini contro Alcaraz (non era certo il più facile dei match, ma scomparire dopo un solo set sotto i colpi del prodigioso spagnolo ci sembra veramente la solita poca roba), ha la facoltà di gioire per un paio di giorni e non solo per il breve record del più giovane giocatore giunto a tale risultato dal 2007 ad oggi.
L’altoatesino, anch’egli a seguito di varie e dubbie vicissitudini nel dopo-Piatti, ha ancora una volta la possibilità di scrivere la storia. Una chance, quella di stavolta, che non può e non dev’essere smontata dall’alibi di giocarsela contro il mostro dei mostri, quel Djokovic che dall’alto dei suoi trentasei anni suonati non intende darla per buona ad alcuno e sembra proprio intenzionato a tutto tranne che mollare lo scettro e la vittoria finale a vantaggio di chicchessia.
Il tennis, come si dice, è lo sport del diavolo, perché non regala nulla e, soprattutto, rende ogni incontro al pari di una storia a sé. Tuttavia ritengo che questa sia l’occasione giusta per dimostrarsi pronto ad un appuntamento del genere, così come lo fu Berrettini nella finale giocata proprio contro Nole due anni fa: Matteo perse in quattro set, ma arrivò in finale a testa altissima e ne uscì altrettanto orgogliosamente, sconfitto da una manifesta superiorità che continuava da anni a non incontrare ostacoli e non certo dai limiti personali di un giocatore mediocre quale spesso si era dimostrato. Ecco, mi piacerebbe che Jannik, il quale al pari di Berrettini difficilmente mi entusiasma più di tanto, riuscisse a stupirci per convinzione, tenacia, tecnica, tattica e, perché no, anche per il risultato, che non dev’essere necessariamente legato alla vittoria finale, ma ad una prova di grande spessore sotto tali aspetti, beh… quella sì, è inevitabile!
Domani, quindi, occhi puntati su questo ragazzotto apparentemente esile ma fisicamente molto più strutturato di quel che sembra. E chissà che dietro quell’aria dinoccolata e, soprattutto, quel suo aspetto che lo fa sembrare così poco italiano anche per la sua innata freddezza in campo e non solo per i suoi natali, non si riescano a gettare le basi di una piccola quanto agognata impresa sul centrale londinese.