Negli ultimi tempi l’Amministrazione comunale di Ischia manifesta la volontà di tenere in particolare conto e tutelare le esigenze dei cittadini diversamente abili. Una “tendenza” ribadita dal sindaco Enzo Ferrandino, che l’ha invocata anche a giustificazione dell’avvicendamento in Giunta. Eppure il Comune d’Ischia non fa un bella figura nella vicenda che è finita nelle aule del Tar Campania e si è conclusa con una sentenza sfavorevole all’Ente. Per aver negato uno stallo di sosta “dedicato” alla madre di una ragazza gravemente invalida, non sussistendo i presupposti per tale rifiuto. E’ vero che la nota di rigetto dell’allora comandante della Polizia Locale risale all’aprile del 2020 (in pieno lockdown, ma questa sottolineatura non ha nulla a che vedere con il provvedimento adottato). Se ora l’Amministrazione ha cambiato “atteggiamento”, quell’“errore” non è stato corretto e resta la considerazione che questa madre, la signora Francesca, ha dovuto attendere oltre tre anni per ricevere giustizia.
Nel ricorso la signora, difesa dall’avv. Maria Grazia Di Scala, chiedeva l’annullamento della nota del 2.4.2020, a firma del comandante della Polizia Locale, avente ad oggetto «riscontro richiesta di concessione area disabili ad personam». Il Comune si è costituito in giudizio difeso dall’avv. Leonardo Mennella, ma non ha evitato la condanna.
QUELLA “VECCHIA” ORDINANZA
Nella sentenza il collegio della sesta sezione del Tribunale amministrativo regionale della Campania ricostruisce la spiacevole vicenda: «La ricorrente, premettendo che la figlia è affetta da grave invalidità permanente con disturbi della deambulazione e che pertanto è stata dichiarata invalida civile con necessità di accompagnamento ex L. 104/92», ha impugnato la nota che appunto respingeva la richiesta. Lamentando una lunga serie di violazioni e l’eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, nonché il difetto di motivazione.
Riferiscono i giudici: «In particolare, la ricorrente aveva richiesto all’amministrazione il rilascio di un permesso di parcheggio nei pressi della propria abitazione, riservato nominativamente alla ricorrente, lamentando l’insufficienza degli stalli di parcheggio in zona (sia su strisce blu, sia su strisce gialle). La ricorrente ha lamentato che il provvedimento impugnato abbia fondato il diniego sull’applicazione dell’ordinanza sindacale n. 52/2012 in base alla quale gli stalli di parcheggio nominativamente riservati sono autorizzati in via sperimentale solo a fronte di necessità di accompagnamento di soggetti minori con ridotte capacità deambulatorie, mentre la figlia della ricorrente sarebbe soggetto maggiore di età; tale ordinanza comunale si riferirebbe però solo alle aree rientranti nelle Z.T.L., e si riferirebbe solo all’anno 2012».
Dunque l’allora comandante avrebbe sbagliato a negare il permesso. Ma c’è di più. Mamma Francesca infatti lamentava anche «la violazione dell’art. 381 del Codice della Strada, che consente la predisposizione di stalli di parcheggio nominativi, in caso di patologie invalidanti, e senza il limite della minore età».
L’ERRORE DEL COMANDANTE BOCCANFUSO
Un motivo ritenuto fondato dal Tar. E la sentenza spiega chiaramente l’“errore” commesso dal comandante: «Il provvedimento impugnato si limita a motivare il diniego con il richiamo all’ordinanza sindacale n. 52/2012 in base alla quale gli stalli di parcheggio nominativamente riservati sono autorizzati in via sperimentale solo a fronte di necessità di accompagnamento di soggetti minori con ridotte capacità deambulatorie. Tuttavia, il Collegio condivide la censura della ricorrente, secondo cui tale ordinanza è riferita specificamente alle zone ZTL; nella premessa di tale ordinanza è infatti chiaramente indicato che tale ordinanza è emessa per modificare la precedente ordinanza n. 32 del 2012 relativa agli orari di apertura e chiusura delle ZTL, e anche il contenuto dell’ordinanza n. 52 del 2012 è incentrato a disciplinare le ZTL. Quindi, in base alla interpretazione letterale e sistematica delle previsioni dell’ordinanza n. 52 del 2012, si evince che quest’ultima è riferita alla regolazione delle ZTL».
Per poi proseguire: «Orbene, essendo pacifico che l’abitazione della ricorrente non si trovi all’interno di nessuna ZTL, consegue che è erroneo il presupposto del provvedimento impugnato, dovendosi intendere che la clausola di tale ordinanza n. 52 del 2012 relativa alla concessione di stalli nominativi solo in caso di minori con difficoltà di deambulazione si riferisca solo alle aree ZTL». Un rifiuto infondato, dunque.
COSA PREVEDE IL CODICE DELLA STRADA
Ma c’è di più. «Il difetto di motivazione – scrivono infatti i giudici – emerge anche sotto ulteriore profilo. L’art. 381 del Codice della Strada prevede quanto segue: “Nei casi in cui ricorrono particolari condizioni di invalidità della persona interessata, il comune può, con propria ordinanza, assegnare a titolo gratuito un adeguato spazio di sosta individuato da apposita segnaletica indicante gli estremi del “contrassegno di parcheggio per disabili” del soggetto autorizzato ad usufruirne. Tale agevolazione, se l’interessato non ha disponibilità di uno spazio di sosta privato accessibile, nonché fruibile, può essere concessa nelle zone ad alta densità di traffico, dietro specifica richiesta da parte del detentore del “contrassegno di parcheggio per disabili”. Il comune può inoltre stabilire, anche nell’ambito delle aree destinate a parcheggio a pagamento gestite in concessione, un numero di posti destinati alla sosta gratuita degli invalidi muniti di contrassegno superiore al limite minimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, e prevedere, altresì, la gratuità della sosta per gli invalidi nei parcheggi a pagamento qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati”».
Il caso in esame rientrava in questi requisiti. Si evidenzia infatti in sentenza: «Parte ricorrente ha allegato espressamente di abitare in una zona ad alta intensità abitativa, tanto che sotto casa non riesce a trovare parcheggio nella pubblica via. Sarebbe stato onere dell’amministrazione, a fronte di tale disposto normativo che attribuisce all’amministrazione la facoltà di istituire stalli di parcheggio nominativi senza alcuna esclusione per i soggetti maggiorenni, motivare specificamente le ragioni del diniego, anche in considerazione che la ricorrente ha allegato espressamente di abitare in zona ad alta intensità abitativa e che sussistono le comprovate difficoltà di deambulazione della figlia».
Il ricorso è stato dunque totalmente accolto e quel provvedimento adottato. Il collegio ha però ritenuto di compensare le spese «in ragione della particolarità della vicenda e della complessità delle questioni sottese», sussistendone i gravi motivi. Giustizia è fatta, sia pure dopo tre anni.
Tutto grazie all’ignoranza della Boccanfuso……