La fine dell’estate sempre piu vicina riaccende i fari sulle concessioni demaniali e su tutto ci che da tempo gira attorno ad essa. Un nuovo sunto di riflessione arriva come sempre da mondobalneare che prova a delineare una strategy exit che permetterebbe ai gestori di continuare ad operare.
“La direttiva Bolkestein (2006/123/CE) non si applica alle concessioni di servizi. Lo ha ribadito anche la nota sentenza della Corte di giustizia europea “Promoimpresa” del 14 luglio 2016, che ha stabilito l’applicabilità della direttiva Bolkestein alle concessioni demaniali: «Le disposizioni relative ai regimi di autorizzazione della direttiva 2006/123 non sono applicabili a concessioni di servizi pubblici che possano, in particolare, rientrare nell’ambito della direttiva 2014/23. […] Nei procedimenti principali, come sottolinea la Commissione, le concessioni vertono non su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale. Ne risulta che le concessioni di cui ai procedimenti principali non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi» (punti 46 e 47 della sentenza.
Come ben si nota, la ragione per cui la Corte di giustizia Ue ha stabilito l’applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni demaniali marittime è che esse sono configurate come concessioni di beni e non di servizi. Essenzialmente, nella concessione di beni l’ente pubblico attribuisce al privato il diritto di utilizzare un bene pubblico; nella concessione di servizi, invece, il privato assume l’obbligo di gestire un servizio pubblico. Le concessioni di servizi ricadono in una diversa direttiva, la 2014/23/UE, che al considerando 15 prevede infatti: «Taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico […] mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva».
Attualmente in Italia le concessioni demaniali marittime rientrano dunque (ove ricorra il presupposto della scarsità della risorsa, che è tuttora argomento di discussione) nella direttiva Bolkestein e non nella direttiva Concessioni, perché sono configurate come concessioni di beni, in quanto l’ente concedente attribuisce al concessionario il diritto di utilizzare il bene demaniale stabilendo unicamente le condizioni generali di tale uso. Per uscire dalla sfera di applicazione della direttiva Bolkestein, quindi, lo Stato potrebbe istituire uno specifico servizio pubblico di balneazione attrezzata e prevedere l’obbligo da parte del concessionario di fornirlo, trasformando così le concessioni delle spiagge da concessioni di beni demaniali a concessioni di servizi espletate tramite beni demaniali. Il discrimine infatti, come si è visto, è proprio l’esistenza o meno di un servizio pubblico e di un obbligo in capo al concessionario di esercitarlo. L’esempio con maggiori analogie in questo senso è dato dalle piscine comunali, che sono frequentemente gestite nella forma della concessione di servizio pubblico. I rapporti economici sono i medesimi delle attuali concessioni demaniali marittime: il concessionario paga un canone all’ente pubblico e l’utenza paga il servizio al concessionario. Con questo “piccolo” cambiamento, si uscirebbe dalla direttiva Bolkestein e si entrerebbe nella direttiva Concessioni, la quale, però, prevede una soglia di rilevanza comunitaria di 5.382.000 € di fatturato presumibile nel periodo di concessione (art. 8), sotto la quale l’obbligo comunitario di gara sussiste unicamente per le concessioni di interesse transfrontaliero certo (per le quali si applica comunque la libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE). Ad oggi in Italia l’accertamento dell’esistenza dell’interesse transfrontaliero certo è rimesso ai singoli enti concedenti, in base a criteri molto generali, riportati anche nelle linee guida n. 4 dell’Anac, che sono sostanzialmente il valore, il luogo ed eventuali caratteristiche tecniche particolari. Nella sentenza “Promoimpresa”, tuttavia, la Corte di giustizia Ue ha ritenuto di interesse transfrontaliero certo una concessione sul lago di Garda anche per la sua “situazione geografica”. Ma questa affermazione non è accompagnata da un’analisi giuridica che ne illustri la ragione e quindi non sembra potersene ricavare un criterio estensibile sul piano generale. D’altronde il presupposto in questione (posizione geografica che determina un interesse transfrontaliero certo) non può allargarsi al punto di divenire del tutto vago e indefinito.
Il Codice dei contratti pubblici potrebbe prevedere l’affidamento diretto della concessione di servizio pubblico di balneazione attrezzata agli eventuali concessionari (o proprietari) di strutture ricettive situate al confine con l’arenile. Con queste modifiche normative, il problema delle concessioni balneari potrebbe essere risolto in via definitiva.”