L’Ischia si appresta a una nuova sfida in serie D. Con chi parlarne se non con Enrico Scotti?
Sul campo dell’Ardea inizia un altro campionato di serie D dell’Ischia. Ci siamo detti finalmente usciamo dall’Eccellenza… Tu di campionati dell’Ischia ne hai visti nascere parecchi e ne hai visti morire altrettanti. Qual è il sentimento nel sapere che l’Ischia riprende dalla D e lo fa dopo esserci arrivata con la vittoria insperata contro tutto e tutti l’anno scorso in Eccellenza?
«L’anno scorso avevo un’unica preoccupazione ed era il Pompei. Conoscendo i personaggi che gravitano intorno, dal presidente in giù, però, mi ero convinto che se si manteneva una costante in termini economici a gioco lungo, le squadre tranquille potevano cavarsela. Devo anche dire che prima del mercato di dicembre mi permisi, parlando con un dirigente, di sollecitare alcune sostituzioni dicendo: dovete sistemare l’attacco, il regista, il centrale di difesa. Devo dire che lo fecero con grande tempismo e anche con una buona qualità ed è finita come è finita.
Quest’anno mi sento meno sicuro, non per la categoria, ma per come siamo partiti. Però sarà sempre il campo il giudice severo per certi giudizi. Lo dice uno come me che qualche campionato di serie D lo ha organizzato partendo dal primo, dopo il ripescaggio storico, quando tutta la società ischitana si trasferì a via Allegri a Roma – dall’associazione commercianti, i terminalisti, gli albergatori, gli organi di informazione, i consiglieri comunali – e riuscimmo in quella sede a legittimare le nostre aspettative. Con il ripescaggio fui costretto con Gigetto (Cantone, ndr), quando era presidente, a fare una squadra di serie D in tre giorni. Diventammo napoletani, battemmo l’hinterland napoletano allestendo una buona squadra, se è vero, come è vero, che ci classificammo al secondo posto, conservando ovviamente lo zoccolo duro ischitano. Secondo dietro una corazzata come la Gioiese di Franco Scotti, il quale non vinse legittimamente tutte le partite così come emerso da certe cose che si sono sapute. Tra l’altro, noi l’anno dopo, su quella ossatura migliorando la squadra, sostituimmo il tecnico prendendo Lillino Abbandonato e vincemmo alla grande, a mani basse, quel campionato.
Veniamo a quello che ci aspetta oggi. Chiaramente è un girone, per fortuna, ritengo, dove si privilegia il calcio ai calci. E ovviamente ci sono anche squadre meno attrezzate da un punto di vista tecnico economico.
Quello che è fondamentale, secondo me, è mantenere la categoria senza patemi, sperando poi di consolidarsi in prospettiva. Sono un po’ perplesso per alcune vicende esterne alla società. Sappiamo tutti che l’Ischia dall’anno scorso, a parte una rappresentanza isolana che si manifestava in Borsò che c’è stato ben poco, a parte la partecipazione costante e passionale dei tifosi, era Carlino dipendente. Il triplete, a mio modo di vedere, ha in effetti un attimino fuorviato Carlino da quello che poteva essere l’Ischia. C’è anche l’Ischia ed è quell’anche che mi preoccupa. E poi mi preoccupa anche una cosa di cui non ho trovato traccia. Devo confessare che da quattro giornali cartacei ora leggo solo qualcosa sul tuo.
Detto questo, l’assenza di Taratà (Franco Impagliazzo, ndr) quest’anno la vedo come un enorme vuoto in termini, diciamo così, di partecipazione attiva di dirigenza. Non l’ho capita e non l’ho voluto neanche chiedere sabato, quando per motivi completamente diversi mi sono incrociato con Franco».
IL RAPPORTO CON VINCENZO RISPOLI
Questa intervista parte da quella foto che ti ho dato. Perché prima di iniziare il campionato di serie D volevo in qualche modo fare un omaggio a Vincenzo Rispoli, Rispulone, perché credo che l’Ischia in serie D lo avrebbe fatto felice e quindi dovevo trovare qualcuno che mi aiutasse a ricordarlo. In quella foto, appunto, c’è Taratà. Prima di chiamare te l’ho chiamato e gli ho chiesto di rilasciarmi questa intervista ma, devo essere onesto, il mister mi ha detto “sto parlando con Taglialatela, non è un momento buono”.
«E’ una buona notizia che mi dai perché il parlare può essere anche propedeutico ad un accordo. Franco, l’anno scorso, è stato una figura importante tenuto conto della qualità del personaggio in termini calcistici, della serietà e dell’equilibrio. Ormai il Franco delle carte, della pesca, delle volate a sinistra negli anni magnifici e dei colpi di testa non c’è più. Adesso c’è un calciatore sublime che ha raggiunto una sua maturità. Vederlo con il nipotino in braccio è qualcosa che ti fa capire come la vita ti dia delle gioie uniche.
Ci vorrebbe molto, molto tempo per parlare di Enzo, con il quale ho avuto qualche piccolo scontro tra persone sanguigne. Però Enzo è stato un personaggio. Come fai a raccontarlo? Io ho sempre sostenuto una cosa e quando glielo dicevo lui me lo negava e mi diceva “sei scemo”. Cioè, ricordate l’irruenza di Rispoli nei contrasti?
Era paura. Qualcuno mi dirà “questo non sta bene”. Io vi garantisco che Rispoli, un esuberante con quel fisico, era l’essenza del calcio. Enzo aveva un calcio netto, cosa che è ovviamente anche forte, perché quando colpisci bene il pallone con quella prestanza fisica… Ha avuto la sua consacrazione a Latina con Lamberto Leonardi. Meritava un palcoscenico fuori da Ischia a cui ha dato tanto, da calciatore, da allenatore e da commentatore, perché nel momento in cui Enzo era fuori era un pozzo di saggezza.
Aveva la capacità di capire perché anche questo è fondamentale. Vi potrei raccontare dei siparietti con Guglielmo Buonocore, con Guidone, insomma, ma credo che sia storia abbastanza recente. Io ricordo quello che dovetti fare per riportarlo a Ischia, perché io poi ho dovuto riportare a Ischia tre giocatori: Rispoli, Impagliazzo e Monti, ma anche Carosello, buonanima, che il Lacco Ameno aveva dato alla Turris. Quindi mi dovevo impegnare per aumentare la ciurma ischitana in termini calcistici, anche perché all’epoca un giocatore titolare ischitano significava risparmiare vitto e alloggio e dunque risparmiare anche in termini economici.
Il rapporto con Vincenzo Rispoli? Quando con Roberto Fiore presidente, nel campionato 89-90, fu l’unica ancora di salvezza per poter finire il campionato, e sto parlando di C1. Noi ci rivolgeremo a Enzo e Enzo chiuse il campionato dignitosamente fino alla fine.
Credo che l’aver fatto quello che abbiamo fatto va ad onore e merito per una realtà sociale come Ischia, che al calcio non ha mai dedicato grandi sostanze. Se non ci fossero state queste figure extra isolane o trapiantate a Ischia, Teodoro Stilla, Gigetto, Bruno Basentini, avremmo avuto un terreno molto poco fertile per coltivare le nostre aspettative».
IL RICORDO DI ENZO BRESCIA
Ti volevo chiedere un ultimo ricordo, nonostante il mio conflitto di interesse. Per concludere con un altro Enzo: Enzo Brescia.
«Ieri sera avevo un momento di follia. Ero al computer, stavo per spegnere e andare via. Nel mio angolo, sulla destra ho due manifesti che io ho stampato, però con grande ironia, contro Antonio Gava, potentissimo ministro degli Interni. Uno per una mostra ornitologica che venne inaugurata e quindi identificata in alcuni uccelli molto particolari per i vari personaggi. E poi con la sceneggiata del matrimonio del figlio a Ischia. E io sentivo il bisogno, con le mie ironie, di fare questo. Quindi alla destra questi due manifesti, tutti disegnini da donne nelle varie ricorrenze fatti dalle mie nipotine; il gagliardetto dell’Ischia, una foto di Adolfo Crispi massaggiatore. Allora mi ricordai di una conversazione telefonica con Enzo Brescia che mi fece molto più che piacere. E rivisitando vecchi episodi ti posso dire che lo ritengo una delle belle figure che hanno popolato il mondo dell’Ischia Calcio e devo ringraziare sempre Franco Villa che me lo presentò e lo fece venire ad Ischia e di questo ne abbiamo sempre parlato. Ho pubblicato quella bella foto in panchina con Enzo in prima fila. E la cosa importante, a parte che Enzo lo merita, è la partecipazione di calciatori non ischitani, dalla Sardegna alla Sicilia, alla Toscana, all’Abruzzo e così via. La partecipazione a questa gara di tutti questi calciatori mi ha veramente ripagato e quindi mi ha confermato che avevo visto giusto. Fa piacere ogni tanto constatare che poi alla fine non è che abbiamo fatto tante cose sbagliate. Ci ripaga dei grandi, enormi sacrifici che abbiamo fatto».
GIRONE PIU’ ABBORDABILE
Veniamo all’oggi. Quale consiglio daresti a Enrico Buonocore?
«Allora, che un allenatore dica che la squadra è competitiva? Ci sta. Lo fanno dalla serie A ai tornei aziendali. Io credo che bisogna aspettare 7 o 8 partite per rendersi conto, innanzitutto della qualità degli avversari e vedere se in effetti noi siamo competitivi, tra virgolette. L’asticella non va alzata, l’asticella è dove la squadra sta. Conservare la categoria, a mio modo di vedere, sarebbe un risultato veramente ottimale. Ovviamente dopo le prime 7-10 partite, avere il coraggio di dire se c’è qualcosa che non quadra, perché poi dopo non avremmo mai più la capacità organizzativa ed economica di ribaltare certe cose. Io la squadra l’ho vista un po’ in televisione.
Tu l’hai vista davvero qualche partita di serie D? io l’anno scorso l’ho vista certamente, ho visto le big e ho notato una notevolissima differenza. Però ovviamente stiamo parlando del calcio di agosto, che non è quasi mai veritiero. Però il calcio di agosto ti dice certe cose, ti dà dei segnali. Ha cambiato molto qualche giovane. Ho saputo che qualche under è buono, gli altri sono tanti under. Purtroppo sappiamo benissimo come vengono tesserati, qual è l’escamotage. Il parco under dell’Ischia è buono, qualche under ischitano ha prospettive. Auguriamoci che possano darci una mano. Io ritengo che adesso sia prematuro sia gonfiare il petto che nasconderci. Aspettiamo e vediamo che succede, anche guardando a tutta la serie D, ma questo è un girone un po’ particolare, cioè è più abbordabile. Fermo restando che le sarde e alcune squadre campane sono belle toste».
QUELLA VOLTA A BRINDISI…
A Taglialatela invece che il consiglio daresti?
«Non credo ne abbia bisogno. Sta provando ad andare avanti e già questo è positivo. A mio modo io ho sempre sostenuto che nel calcio chi opera va incoraggiato. Ovviamente Pino ha fatto delle cose buone e quindi il problema di fondo è che purtroppo Ischia, ma già quando c’eravamo noi, non è che ti sia molto vicina. Perché il calcio è un qualcosa di troppo secondario. Poi le ultime vicende, dalla pandemia alla guerra, a mio modo di vedere, hanno creato delle enormi giustificazioni alla classe imprenditoriale. Io dico: quello che hanno fatto i Peppino Di Costanzo, i Franco Di Costanzo e Luciano Bazzoli, Catello Buono per certi versi, ora dove sono? Esistono figure commerciali oggi che alla fine credono in una sponsorizzazione da 100.000 euro? Io credo che non ci sia davvero questa rilevanza sul territorio.
Devo confessare una cosa che ho già detto, ma voglio ribadire in questa occasione. Io, in una lunga riflessione dovuta a una mia degenza di rieducazione a Telese, alla fine mi sono convinto che tutto quello che mi veniva addossato in termini di accuse sull’Ischia era falso. L’unica accusa vera nessuno l’ha mai fatta. Voglio dire che io ho la grande responsabilità di aver vissuto in prima persona con l’Ischia al di sopra delle nostre reali possibilità. Ho sempre alzato l’asticella. Però il meccanismo allora qual era? Monaco l’uomo giusto. Successivamente, aver tracciato il successo con Raffaele Ametrano, cioè tutti calciatori presi per poche lire. Noi siamo riusciti e quello ci consentiva di sopravvivere. Arrivammo in serie C e ci serviva un attaccante. Tramite amici riuscii a sapere che c’era un ragazzo campano, Renato Lo Mastro, a Brindisi, che doveva andare via. Noi andammo a Brindisi, io, Gigetto, il segretario e Giovanni Bilardi. E lo prendemmo pagandolo 14 milioni e mezzo con pagamento triennale. Il presidente Pascale sapeva chi era Felice Cantone e tramite il Banco Napoli accettò queste cambiali Dopo tre anni io ho venduto al Venezia Renato Lo Mastro, al direttore sportivo del Venezia Beppe Marotta, oggi manager dell’Inter, a 148 milioni e ci sono ancora 2 milioni e mezzo di cambiali da pagare. Per far capire che, a parte mantenere la categoria, è importante anche questo».
In conclusione una battuta di 2 minuti. Hai seguito Luigi Amato?
«Io l’ho seguito da quando ha iniziato con il Real Forio. A fine dicembre ci si chiedeva Forio reggerà? E mi ricordo che in una trasmissione televisiva dissi “amici foriani, mi hanno riferito questo, auguriamoci…”. Dopo lui intervenne in trasmissione a parte e fu molto carino nei miei confronti perché disse “io faccio mio tutto quello che ascolto. Hai detto queste cose, ma stai sereno. Io vado avanti”. E bisogna battere le mani per quello che ha fatto fino a stamattina. Perché è riuscito a sopravvivere a una serie di situazioni estremamente negative con enorme dignità, grande entusiasmo e profondendo anche dei bei capitali. Quest’anno sembrerebbe che, memore delle esperienze precedenti, abbia preferito spendere prima e non durante e dopo. E quindi io gli auguro di avere un riscontro sul campo. Perché poi alla fine chi fa questi sacrifici merita di essere ripagato con dei risultati».