Ugo De Rosa | Le denunce, numerose, che Giuseppe Perrella in qualità dell’amministratore di “Marina del Capitello s.c.a.r.l. ha presentato contro il comune di Lacco Ameno e che sono già sfociate nell’imputazione per turbativa d’asta per il dirigente Vincenzo D’Andrea, oggi vedono la reazione della giunta di Giacomo Pascale.
La giunta, infatti, in considerazione dei contenziosi con la società “Marina del Capitello s.c.a.r.l.”, ha espresso gli indirizzi per il conferimento incarico legale ad un avvocato penalista per la tutela degli interessi dell’Ente.
Dopo aver perso tutti gli scontri con Perrella sul piano civile e sul piano amministrativo e aver condotto (e suggerito) di compiere gli stessi passi sbagliati all’Evi, ora l’esecutivo del Fungo ha deciso di intraprendere un percorso diverso. Ora si sonda il terreno della giustizia penale.
La delibera di giunta, pubblicata con diversi giorni di ritardo rispetto all’affidamento vero e proprio considera che “tra il Comune di Lacco Ameno e la società “‘Marina del Capitello s.c.a.r.l. ” sono pendenti contenziosi civili finalizzati al recupero dei crediti che l’Ente ha maturato nei confronti della società” e che “nel corso di tali contenziosi sono emerse condotte della società “Marina del Capitello s.c.a.r.l.” che potrebbero essere ricondotte ad ipotesi di reato previste e punite dalla normativa penale vigente in danno di pubblici interessi”.
Quali? Magari quella di acquistare l’acqua per il funzionamento del porto da un fornitore privato? In ogni caso, la giunta ha ritenuto giusto, nell’interesse del Comune di Lacco Ameno “attivare anche azioni di natura penale al fine di ripristinare la legalità violata e di evidenziare all’Autorità Giudiziaria competente le condotte punibili ai sensi di legge”.
Al fine di tutto ciò, Pascale e i suoi assessori “a seguito di incontri tra l’amministrazione comunale e l’avv. Giovanni Battista Vignola, con studio in Napoli alla via Antonio Gramsci, n. 26, il professionista consultato, particolarmente esperto nella materia penale, ha ritenuto configurabili fattispecie di reato riconducibili alle condotte poste in essere dalla società “Marina del Capitello s.c.a.r.l.” in danno dell’interesse pubblico” e, per questo “acquisita in via d’urgenza la disponibilità per le vie brevi dell’avv. Giovanni Battista Vignola, con studio in Napoli alla via Antonio Gramsci, n. 26, ad accettare l’incarico di difendere gli interessi dell’Ente mediante presentazione di un esposto denuncia alle competenti Autorità per l’importo di € 2.000,00, oltre oneri di legge”.
Lo scontro, ora, prende una piega diversa e la palla passa nelle mani dei giudici della Procura di Napoli che dovranno recepire le denunce di Vignola e, magari, metterle vicino alle numerose che i legali di Giuseppe Perrella hanno già presentato dinanzi al giudice penale per l’ottenimento della tanto richiesta “giustizia”.
E così, mentre Giovanni De Siano dà del camorrista a questo e a quell’altro e spara contro la magistratura nei giorni della sentenza che riapre l’acqua a Perrella e condanna l’EVI con post facebook come ““Molti giudici sono incorruttibili, nulla può indurli a fare giustizia. Bertolt Brecht” oppure ““A questo mondo si sa che la giustizia si compra e si vende come l’anima di Giuda. Giovanni Verga” e, ancora, “A Casal…acco di principe” con la foto di un titolo “Il clan dei camorristi” e, “L’Italia è l’unico paese nell’occidente in cui la sfera politica e quella criminale si sono così fortemente intrecciate con l’avallo dei diversi esponenti della magistratura e delle forze di sicurezza. Come si è potuto affermare in Italia un potere privato violento per così tanti anni senza determinare una emarginazione per coloro che la esercitavano ma addirittura una legittimazione diretta o indiretta da parte di diversi rappresentanti delle istituzioni che rappresentavano lo Stato? Consiste in ciò l’originalità della questione mafiosa in Italia: essa non è parte della storia del crimine, ma è dentro fino in fondo alla storia delle classi dirigenti italiane e della loro concezione dello Stato. Isaia Sales”, i suoi colleghi di maggioranza, quelli della giunta (magari sarebbe stato interessante leggere le stesse determinazioni con un atto del consiglio comunale, ndr), invece scelgono di affidarsi ai magistrati e investono altri 2000 euro dei lacchesi (oltre alle centinaia di euro sperperati per le folli azioni giudiziari in cui l’ente ha perso) per scrivere un paio di denunce penali contro Perrella.