martedì, Dicembre 24, 2024

#raggid 07. Tra pascoli e custodi

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07 Nella puntata numero 5 del 19 ottobre scorso avevamo spiegato come sarebbe stato utile per l’Ischia – squisitamente e solo in chiave salvezza, il suo reale (ed oggettivo) obiettivo stagionale – spaccare il campionato in quattro sezioni da 8 gare ciascuna lasciandosi come jolly da spendere nell’arco dell’intera annata sportiva le ulteriori 2 partite (débâcle clamorosa o vittoria in una gara piuttosto fuori-portata) delle 34 totali che avrebbe affrontato provando a portare a casa in ciascun blocco non meno di 10 punti così da poter essere senza dubbio lei la vera e reale protagonista del proprio destino. Le indicazioni sui 40 pts necessari per una tenuta tranquilla della categoria le avevamo dedotte dall’andamento delle ultime due stagioni sportive nello stesso Girone di D.

Alla vigilia della gara con l’Anzio potevamo dire d’aver visto (ancora una volta) giusto: la squadra di Buonocore, al netto della differenza reti che in quel momento (e ancora ora, dopo il turno infrasettimanale) le sorrideva, con il suo bottino di 10 punti era giusto 1 gradino sopra la roulette dei play out e quindi salva. Con merito, aggiungerei. Senza che i calcoli li facciano i suoi ragazzi che scendono in campo, dalla gara a porte chiuse del “Bruschini” contro i bianco-celeste, doveva quindi cominciare un nuovo mini-percorso. Adesso, rispetto all’incipit del campionato, conterà un livello di attenzione maggiore, un po’ più di cattiveria (specialmente sottoporta), la tigna e la determinazione di chi, almeno fino alla scorsa stagione, si era abituata non a vincere ma a primeggiare.

Il punto preso nel turno infrasettimanale (ora sono 11) non ha cambiato l’ordine delle cose e ha confermato qualche spunto di riflessione che deriva inevitabilmente da queste prime settimane di torneo.
Il calcio peraltro, come la vita, non può guardare avanti senza pescare anche nel passato, più o meno recente. E per questo ciclo giallo-blu in serie D, per il mio modo di vedere, c’è una gara che ha rappresentato, ad oggi, il punto di rottura, il fermarsi per guardarsi allo specchio e capirsi o, peggio, per usare un modo di dire forse scorretto ma senza dubbio calzante, in cui l’Ischia ha perso la sua verginità. È la gara contro la Boreale del 22 ottobre. Fino ad allora aveva perso con una prestazione applauditissima contro la Cavese, aveva meritato ma non era riuscita a far sua l’intera posta in palio in più d’una occasione e viveva insomma d’altra aurea linfa, si alimentava d’altre convinzioni.
Poi però ha scoperto che poteva perdere (e ha perso, anche male, malissimo) per mano di una squadra ben più che alla sua portata (lo dicevano classifica e numeri), si è svegliata e non si è più vista bella tanto che in alcuni frangenti è parsa addirittura spocchiosa e pigra (il gol-partita preso è una intera collezione di errori individuali e di reparti), la gamba non era più sciolta, la mente – a mio modo di vedere – si è fatta pesante. È come se avesse perso d’incanto la magia della (miglior) neopromossa del lotto nel bussolotto del girone G (le altre Boreale, Budoni, S. Marzano e Anzio, son tutte lì, separate da un solo punto in più per i sardi, ma solo dopo la nona giornata), capace di belle prestazioni ed entusiasmo da tutti riconosciutegli. Del resto, neppure può poi tanto lagnarsi per le scelte arbitrali perché (c’erano si, c’erano no, c’erano forse) comunque le sono stati fischiati nientemeno che sei rigori a favore (in nove gare!! In questa classifica dalla A alla D nessuno come i gialloblù che primeggiano con il Napoli – anche lì 4 segnati e 2 falliti ma con più partite giocate ed un settimo assegnatole in Champions – e la Varesina in D/B). Ancora, non può che venire anche in rilievo il fatto che ragazzi abituati al fragore del “Mazzella” non siano riusciti ad imporsi in contesti ambientali di trasferta che anche solo 25 anni fa sarebbero stati impensabili se non “inspiegabili” in D: pubblico zero, i custodi e poco altro, circondati da pascoli o alberi d’alto fusto e, laddove possibile, scortati non di rado in superiorità numerica da qualche gringos dei suoi BOYS, orgogliosamente disposti a sfidare ogni condizione climatica pur di sventolare i vessilli della Fidelitatis Aeternae. Neanche nelle partite delle giovanili!

Ora, per amor di Dio, la bilancia va anche equilibrata, perché semplicemente è giusto così: senza scuse (le odio, sono per i mediocri o per i molto mediocri), sono molti i ragazzi vittima di infortunio (Buonocore aveva immediatamente detto e più volte ripetuto che quel che si è fatto bene o fatto male o – peggio – non fatto proprio in ritiro prima o poi presenta il conto) che accorciano irrimediabilmente soluzioni e varianti tattiche, l’ambiente resta sereno (mi dicono che gli stipendi sono fin qui regolari), il gruppo non soffre come altrove del via vai di facce nuove negli spogliatoi ad ogni martedì che si torna al campo come si legge e si riscontra in tantissime piazze e questo fa bene agli equilibri ed alle responsabilità di ciascuno dei protagonisti. Inoltre, il pompiere (Buonocore, sempre lui) sa perfettamente cosa dire, quando dirlo, non spara cazzate e non si piange addosso come ultimamente capitava di sentire da queste parti, è corretto (rectius, onesto) nei confronti dei suoi e ancor di più nei confronti degli avversari cui non lesina i complimenti se meritati (singoli e squadre) e, se tirato dentro una trappola, minimamente non polemizza.

Così l’Ischia torna anche da Anzio con il minimo sindacale da vecchia media inglese ossia con un pareggio che però allunga a quattro le sue gare senza una rete su azione e con un gioco che tuttavia appare evidentemente involuto di cui le prime avvisaglie, piuttosto corpose, si erano per me già manifestate contro un Cassino molto buono. Nel dopo Anzio, riscorrendo il film della partita, fa riflettere l’aver preso gol su un rigore nato dagli sviluppi di un contropiede subito sullo 0-0 così come sempre in contropiede e sull’1-1 le occasioni regalate proprio negli ultimi giri di lancette del cronometro: di solito in trasferta non si concedono simili opportunità, anche e soprattutto ad avversari che magari producono poco se non pochissimo ma che però poi vanno a concludere molto pericolosamente. Troppe diventano anche le ammonizioni prese quando non ben “spese” e che prima o poi diventeranno mannaie nei momenti caldi del torneo.
A occhio nudo, riscontro che sono poche le rotazioni di centrocampo in uscita e costruzione, pochissimi i cambi di gioco più o meno repentini e, sempre nella fase di possesso, l’ampiezza, l’intensità delle corse di sostegno e la profondità degli esterni bassi che sarebbero tenuti ad una maggiore incisività sono numericamente troppo poche: andare in sovrapposizione non significa vedere il proprio movimento necessariamente premiato ma almeno si vedrebbero anche allentare ed allargare gli spazi di manovra a chi finora ha portato sulle proprie spalle il peso dell’iniziativa andando in 1>1 con buona sistematicità e successo (Baldassi, quando è stato possibile impiegarlo e, meno ma sempre bene, anche Damiano).

Solo che l’1>1 può essere una ulteriore soluzione ma non può rappresentare l’unica soluzione, altrimenti poi, se limitati in questo fondamentale da validi (preparati) duellanti, l’intera squadra si spegne e si svuota nonostante abbia dopo nove giornate la 3° difesa meno battuta e il miglior dato di possesso palla del girone almeno fino al fischio finale dell’ottava giornata (56,50%, davanti a Trastevere 54,50% e la capofila Cavese con il 53,38%) con il quale ci si presentava a casa dei neroniani (ma il dato del possesso palla potrebbe rivelarsi anche sterile e va spiegato, ne riparleremo). Insomma, tutti si sono incuriositi alla bella Ischia di inizio torneo e al momento di affrontarla hanno giustamente cominciato a valutare come limitarla: laddove l’avversario porti grande densità in zona palla nella propria fase di non possesso e l’Ischia non riesca a raggiungere con una rapida verticalizzazione Baldassi e Damiano, raramente ci ha dato la dimostrazione di essere resiliente e paziente nel ricominciare a tessere sfruttando intelligenza e piedi di Maiorano e Giacomarro palesando invece anche poca “variazione sul tema” (anche qui prometto di ritornarci in futuro).

Vedremo domenica cosa accadrà, ma che sia chiaro, al momento per me il bicchiere è assolutamente mezzo pieno e per quel che ho bevuto sono anche sostanzialmente soddisfatto ed appagato.

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