10 Negli anni dal 1988 al 1990 ad Ischia allenò il napoletanissimo Gennaro Rambone, personaggio davvero istrionico. Gennaro deteneva (con vanto) un record ad oggi ineguagliato: è stato l’unico ad aver sia giocato che allenato dalla (allora) Promozione alla Serie A (oggi un record particolare ma non simile lo detiene Castori che ha allenato dalla 3° cat. – vincendole tutte – alla massima serie) e ad esser anche diventato campione d’Europa con l’Olympique Marsiglia nel 1993 (ne curava la preparazione atletica, altro suo pallino).
Andare a ritroso nel tempo può essere sterile esercizio di stile ma anche ricerca di ancoraggi fattuali che rappresentano indirizzi, pratiche, ottime certezze empiriche su come comportarsi o affrontare determinate situazioni che comunque – e nel calcio ancor di più – sono solite ripetersi. Nel soccer la storia alimenta e rappresenta la sottile linea rossa, l’elemento conduttore della passione immutabile e mai doma al trascorrere dei lustri.
Ecco, di Rambone e su Rambone l’aneddotica è ampia, qui vorrei però riprendere due cose che a mio modo di vedere hanno certamente fatto scuola o che ci possono dare lo spaccato di ciò che è attualmente lo spogliatoio dell’Ischia.
Pur talvolta consapevole, da esperto conoscitore di calcio, magari ruspante ma mai avventato nel parlare, che la sua squadra potesse avere ben più che qualche limite rispetto ad altri accreditatissimi avversari, sia singoli che collettivi, egli riusciva con fare scanzonato a creare quel mix di elementi umorali all’interno del gruppo grazie al quale i suoi ragazzi erano poi pronti a dar tutto e a giocarsela contro tutti a testa alta, senza timori reverenziali, moltiplicando lo sforzo dei singoli e facendo in modo che – per dirla in maniera un po’ più moderna e poetica dopo gli studi sul calcio di Guardiola – il risultato finale della prestazione fosse anche superiore alla semplice somma del valore di ciascuno. Quell’Ischia di fine decennio degli ’80, costruita con tanta, genuina ed arlecchina abilità sartoriale, emblema e simbolo d’apprezzata arte povera calcistica, riusciva spessissimo a stupire: “fatti, non pugnette” avrebbe detto il comico di Zelig Paolo Cevoli nei panni dell’indimenticato assessore Palmiro Cangini. Quindi “Rambo” sapeva cosa e come parlare ai ragazzi.
Ancora, attentissimo proprio alle dinamiche di spogliatoio e scafatissimo topaccio di stanzone, certo che c’è sempre lo scontento di turno pronto a farti le scarpe in qualche modo e ad avvelenare il cesto di mele, soleva dire che “due calciatori visti insieme a parlare sono un gruppo ma già tre rappresentano un pericolosissimo clan!”. Parole sante.
Che succede però se tutti i calciatori – ma proprio tutti – sono concentratissimi sul risultato di squadra e tirano a remare nella stessa direzione? Come lo possiamo dedurre? Succede che fare lo scalpo all’Ischia, come quest’anno, rimane difficilissimo per chiunque (solo due sconfitte patite come la penalizzatissima Ardea, il S. Marzano in risalita e la Cavese, per quest’ultima una proprio in casa contro l’Atletico Uri avversario dei gialloblù al prossimo turno mentre la COS Ogliastra seconda ne ha subita solo una, tutte compagini già affrontate dal gruppo-Buonocore).
E questo accade se si ha voglia, se si ha fame, se si ha rispetto della maglia, di sé stessi, dell’ambiente, della storia e se ci si aiuta per raccogliere risultati utili che, in serie, rasserenano l’ambiente. È vero che ad oggi non c’è stata ancora tempesta, violenta al punto da mettere seriamente alla prova la tenuta del sistema interno e delle gerarchie ma è anche vero che se poi lotti per scongiurare l’arrivo del cattivo tempo e guadagnarti un posto al sole, è giusto passare alla cassa a raccogliere il meritato premio.
OPPORTUNITÀ E SOLUZIONI, NON CAMBI NÉ RICAMBI
E la pozione magica per questo risultato, come si ottiene? Magari saperlo! Però qualche indizio c’è: già il 5 ottobre scrivevo che la rosa ischitana è composta per lo più da indigeni, che non soffre il via-vai da svincolati e il meteorite del pensionato di serie maggiore catapultatosi per pedigree in queste realtà per raccogliere qualche ultimo spicciolo con fare spocchioso, irritante e quanto mai saccente e poco redditizio e che dalla panchina sono invece pronti ad alzarsi “opportunità” e “soluzioni”, non per forza “cambi” di levatura inferiore: quest’anno più volte – non serve ripetere quanto già proposto dagli addetti alle cronache – è stata proprio la panchina a risolvere qualche gara, a dare quindi continuità e tranquillità. Ma se oltre agli infortunati, a bordocampo nel pre-gara, ti ritrovi tesi e partecipativi anche i ragazzi come Matarese, destinato di fatto sistematicamente alla tribuna e che è invece lì con gli altri a soffrire, allora c’è proprio un DNA straordinariamente positivo, un ottimo humus su cui poter lavorare. Talvolta su cui si potrebbe anche azzardare che non converrebbe toccare nulla: che giusta energia, che giusta determinazione e che partecipazione generale!
TRA LE NEOPROMOSSE MIGLIORI
È anche questo il segreto di una neopromossa che è tra le migliori in classifica in tutta la “D” al termine della 12° giornata disputata avendo anche mantenuto buonissima parte dell’impianto del successo precedente (ok, nell’ossatura centrale qui s’è tenuto solo il portiere e un po’ Chiariello (c’è Montuori), poi sono cambiati il regista e la punta centrale, ma sono rimasti tantissimi a cominciare da Florio e Trofa): solo Albenga e Ticino nel gir. A, Treviso e Bassano nel gir. C, San Marino nel D, L’Aquila nel gir. F e Siracusa nel gir. I sono attualmente nei play-off mentre tantissime altre sono impelagate nei bassifondi delle graduatorie avendo presto fatto evaporare anche l’effetto entusiasmo dato dal salto di categoria.
L’IMPORTANZA DELLA CONTINUITÀ TECNICA
Io non sottovaluterei neanche il fatto che sulle sponde di Aenaria si sia tenuta e difesa la guida tecnica di Buonocore: nel girone ad oggi sono nove (“e un poco”) le panchine saltate e non sempre i benefici sembrerebbero esserci stati (per le neopromosse, Granieri alla Boreale, Giampà al San Marzano e da poche ore Cerbone al Budoni (e qui arriva una conoscenza dell’Ischia, Petrone), poi Perrotti all’Ostiamare, Cioci al Trastevere, Pezzella al Gladiator, Esposito alla Nocerina, Chiappara alla Romana e Boccolini al Nuova Florida che tra l’altro ha poi prima preso e poi rinunciato anche a Cortellini).
ISCHITANI A CASA DEGLI ALTRI
Considerato poi che invidia e gelosia non sono mie, mi permetto di dire che bravi colleghi allenatori dal natale ischitano li troviamo anche altrove ed apro una piacevole parentesi: ricordo qui Maurizio Lauro, già capitano a Cesena in A, ottimamente primo nel gir. F con la Sambenedettese (piazza storica) dove affronta tra le altre anche Avezzano, L’Aquila del Presidente onorario Ghirelli (ex vertice della Lega Pro solo fino a qualche mese fa), Campobasso e il ricchissimo Chieti (conta su praticamente mille abbonati). Bravo!
A proposito, in bocca al lupo anche ad Antonio Rogazzo che ad Ischia ha giocato e che dalla scorsa settimana guida nel gir. H la Pol. Santa Maria.
LE OPPORTUNITÀ OFFERTE DALL’ATLETICO URI…
Nel frattempo, domenica i gialloblù vanno nuovamente in terra sarda, lì dove si seppe cogliere un roboante ed ubriacante 0-4 a Budoni. Occhio, è vero che i giallorossi sono avanti di tre punti e che occupano al momento l’ultima casella utile per i play-off, ma sono anche l’unica che ha una differenza reti negativa (ben -4!) tra le prime otto in graduatoria avendo peraltro pareggiato solo una volta (con la Boreale, pure in casa) e raccolto più in trasferta che tra le mura amiche (sette/casa contro dodici/fuori). Può essere una opportunità.
…E LA SPERANZA DI UN GIOCO FLUIDO
Ed è qui, su queste opportunità ed in questi momenti in cui tutto parrebbe essere ammantato di buon scorrere che si deve trovare anche il coraggio di dire, con onestà intellettuale, che oltre ai risultati sarebbe auspicabile trovare il bandolo della matassa di un gioco che non è quasi mai fluido e quasi mai armonico. Difficile giocare contro l’Ischia ma l’Ischia deve trovare il modo di riconoscersi. Certificato che la squadra di oggi è sempre caratterizzata da tantissimo e grandissimo cuore, coltello tra i denti come i tigrotti di Mompracem di salgariana memoria ma anche foga, fretta ed ansia di andare a colpire è innegabile che ciò parrebbe avvenire anche in maniera un po’ disordinata e non proprio lucida. Come sempre cerco di far riferimento a concetti e principi e non a specifiche azioni o interpreti e comunque è quando i risultati sono positivi che metterei un po’ più di voglia nel rafforzare e provare qualcosa di diverso. Anche l’1-4-2-4 visto nell’ultimo turno dal 65’ è stato, per ammissione, un azzardo figlio del risultato ma che la squadra, così com’è, non può sostenerlo a lungo. È chiaro che gli assalti all’arma bianca esaltano le curve, alzano i battiti e accrescono l’adrenalina però poi, a mente fredda, gestire una gara, essere capaci di farlo è tutt’altra cosa: 12 match giocati parlano di uno 0-0, un 1-1 in cui l’Ischia era passata in vantaggio, tre vittorie ma ben 7 volte in cui si è trovata sotto (con 2 sconfitte e 5 risultati recuperati, alcuni in extremis), secondo me un po’ troppo.
IL MOMENTO DI TALAMO
Ci ritorno e la butto lì, fino alla noia e a costo di sembrare monotono: si sarà sbagliato qualcosa sottoporta e da una palla non tenuta è nata la ripartenza con gol della Cynthia, ma domenica scorsa qualche punizione si è conquistata e tre-quattro appoggi, altrettante tra sponde e aperture o giocate di prima ci sono state e danno conferma che Talamo non è per niente un corpo estraneo alla squadra, anzi! All’ultimo secondo è stato ancora lui che ha servito Baldassi per un clamoroso tentativo. Io dico che alla prossima potrebbe sbloccarsi e che sia ancor più importante che ciò accada fuori casa dove “de facto” sarà travolto dall’abbraccio dei suoi compagni (prima di quello virtuale dei tifosi), con cui lavora ogni giorno e che non gli fanno mancare sostegno in un momento delicato perché alla fine sono sempre i calciatori ad andare in campo ed è quel loro viversi che rende questo sport meraviglioso dal di dentro.