12 Appena la settimana scorsa avevamo affrontato l’interessante tema della preparazione della partita successiva fornendo ai lettori alcuni dei tratti (non sarebbe stato possibile tutti, purtroppo) che caratterizzano normalmente il lavoro dello staff tecnico nei giorni e nelle settimane precedenti un incontro ed ecco che, incredibile a dirsi, accade proprio che il next match dell’Ischia, quello giocato a Santa Maria Capua Vetere domenica scorsa contro il Gladiator, arriva a proporre una situazione tra le più complesse da affrontare in tattica di principio: il cambio del tecnico sulla panchina avversaria (e la gestione in inferiorità numerica in tattica applicata, a partita in corso).
La difficoltà si può facilmente intuire: se fino ad un attimo prima si poteva contare su delle indicazioni percentualmente e statisticamente più affidabili, magari anche solo leggermente affermatesi seppur in una breve parentesi temporale (il Gladiator nello specifico aveva cambiato già il tecnico solo poche settimane prima), improvvisamente tutto questo viene come a resettarsi. Vi aggiungerei anche che il tutto arrivava proprio nel momento in cui si riapriva la finestra per i trasferimenti con l’inizio delle grandi manovre che poi tendenzialmente aprono il palcoscenico a quella parte di torneo che per antonomasia viene definito “un altro campionato” e che non proprio corrisponde al solo girone di ritorno: questo, in quanto tale, è solo il giocare a campi invertiti ma già dall’inizio di dicembre cominciano a pesare di più i punti, le squadre sono per lo più riviste da operazioni di taglia e cuci, qualche società ha mollato, qualche altra ha continuato nel suo percorso e qualche altra ancora ha inteso spendere perché si è ritrovata in una posizione di classifica che ne ha giustificato ulteriori esborsi e quindi, per dirla alla Pino Daniele, è “tutta n’ata storia”. Allora, chi e cosa si sarebbe trovata di fronte l’Ischia?
I MESSAGGI UTILI…
Partirei quindi da come la situazione è stata gestita da Buonocore nella conferenza stampa del venerdì precedente, almeno nel tipo di messaggio che ha voluto far passare all’esterno (nello spogliatoio è ipotizzabile un atteggiamento diverso) e che comunque viene ascoltato ed interpretato anche dalla sua truppa: dichiarazioni di prudenza ed attenzione perché ovviamente c’era una sola – e prima – certezza, quella sull’ambiente che, giunti alla 14° di campionato e avendo affrontato solo in casa sia Cavese che San Marzano, metteva i suoi ragazzi a giocare finalmente in un catino (più) caldo dal punto di vista dell’accoglienza laddove finora anonimi campetti spesso a porte chiuse o socchiuse avevano tenuto bassa una certa adrenalina quanto mai utile alla crescita di singoli e collettivo.
LE DICHIARAZIONI DA FAST FORWARD
Ovviamente glisso qui su un certo tipo di dichiarazioni, pressoché identiche ogni settimana e che sono anche figlie di domande – altrettanto uguali ogni settimana – che non possono che prevedere quel tipo di ribattuta: ma s’è mai sentito alla domanda “Mister, che partita si aspetta?” una risposta tipo “Gara facile, scendiamo in campo con la tuta e le sneakers che tanto noi siamo più forti e loro delle pippe”? Direi proprio di no. Intanto ancora ci sono, e allora premi il tasto del fast forward tanto caro a chi magari figlio degli anni ’70 come me ha ancora un rapporto d’amore con i mangiacassette di quel periodo e punti ad almeno oltre i primi due minuti: se l’avversario è in cattive acque ti sentirai dire sempre che sicuramente vorrà aggiustare la sua classifica; se la squadra è parecchio sopra in tabella vorrà dare continuità al suo momento di forma; se viene da una serie di risultati negativi o da un cambio tecnico sarà motivato e così via. Fuffa, insomma, solo tantissima fuffa.
…E I MESSAGGI IMPORTANTI
Poi però situazioni come quelle del Gladiator possono rappresentare anche una grandissima possibilità: Buonocore aveva detto di guardare in casa sua, alla necessità di fare la propria partita (senza contare o puntare troppo sull’avversario che a quel punto avrebbe offerto, come detto, poche certezze). Ecco, è qui la crescita che si doveva dimostrare: scendere in campo ed avere il piglio (non parliamo di personalità, vi prego tutti, questa l’ha ciascuno di noi a prescindere!!), la determinazione, la fame, il voler imporre, gestire, reagire come un corpo unico. A questo punto del campionato, una partita come quella al “Piccirillo” valeva davvero oro.
QUEL CHE È STATO IL GLADIATOR
Così, se la scorsa settimana contro la Romana, con Foglia Manzillo, i neroazzurri si erano prima schierati con un propositivo 1-3-5-2 salvo passare ad un più sicuro 1-4-4-2 una volta subito lo svantaggio, Masecchia – o chi per/con lui visto che in panchina s’è seduto D’Angelo – ha cominciato 1-4-3-3 e per i più disparati motivi che non ha senso qui elencare, nel solo 11-base gli uomini erano diversi per sei undicesimi dalla precedente partita esterna in terra Capitale! Inutile dirlo, noi qui parliamo di calcio e sappiamo sempre cosa scriviamo, è arrivata l’ennesima conferma.
SILENZIO,
PARLA IL CAMPO
E più d’una conferma è in realtà arrivata dal campo, dove ci sono state molte risposte: la squadra gialloblù è apparsa abbastanza più matura e consapevole rispetto alle ultime uscite e questo si è potuto cogliere perché ha gestito meglio il possesso, non ha mai avuto troppa fretta nella giocata, i tempi di esercizio della scelta in relazione alla spazialità di campo e alla profondità da attaccare sono parsi molto buoni (o comunque migliori) come anche le distanze tra singoli e reparti o la ricerca dell’ampiezza (che tante volte avevamo auspicato), forse aiutata anche dalla doppia linea da 4 dopo l’espulsione. Il gioco è insomma stato più fluido e non si è sofferta la pressione da trasferta “calda”. Così tutti hanno fatto la loro partita ed un passo in avanti nella crescita. Addirittura, se non si fosse patito il cartellino rosso (altra puntualizzazione, non parlo mai delle scelte arbitrali), avrei visto anche bene ad un certo punto proprio l’1-4-4-1-1 con Baldassi a muoversi libero dietro Talamo perché mi è sembrato che la squadra avesse più facilità nella gestione degli spazi e degli inserimenti. Ma se il Gladiator di Masecchia non poteva che essere acerbo, l’Ischia di Buonocore è parsa senz’altro più matura.
BISOGNA GIOCARE E FARLI GIOCARE
Io non mi stupirei – al netto delle recentissime innovazioni regolamentari dalla prossima stagione – se presto vedremo già quest’anno nell’11 iniziale dell’Ischia un under in più rispetto alla prescrizione minima federale o che questo possa prendere il posto di un over a partita in corso: dopo 14 turni tutti i giovani della Fidelitatis hanno acquisito maggiore esperienza e sono cresciuti, quel che ci aspetterebbe da un insieme comunque coeso e compatto e con una discreta qualità che necessita solo minutaggio (attivo, ossia giocato). Oggi questo gruppo è solo leggermente più scremato da qualche cessione ma resta pimpante e “vivace” (parola non casuale, ma per dirla alla Valerio Mazzei con un altro riferimento musicale, “poi vi spiego” perché adesso sarebbe fin troppo banale).
HODGSON, CAPELLO, ROBERTO CARLOS E PIPPO FLORIO
Quando vedo giocare Filippo Florio a momenti mi diverto (quest’anno s’è preso almeno tre rigori) mentre fin troppo spesso mi sento pervadere da una mutazione genetica che mi porta a temere di poter diventare Carlo Mazzone che corre verso la curva dell’Atalanta nell’iconica immagine del settembre 2001. Solo che se avessi Florio (e a tratti anche Chiariello, che domenica i rischi maggiori si son corsi sistematicamente sul centro destra gialloblù) tra le mani o tra i denti lo sbranerei! Già con la Boreale alcune cose non mi erano piaciute tanto ma nell’ultima trasferta, prima sullo 0-0 poi già sull-1-0, ho colto dei momenti di vuoto che uno come lui non può permettersi sia per la posizione dove gioca sia per quello che, a livello di qualità ed esperienza può e deve trasmettere ai compagni. Nel secondo tempo poi, dopo il pari ed in inferiorità numerica, ad un certo punto ha chiesto in fascia un appoggio a palla completamente “chiusa” decidendo di partire ad attaccare contemporaneamente uno spazio in cui il pallone non gli sarebbe mai potuto arrivare ed infatti il compagno ha perso l’1>1 con contrasto di spalle così che non avendo più il giusto scarico vicino ha perso palla ed il Gladiator è ovviamente ripartito in quella porzione di campo “bucata” che ha causato un movimento con scalata e slittamento di ben due reparti! Da divorarselo… poi torno in me e penso che Buonocore – che in piedi davanti alla panchina sembra sempre aver gradito anche lui il pasto pre-gara, almeno così pare dalla sua silhouette – lo possa graziare perché preferisca cibarsi d’altro. Al ragazzo piace troppo attaccare ma non c’è mai età per imparare bene o far meglio altri determinati movimenti.
Andrei poi a rivedere come si è mossa tutta la linea di difesa sulla rete del pari di quella vecchia volpe di Castaldo partendo dal lancio su Garcia e di come il suo contendente molli prima il contrasto e poi l’1>1, lo lasci girare indisturbato sul suo piede forte (era risaputo!) e vada a seguire un quisque de populo che si stava avviando verso la porta dall’altra parte in un contesto di sviluppo di manovra che molto difficilmente lo avrebbe visto coinvolto; la postura e la mancata (immediata) copertura della palla di Pastore con Castaldo che lo sfila alle spalle nella sua zona cieca approfittando di Florio e Chiariello che erano addirittura non meno di cinque metri dietro di lui, avanti alla linea stessa e che abbiamo visto clamorosamente rincorrere verso la propria porta. Occhio, è un gol sanguinoso quello subito, le grandi vittorie si fondano sull’analisi ed il lavoro di fino su errori che non devono più esser commessi (individuali e di reparto).
In proposito, ricordo ai più giovani un aneddoto che riguarda uno dei più grandi esterni della storia: quello sinistro brasiliano dell’Inter Roberto Carlos era un’ira di Dio in fase d’attacco ma, giovanissimo, aveva difficoltà nell’interpretazione e nell’applicazione dei movimenti nella fase di non possesso in contesti tattici decisamente evoluti come nel football nostrano. L’allenatore dei milanesi di allora, lo svizzero Roy Hodgson, chiese quindi la sua cessione. Andò al Real Madrid allenato da Capello il quale, intervistato sul tema specifico ebbe a dichiarare che per quanto riguardava il brasiliano, semplicemente bisognava insegnargli a difendere. Il “3” fece poi le fortune di Don Fabio e della seleção verdeoro. Ecco, a Filippo che negli anni ha migliorato di molto la fase di non possesso e che ama correre ben oltre la linea di porta, gli spogliatoi e il casello autostradale, mi vien da dire che per fortuna si può ancora tanto lavorare per migliorare!
L’ANIMUS PUGNANDI E I MOTTI MILITARI
Rebus sic stantibus, nell’ultimo turno s’è comunque potuta ammirare una squadra (l’Ischia, of course) che, per quanto davanti avesse effettivamente poco, non s’è mai fatta travolgere dagli eventi, ha provato a portarli dalla sua parte e ha fatto la sua buona prestazione: con tutto il rispetto ma basta solo citare che Pizzutelli, il centrale di centrocampo del Gladiator, sempre pressato ma mai schermato, ha fatto solo sterili ed inutili passaggetti laterali o all’indietro e credo non abbia neanche sporcato la sua maglietta. Ho così immaginato che Buonocore lanciasse i suoi calciatori con il motto caro agli uomini del 11° Reggimento Bersaglieri al grido di “Quis ultra?” (“Chi se non noi?”, anche per dare seguito alle sue parole della conferenza stampa prima della partenza, dove l’abbiamo sentito caricare l’ambiente spiegando che ci sono partite in cui non si può e non si deve guardare all’avversario ma dimostrare di voler essere artefici del proprio destino) per responsabilizzarli e che dopo l’espulsione subita i suoi ragazzi avessero fatto proprio il motto delle Fiamme Gialle che recita un “Nec recisa recedit”, ossia “neanche spezzata (o ferita) recedo” perché appunto, anche raggiunti sul pari, non hanno mai perso la bussola e alla fine direi che hanno proprio meritato il bottino pieno.
LA CATTIVERIA AL TIRO
Ora, se è vero che tirando le somme i numeri della squadra di casa sono stati anche questi confermati secondo il timido e prudente approccio che ne facevamo la scorsa settimana, mi viene da sottolineare che all’Ischia una cosa che fa ancora difetto è proprio la cattiveria ogni qual volta c’è la possibilità di andare a bersaglio o di aver luce su di lui: un corpo all’indietro se dalla media o lunga distanza quando al tiro piuttosto che un carico sul piede d’appoggio con caviglia bloccata come un cannone da 105 mm; un approccio molle se su inserimento invece dello scatto di un cobra che azzanna la preda; la ricerca di una finezza laddove magari invece ci sarebbe bisogno di sfondare la rete sono quelle cose che permetterebbero una diversa gestione di un risultato da incanalare (soprattutto quando meritato).
ARRIVA IL TRASTEVERE
Ora intanto arriva il Trastevere domenica prossima al Mazzella: io ai motti militari sono legatissimo e da ex ufficiale di Cavalleria non dimentico il caro “Col cuor oltre l’ostacolo” che volentieri cito e rilancio a questo plotone d’assalto gialloblù.