Gaetano Di Meglio | Era la Vigilia di Natale dello 2019 quando Domenico Garbato effettuò la rapina presso il salone della “Picasso Hair&Beauty” in Piazzetta San Girolamo ad Ischia.
La notizia fu resa nota dallo stesso staff di Picasso: “Picasso Hair&Beauty è stata oggetto, la notte scorsa, di un furto con scasso all’interno del salone della Barberia di via Ferrante d’Avalos 5. Della questione se ne sono immediatamente occupati i Carabinieri della stazione di Ischia, coordinati dal luogotenente Michele Cimmino – mettendo sul campo tutte le forze possibili. La proprietà e tutti i suoi collaboratori sono profondamente colpiti da questo triste evento. Ringraziamo tutte le persone che si sono preoccupate dell’accaduto e ci hanno contattato per sincerarsi della situazione. La nostra attenzione è al momento rivolta ai nostri clienti e alle loro esigenze”.
Le indagini condotte dalla Stazione dei Carabinieri di Ischia, all’epoca coordinati dal luogotenente Michele Cimmino, portarono all’identificazione del responsabile. Una indagine complessa, ricostruita nei minimi dettagli che ha retto anche durante tutto il processo di primo grado che si è svolto presso il Tribunale di Ischia dinanzi alla dottoressa Palagano che ha condannato Domenico Garbato, già detenuto per altro, alla pena di anni due di reclusione e alla multa di euro 1000.
Il capo di imputazione che deve il Garbato colpevole riporta che era imputato del reato p. e p. degli art. 110, 624, 625 n 2, 61 n 7 perché in concorso con altre persone ancora da identificare, al fine di trarre profitto per sé o per altri, si impossessava di € 19.410 circa di cui 450,00 contenuti nel registratore di cassa ed € 18.960 circa contenuti in una scatola posta sopra il bancone della cassa, all’interno dell’esercizio commerciale “Picasso”. Con l’aggravante di cui all’art 625 nr 2cp, per essersi introdotto nei locali dell’esercizio commerciale forzando in più punti la serratura della porta d’ingresso e per averla scardinata mediante l’utilizzo di un piede di porto e di un cacciavite”.
In questo processo, va sottolineato che la famiglia Sirabella, persona offesa, non ha ritenuto di costituirsi parte civile. E, al tempo stesso, va evidenziato che le loro testimonianze rese durante il dibattimento sono state chiare e hanno permesso al giudice di arrivare alla condanna.