martedì, Dicembre 24, 2024

I CECCHETTIN E QUELLA STRANA IDEA DI SOCIETA’ PATRIARCALE

Gli ultimi articoli

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta informato e non perderti nessun articolo

Attori e Spettatori di Anna Fermo | Violenza di genere e femminicidi: un codice rosso rafforzato grazie alla nuova legge n. 168 del 24 novembre 2023. Ma davvero vorrebbero convincerci che viviamo in una società ove gli uomini sono tutti cattivi potenziali stupratori e le donne tutte buone? C’è da diventar tutti matti!

Il profilo di Filippo, l’omicida di Giulia, complice la TV e le diverse trasmissioni a lui dedicate, pensavo fosse stato ben definito tanto da fugare ogni dubbio sul fatto che: Filippo non rappresenta null’altro al di fuori di se e Giulia, ci spiace, ma non è vittima di patriarcato, ma di un efferato femminicidio. Considerazioni semplici e dirette confermate da moltissimi esperti della materia, eppure, chissà perché, non c’è verso: si vede che ormai l’onda del patriarcato fa tendenza, è diventato un mantra e presto, più che probabilmente, sarà anche uno slogan politico!

Il 22 novembre appena trascorso, quello che era ancora solo un disegno di legge per il contrasto alla violenza di genere, si è finalmente trasformato in legge: il Senato l’ ha approvato all’unanimità consentendo così il rafforzamento delle misure inserite nel “Codice rosso”. Nel provvedimento, firmato dalla ministra Roccella e dai ministri Nordio e Piantedosi ci sono diverse misure. Tra queste l’aumento delle condizioni in cui è possibile ricorrere al braccialetto elettronico, l’arresto in “flagranza differita” (ad esempio in base a chat o video), l’obbligo di allontanamento di 50 metri. Il ddl prevede anche corsi ai pm sulla tematica, 30 giorni di tempi ai pubblici ministeri per chiedere le misure cautelari e la possibilità di comunicare alle survivor quando l’aggressore verrà rimesso in libertà. Nel passaggio alla Camera era già stato tra l’altro accettato un emendamento dell’opposizione relativo alla formazione delle forze dell’ordine e della magistratura.

E’ evidente che l’iter de quo è stato accelerato anche dal femminicidio di Giulia Cecchettin, ma chissà perché, questo importante momento sia passato del tutto in sordina rispetto alla battaglia dei Cecchettin, una battaglia che di giorno in giorno, si profila sempre più politica che giudiziaria. “il patriarcato”: sta tutta qui la battaglia, sia chiaro!

E’ stato ben osservato dai più: i Cecchettin non manifestano odio, né alzano la voce con nessuno, non hanno mai attaccato il carnefice di Giulia, né se la sono presa come spesso accade con chi sta in cielo o è sulla terra. Sorprendono per la calma e la pacatezza, sorprendono per i ragionamenti lucidi in un momento così difficile.   Ricevono testimonianze di affetto e solidarietà quanto offese e minacce, anche pesanti, ma non si scompongono, tutt’al più danno mandato di querela ai loro legali e vanno avanti. Filippo resta per loro il figlio sano della cultura patriarcale e, quand’anche fosse chiaro, anche a loro, che il ragazzo fosse fragilissimo ed ossessionato da Giulia, il patriarcato è l’unico e solo responsabile cui imputare questo terribile omicidio.

Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, in questo attacco al “patriarcato”, sin dal primo istante dal ritrovamento del suo cadavere, sta provando, assieme al padre, ad allargare il discorso alle troppe vittime di femminicidio, “affinché non ci siano più altre Giulie da piangere”, ma si può fare di tutt’erba un fascio così? Si può davvero parlare di omicidio di stato? Si può davvero eccedere sino al punto in cui siamo arrivati?  Possibile mai che un padre come Gino Cecchettin, ospite dopo solo qualche giorno dal funerale di sua figlia, alla trasmissione “Che Tempo Che Fa” di Fabio Fazio, sia capace di mostrarsi più pacato e costruttivo del solito, armato di quella che qualcuno ha definito “dolcezza spiazzante”? Cosa c’è dietro a quell’intervista, dietro a quell’invito rivolto agli uomini: «Dite ti amo, non ti voglio bene, alla moglie. Ma dovete dirlo ora, in questo momento». Cosa c’è dietro a questa frase: «Nel profondo dolore ho cercato di capire le cause che mi hanno fatto vivere questa tremenda avventura, dove ho sbagliato».

Sono domande che qualsiasi uomo, dinanzi ad una simile tragedia, si sarebbe posto, ma è forse la risposta che Cecchettin si da che scompensa! Ora il suo intento è supportare la battaglia della figlia Elena: «Dare aiuto a chi ha ancora la possibilità di salvarsi. Mi trovo a combattere una battaglia di cui prima non ero a conoscenza, leggevo di femminicidi, mi dispiacevo, voltavo pagina. Ma avendo vissuto un anno fa un altro dramma (la morte della moglie) sono mutato come uomo. Monica mi ha fatto conoscere l’essenza dell’amore, non sono più lo stesso. Da allora ho iniziato ad avere un rapporto diverso con i miei figli, a dir loro ti amo». Quanto al futuro: «Dobbiamo fare tutti qualcosa, Elena ha dato un messaggio ben chiaro, è un essere superiore come la chiamo scherzando in famiglia. Ha centrato il punto quando l’ho sentita parlare di patriarcato, io conoscevo solo la parola, mi ha spiazzato. La supporterò nelle sue battaglie, l’idea è creare una fondazione, il problema è molto serio e va affrontato nella maniera più drastica. Patriarcato significa che c’è un concetto di possesso, espressioni come “la mia donna” sembrano innocue invece no». Cominciare a cambiare dal quotidiano, l’invito di Cecchettin, fare attenzione «alle espressioni che usiamo tutti i giorni. Siamo genitori, educhiamo, diamo messaggi, parliamo, cerchiamo di riconoscere le loro debolezze». Ha confessato poi: «Un padre certe cose le sente, ho cominciato dalla domenica a piangere Giulia». Ora vuole «essere come Giulia, così ho azzerato odio e rabbia. Ancora oggi voglio amare, non voglio odiare, porta via energie. Faremo di tutto per danzare sotto la pioggia in suo onore».

Quelle di Gino Cecchiettin, mi spiace doverlo ammettere, sono dichiarazioni che non hanno altri obiettivi se non quelli di natura politica. La candidatura di Elena, “l’essere superiore”, sembra certa, anche se credo che quella del padre sia assai più papabile per l’attuale sinistra. Un anti Vannacci di fatto!   

Non è la società patriarcale che domina ancora la cultura di questo Paese che ha portato alla morte di Giulia Cecchettin e delle altre 100 e più donne quest’anno. La cultura patriarcale, lo abbiamo detto e ridetto, per fortuna, non esiste più. È stata scardinata dai movimenti giovanili del ’68, ma purtroppo è stata cancellata anche la cultura del padre. Quando il padre è colui che insegna il sacrificio, la fatica, la capacità di sollevarsi dopo l’umiliazione, che insegna “i no che aiutano a crescere”. Il patriarcato è solo la nuova parola d’ordine degli striscioni di corteo, mentre il narcisismo, la pretesa di avere tutto e subito, la fuga dal tempo, quando si cresce e si costruisce con pazienza, accettando e superando sconfitte camminano indisturbati.

Sono una donna e non posso far passare l’idea che tutti gli uomini siano dei potenziali assassini. Società, cultura, mentalità patriarcali? Ho l’impressione che la maggior parte delle persone non sappiano affatto di che cosa stanno parlando. Saprebbero, altrimenti, che in una società patriarcale un ragazzo di 22 anni non può decidere di uccidere qualcuno, men che meno una donna, e, se lo fa, questo può costargli la vita. Il motivo è che in una società patriarcale un giovane non sposato non ha potere né autorità, che cosa può e deve fare e che cosa non gli è permesso lo stabilisce il capo della famiglia alla quale appartiene, nel rispetto delle istituzioni tramandate di generazione in generazione, risalendo fino a quella degli antenati fondatori che le hanno create e, di sicuro, non gli è consentito di togliere la vita ad una donna per vendetta, capriccio, orgoglio ferito, etc etc.

Vi sembra che Filippo Turetta sia figlio di una famiglia del genere? Ma soprattutto, che in Italia si possa ancora, davvero, parlare di una società di questo tipo?

Il consigliere veneto Stefano Valdegamberi, che aveva scritto un post contro Elena Cecchettin, sorella di Giulia, in una nota, informato che sarebbe stato querelato dalla ragazza, ha scritto: “Dovrei convincermi che viviamo in una società patriarcale ove gli uomini sono tutti cattivi potenziali stupratori e le donne tutte buone? Dovrei sentirmi in colpa e scusarmi pubblicamente per il semplice fatto di essere un uomo? …..Credo che offenderei la mia coscienza ed è un dovere civico, soprattutto da politico, dissentire, sempre nel rispetto della libertà di tutti, prendendo atto che questa ideologia sul patriarcato si coltiva da tempo nel mondo femminista presso alcune università. Tutto diventa chiaro quando il giorno dopo la stessa querelante ha dichiarato, cosa legittima, di fare politica e di voler impegnarsi ancor di più per il futuro per portare avanti queste idee. Criticare il pensiero altrui non significa criticare le persone….Cosa dovrei dire, invece, dei messaggi di morte, delle bestemmie e delle offese che ho ricevuto io in questi giorni da chi professa le sue stesse ideologie? Sono le nuove preghiere della cultura anti-patriarcale? Basta al pensiero ideologico unico, imposto con forza a reti unificate. Basta alle minacce e agli attacchi a chi esprime opinioni diverse. Non è seminando diffidenza, sospetto, odio tra uomo e donna che risolviamo i problemi. È la mancanza di valori trasmessi dalla società e dai genitori ai figli il problema. Ci rendiamo conto quali sono i modelli sociali? Edonismo e utilitarismo ovunque. Altro che patriarcato! Basta alle strumentalizzazioni del dolore per inculcare ideologie a partire dalle scuole!”.

Riflettiamo bene sulle parole del consigliere! Non si può assistere a speculazioni così evidenti sulla morte di una ragazza, non si può strumentalizzare il dolore per meri scopi politici. 

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos