GAETANO DI MEGLIO | Foto Michelangelo Ambrosini | L’epifania tutte le feste porta via. Credo sia questo il modo di dire che ci riporta alla normalità dopo questo mese, più o meno, di feste, concerti, eventi e commenti. I più disparati. Tuttavia, come al solito, leggendo qua e là, tra social, giornali e ascoltando un po’ questo e quello, è cresciuta la mia convinzione che siamo un popolo di tutti master chef. In tutto.
Da mesi, in qualche modo, abbiamo (mi ci metto anche io, perché ho un grado di responsabilità diretto avendone veicolata – a modo mio, ovviamente – la notizia) il mito del Natale foriano. Mettendo in evidenza i 600 mila euro appostati in delibera e non veramente spesi è passato il concetto che l’impegno di Stani Verde sia stato proprio quello. Sarà sicuramente minore e sarà stato anche supportato da altre iniziative economiche arrivate dall’esterno, tuttavia, la sensazione di una cosa fatta in grande è passata.
C’è chi la riduce ad eventi Caritas, chi la taglia per altri motivi. Altri, invece, quelli più stretti nell’inner circle del sindaco di Forio ne cantano le lodi. Qualcuno ne canta ne lodi e poi aggiunge il se e il ma.
Sulla scia di Stani Verde si sono attivati, in modo particolare, Enzo Ferrandino ad Ischia e Giosi Ferrandino a Casamicciola. Ma è innegabile l’effetto Forio e il richiamo che lo stesso ha prodotto. Di questo aspetto, però, ne ho già parlato domenica scorsa. Oggi, invece, vorrei aprire una nuova finestra. Vorrei aggiungere un altro tassello al discorso e, anche solo per soddisfare il mio solipsismo, non credo sia necessario neanche trovare apprezzamenti.
Con un evidente grado di miopia nell’analisi dei fenomeni che ci circondano (l’esempio dei trasporti marittimi, infettato da anni di proteste farlocche e sbagliate, è il case study per eccellenza), ancora una volta abbiamo mancato l’obiettivo. Purtroppo, anche perché siamo privi di una opposizione politica reale nel paese, il dibattito è privo di una voce importante. E’ privo dell’alternativa e del contro canto, è privo del dibattito e delle posizioni da mantenere. In questo contesto, però, ci dobbiamo dire alcune verità.
Non starò qui a fare predicozzi inutili, ma provo ad evidenziarne solo due.
La prima è quella che riguarda il ruolo delle amministrazioni comunali anche perché, in qualche modo, per loro sciagura, qualcuno mi chiede cosa ne pensi prima che certe scelte vengono attuate.
Il ruolo dell’amministrazione, in genere, è un ruolo che deve dare risposte all’intera collettività. Deve rispondere alle pressioni delle categorie, di chi gli tira la giacchetta e di chi, invece, vuole solo “ricevere” come giusto contrappeso alle tasse (sempre troppo alte) che si pagano.
Un osservatore mi ha detto: “Mica puoi fare turismo con Clementino?”. Qualche altro in maniera diretta e molti altri sui social, hanno collegato all’evidente esigenza turistica la necessità di elevare – in un certo senso che, in verità, non ho ancora compreso – la famosa “qualità”. Null’altro che un modo come un altro per dire o scrivere una cosa che non ha nessun senso. Alla domanda cosa significa qualità, ovviamente la risposta è quella vecchia: gente che spende e non i cafoni che vengono d’estate. Ci può stare bene un’analisi del genere? Credo che uno step ulteriore si dovrebbe fare ma per questo servono i dati e noi non li abbiamo.
Tornando alle amministrazioni e con esse al ruolo della “destinazione”, il ragionamento si allarga e con esso anche le risposte che si devono dare. E in questo vanno considerate, ad esempio, le scelte per le luminarie o quelle legate agli eventi territoriali che si realizzano. Scelte che inevitabilmente si collegano ai problemi dei bilanci comunali e alle interferenze della politica nella selezione dei soggetti. Questi due segmenti, poi si uniscono e diventano – nella maggior parte dei casi – un vorrei ma non posso generalizzato con il risultato di iniziative lodevoli realizzare al maggior risparmio.
Un altro esempio? I mercatini di Natale o quello che realizziamo e che spacciamo come tali. La guerra per la casetta, la moltiplicazione del piacere all’amico e, purtroppo, in alcuni casi, anche la “preghiera” da parte del pubblico affinché il privato partecipi.
Questa considerazione, che, tra l’altro, non vuole essere esaustiva di quello che abbiamo fatto e visto, deve essere letta scevra da ogni tipo di critica verso i singoli che si sono impegnati e si sono sacrificati le loro feste o verso le amministrazioni che le hanno realizzate, ma come un collegamento con quello che analizzeremo tra poco.
Da un anno, più o meno, da quando Enzo Ferrandino ha avviato il percorso della DMO e ha nominato Joseph Ejarque per la redazione del piano turistico (auguri al Prof che è stato scelto come professionista per la programmazione di Cervinia 2006, prova della scelta giusta del sindaco di Ischia) abbiamo iniziato a leggere a sentire le più svariate opinioni anche se, al tempo stesso, si sono avviate delle rudimentali iniziative di promozione della destinazione.
Questa circostanza, tuttavia, ci ha regalato un ulteriore alibi a quello che davvero manca: la voce degli imprenditori e dei privati. E’ veniamo al punto dolente.
Togliamo di mezzo gli albergatori da questo discorso sia perché sono incapaci di dare risposte sia perché sono alle prese (almeno molti di loro) con debiti, mutui e fallimenti. La loro categoria, inadatta da sempre e in tutte le stagioni (anche d’estate non riescono a dare nessun apporto significativo!) non è l’unica che manca all’appello. All’appello, in verità, manca tutta la parte delle aziende privata dell’isola. Anche in un contesto così ampio come quello che può essere il periodo natalizio.
Mancando l’iniziativa privata, mancando i capitali e mancando la necessità di produrre economia e vantaggi diretti, è normale che la proposta resti quella pubblica o, in molti casi, quella finanziata dal pubblico. Ed ecco che vengono fuori associazioni, cooperative e altri soggetti che, in realtà, non hanno il lucro come fine. E, non avendo il lucro come fine, ma la determina di pagamento del comune di riferimento, anche il risultato finale è fine a sé stesso.
Ed è qui che viene fuori la responsabilità (o la colpa) “double face” che dobbiamo analizzare.
La lato A è certamente quello collegato alla incapacità di visione e di inclusione della politica. La magra consolazione di non valutare l’effetto positivo dell’iniziativa privata immolata sia sull’altare della conservazione del consenso sia su quello della spillina da posizionare sul bavero della giacca è quello che poi produce quello che vediamo. L’evidente incapacità di arrivare al tavolo della trattativa senza alcuna possibilità di garantire economia taglia fuori capitali, iniziative e progetti. Ma include amici, amiche, conoscenti ed elettori. E’ ovvio, non solo a Natale, ma in ogni altro aspetto del nostro quotidiano pubblico.
Invertire questa tendenza, spezzare questo malato cordone che ci lega al “vorrei ma non posso” dovrebbe essere la prima, vera, “call to action” (di questo ne parleremo molto in questo 2024!) da mettere in cima alla lista delle cose da fare.
Il lato B di questa colpa è, manco a farlo apposta, la mancata iniziativa privata. E’ la mancata concertazione territoriale e la mancata visione concorrenziale che, invece, dovrebbe essere la nostra vera forza. Provo a idealizzare e vorrei che queste parole venissero lette come suggerimento e non come critica.
Da tempo ci diciamo che Corso Vittoria Colonna ad Ischia è morto e, con esso, gran parte dell’economia del comune di Ischia. Scarso appeal, rivoluzioni commerciali, evoluzioni poco lungimiranti e un’apatia in costante crescita sono, oggi, il vero volto del corso di Ischia. Eppure, mi chiedo se una iniziativa collegiale e privata non potesse essere una prima risposta. Basta una serata come quella di Stelle in Strada ad essere una riposta? Bastano due giornate come i brunch ad Ischia Ponte a dare respiro a fette di economia così larghe? No! E’ anche vero che il dibattito non è nemmeno mai nato e con esso non è mai nato neanche la proposta. L’esempio del Natale è quello più vicino. Sicuri che una installazione privata di luminarie e una concertazione pubblico-privato non avrebbe potuto diventare un attrattore? Sicuri che il compito del comune sia solo quello di installare le luminarie? Sicuri che non sia il caso di proporre (o intercettare) iniziative prettamente private (e legate al lucro!) al posto di chiedere solo lampadine colorate?
Lo stesso discorso vale per il Corso di Forio e per Via Maria a Forio. Sicuri che il comune debba essere l’esclusivo regista di un periodo dell’anno e non, invece, un partner? Sicuri che moltiplicare iniziative private, anche concorrenti e vicine, non sia quello step che ci serve per lasciare il “vorrei ma non posso” che, invece, ci frena e di appesantisce?
La verità è che non abbiamo la maturità collettiva generale per capire che il mondo va in una direzione diversa e che noi ci siamo arenando nelle nostre piccole finte certezze e convinzioni che non ci portano da nessuna parte.
99.918 arrivi a dicembre e, nel particolare 48.697dal 22 dicembre al 6 gennaio sono il dato complessivo dei traffici di Ischia e Casamicciola dal quale iniziare a disegnare le nostre nuove prospettive se consideriamo che è leggermente più alto di quello di Ferragosto 2023. Un dato, ancorché fin troppo generico, che oltre a rispondere alla domanda di molti “ma dove sono i turisti?” deve anche essere il punto di (ri)partenza per politica e privati.
Una ripartenza che sappia tenere in considerazione il nostro essere isola, il nostro essere non essere collegati alla terraferma e il nostro essere difficilmente raggiungibili. Tutto questo, poi, va ricollegato ai reali costi di “certi” eventi e anche al costo di essere isola che è sicuramente maggiore rispetto a quelli che si registrano altrove. Lasciarla tutto al pubblico è il peggiore errore che possiamo commettere. Così come resta un errore, grave, quello di consentire, ancora, alla nostra classe politica di fare i “bellilli” con chi ha bisogno della determina di liquidazione e non confrontarsi, invece, con chi preferisce fare i conti con gli incassi e con le fatturazioni. Cambia l’interlocutore è vero. Ma cambia anche il risultato.
Il turismo di qualità non è solo quello con i soldi, ma piuttosto quello più sostenibile, per l’ambiente, per i residenti e per quei turisti che, non cercano il caos, si rifiutano di alloggiare nei “bassi”, che sono interessati non solo a stare in spiaggia tutto il giorno e la notte in discoteca, ma anche ad altro: dalle terme alla cultura, dallo sport alla cucina di qualità ecc.
E non è detto che siano necessariamente solo i ricconi…