lunedì, Dicembre 23, 2024

Il Giurì d’onore tutto per Giogia

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Attori e spettatori di Anna Fermo | Politica Nazionale: continua il duello tra la premier, Giorgia Meloni, ed il leader del M5s, Giuseppe Conte sul Mes…

L’attacco della premier a “Giuseppi”, è avvenuto in Parlamento, specificatamente al Senato, il 13 dicembre ultimo scorso, in sede di replica dopo la discussione sulle sue comunicazioni in vista del prossimo Consiglio Europeo: “Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes”: ha detto Meloni, mostrando alle opposizioni il fax inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio in cui lo autorizzava a siglare il Mes, raccontando che il tutto avveniva “il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo” . Il governo Conte, ha ribadito Meloni, ha dato l’assenso alla riforma del Mes “contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia, e con il favore delle tenebre”.

La risposta del Leader M5s non si è fatta attendere, tant’è che è poi arrivata via social: “Giorgia non ti permettere”. “Sapete chi ha portato il Mes in Italia? Il governo Berlusconi nell’agosto 2011 e tu Giorgia Meloni eri lì come ministro mentre, attenzione, io facevo l’avvocato. Tu eri già li a fare danni. Bugie su bugie. Giorgia Meloni non ti permettere, leggiti gli atti parlamentari sulla riforma del Mes. Stai girando intorno sulla questione centrale. Adesso attribuisci a me la responsabilità di aver apposto delle firme. Tu cosa facevi? Adesso si tratta di ratificare o meno il Mes: a decidere sei tu. Ormai decidi tutto tu, hai introdotto un premierato di fatto. Cantavi “no Mes, no Mes”. Ora devi decidere”.

Ed eccoci giunti alla settimana decisiva, quella in cui si terranno le audizioni di entrambi davanti al Giurì d’onore della Camera, così come chiesto proprio dal leader del M5s contro la presidente del Consiglio per le sue dichiarazioni.
Secondo il calendario delle sedute della commissione speciale presieduta da Giorgio Mulè di FI, Conte sarà ascoltato giovedì 18, al termine delle votazioni del mattino in Aula alla Camera. L’indomani, venerdì 19, toccherà alla Meloni, alle 12, presso la Biblioteca del presidente, a Montecitorio.
Va detto che il fax agitato dalla premier in Aula era datato 20 gennaio 2020 ed il governo Conte si dimise solo 6 giorni più tardi. Il Parlamento aveva peraltro già dato il suo via libera alla ratifica del Mes il 9 dicembre 2020, per cui, Giorgia non ha riportato i fatti così come effettivamente sono andati, ma c’è qualcosa che di certo non torna, altrimenti, il nostro Presidente non avrebbe di certo agito così d’impulso!

La richiesta del Giurì d’onore e di una commissione «deputata ad accertare le menzogne denigratorie e la dolosa condotta di Giorgia Meloni – queste le motivazioni del leader M5s – che ha leso l’onore di un singolo deputato, l’intero mio gruppo, ha danneggiato e danneggia l’Italia e umilia il Parlamento», era davvero così necessaria?
Di attacchi verbalmente violenti e denigratori, da quando Giorgia Meloni è diventata Presidente del Consiglio, se ne registrano a migliaia tra le righe dei post e nelle dichiarazioni del Leader del M5s, proprio contro la medesima. Come mai dunque, ad una mezza risposta della premier sul Mes, addirittura l’avvio di questa procedura? Una riflessione va fatta!
Conte ha odiato Draghi quanto adesso odia la Meloni ed il motivo è uno solo: non sopporta che gli sia stato tolto il premierato, d’altro canto, perché agitarsi così tanto, perché alzare la voce così tanto, perché coprire con il tono e la timbrica ogni parola dell’avversario? Conte ci nasconde qualcosa? Vuole difendersi di qualche errore commesso a prescindere dall’esistenza di accuse o meno? Cosa avrà mai combinato? Probabilmente non gli va a genio nemmeno che la Schlein rappresenti ancora lei l’opposizione nel paese! L’ha dichiarato lui stesso: il faccia a faccia con Meloni, quello che dovrebbe esserci in TV a breve, vorrebbe farlo anche lui! Motivi di visibilità?

Adesso come adesso, ha la grande opportunità dell’audizione di giovedì! Si, quella dinanzi al Giurì d’onore: ma che cosa è e come funziona?
Innanzitutto va detto che si tratta di uno strumento istituito in base all’articolo 58 del Regolamento, secondo il quale “quando nel corso di una discussione, un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una commissione, la quale giudichi la fondatezza della accusa; alla commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”.
A farne parte vengono chiamati solitamente cinque componenti dell’Ufficio di presidenza che non appartengano agli stessi Gruppi dei deputati protagonisti della controversia, in questo caso Fdi ed M5S. Con la particolarità che però stavolta uno dei deputati chiamato in causa, Giorgia Meloni, è presidente del Consiglio.
Non è previsto che il Giurì proponga o commini sanzioni, prerogativa che spetta all’Ufficio di presidenza, ma è chiamato a svolgere un’istruttoria sui fatti oggetto della controversia sentendo i diretti interessati e quindi a sottoporre le proprie conclusioni all’Aula, che si limita a prenderne atto.
Per onestà, dobbiamo confermare che dall’ inizio di questa legislatura, è la seconda volta che viene istituito il Giurì d’onore. L’organismo di Montecitorio è stato riunito infatti tra febbraio e marzo del 2023 su richiesta dei deputati del Pd Silvio Lai, Andrea Orlando e Debora Serracchiani, dopo le accuse rivolte loro in Aula dal coordinatore di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, per la visita in carcere compiuta insieme al senatore democratico Walter Verini all’anarchico Alfredo Cospito.

Ebbene, l’argomentazione che terrà banco, come accennato, riguarderà la diatriba sulla ratifica del Mes. Il problema è annoso! Nel 2020-2021 era al centro delle decisioni del governo Conte così come lo è adesso di quello Meloni, ma con non poche differenze che chiaramente non possono passare in secondo piano.
Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), noto anche come “fondo salva-Stati”, dal 2012, attraverso la sottoscrizione di un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della Ue, serve a concedere a condizioni prestabilite assistenza finanziaria ai Paesi membri che ne facessero richiesta, in caso di difficoltà a finanziarsi attraverso il collocamento normale di titoli di Stato. Fino ad ora è intervenuto in aiuto di Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna per l’esposizione finanziaria delle banche e Grecia. In cambio ci sono da sottoscrivere una serie di condizioni e, la condizionalità, varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane, ma colpiti da shock avversi.

Dal punto di vista organizzativo, il Mes è guidato da un ‘Consiglio dei Governatori’ composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro ed assume all’unanimità tutte le principali decisioni.
Il Mes ha allo stato un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati e la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del Mes per 125,3 miliardi.
I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi, per cui, Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

Ebbene, dopo lo scoppio del Covid, il Mes è stato messo in campo anche con una linea di credito per 240 miliardi come sostegno alla crisi pandemica anche se finora tale linea di credito non è stata usata da nessun partner Ue. Poi, due anni fa, il 27 gennaio del 2021, è stata promossa, in virtù di un’intesa sottoscritta anche dai 19 Paesi dell’area Euro (Italia compresa), una riforma del Meccanismo. In sintesi, è stata presa in considerazione la possibilità per il Mes di fornire una rete di sicurezza finanziaria (un backstop) al Fondo di Risoluzione comune per le banche. In altre parole, da strumento di assistenza agli Stati, il Mes entra in gioco anche nelle crisi del credito, passaggio centrale per completare l’Unione bancaria. Allo stesso tempo sono state in parte modificate le condizioni di accesso alla assistenza finanziaria e introdotta una nuova linea di credito cosiddetta “precauzionale”. A ratificare la nuova intesa manca solo l’Italia.
Ed eccoci dunque giunti al pressing da parte degli altri paesi Ue che invece lo hanno fatto, ma che non possono accedere al meccanismo senza il via libera del parlamento italiano.

La posizione dell’ attuale maggioranza è che la modifica del trattato, così come è stata pensata, ovvero come fondo per il salvataggio degli istituti di credito in difficoltà, non sia per niente utile all’Italia, che si troverebbe a pagare per il salvataggio delle banche altrui. Or dunque, la proposta della Meloni di cogliere l’occasione per riguardare bene il Meccanismo ed adeguarlo magari anche ad esigenze più vicine ai cittadini.
Giovedì e venerdì in audizione dinanzi al Giurì d’onore non di certo per assumere la decisione definitiva in merito, ma solo per dare ancora corso alle diatribe inutili messe in campo dalle opposizioni. Tutto questo rende davvero il senso degli attacchi alla ceca che un “Giuseppi” come un chicchessia, mette in campo pur di tenere ferma l’Italia guidata da Giorgia. Quanta pazienza!!!

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